Quella sera d’estate, una di tante sere svuotate di ogni entusiasmo, Laura trovò una nostalgica alternativa per distrarsi dalla noia: immergersi nel passato. Allora decise di incamminarsi intimamente per le stradine intorno alla propria abitazione estiva. In realtà alle diciannove era ancora giorno: in estate piena il sole ti accompagna fino alla sera. Quando socchiuse il cancello bianco di casa, osservò gli alberi della veranda ormai grandi ma lei li rivide piccoli e ricordò immagini d’infanzia di pomeriggi passati col fratello, ognuno sotto il proprio albero, a giocare con l’acqua della piccola fontana dove la nonna veniva ad annaffiare il basilico e la menta. Così volle mantenere una continuità con il passato, scegliendo di sentirsi la stessa di sempre. Fu come se quel mondo fosse protetto da un destino piacevolmente monotono e ripetitivo. Chiuso il cancello, s’incamminò e superò dapprima alcune abitazioni, non ignorando naturalmente l’albero di fico, che come un padrino di battesimo, era sempre lì, importante, fermo, a rami aperti con sopra tutti i ricordi di una bambina che credeva la libertà nel distendersi su un ramo a pensare, e chissà a cosa… Qualche passo in avanti, Laura raggiunse il muretto dove si appoggiò sui gomiti per guardare i fiori, i muschi che gli crescevano attorno e addosso e quello strano trullo costruito nel terreno delimitato dal muretto. Come da piccola continuò a chiedersi cosa ci fosse all’interno, che tipo d’illuminazione avesse; poi di rito strappò una foglia dall’alberello alto e sottile: quelle foglie erano insolite e longilinee, costituite ognuna da altre piccolissime foglioline che lei amava scomporre tutte insieme tenendo la foglia dallo stelo e facendo strisciare le dita su tutto il dorso, in tal modo cadevano soffici, a pioggia, o a volte più nostalgicamente le staccava una per una, facendole volare oltre il muretto. Di solito questo gesto era sempre accompagnato da pensieri romantici con la luce del sole calante, in quel momento unico custode di quei desideri intimi e freschi. Poi con uno sguardo fugace salutò il muretto e quelle sensazioni.
La strada di casa terminò, e girato l’angolo e superato un giardino abbandonato dove crescevano le banane, si avviò verso una traversetta che si affacciava su un altro terreno selvaggio invaso da quei fiori che si chiudono di giorno e si aprono di notte, gialli e fucsia, bellissimi come sempre. Si fermò ad infilare un fiore nel buco delle Converse. La mente si svuotò riprovando per un attimo la sensazione di felicità del trasferimento al mare al termine della scuola, quando immaginava un’estate che nella mente avrebbe portato chissà che cosa, dal sapore di una lunga stagione di bagnasciuga di sole e sere di gelati alla fragola. Era un posto magico, da bambina ci andava a raccogliere le more e l’uvetta con un piccolo cestino di vimini che aveva rubato silenziosamente alla nonna. Qui veniva a succhiare fiori dal sapore selvatico e dolcissimo, forse poteva essere dolce realmente o forse perchè così lo immaginava. Da piccola era troppo bello camminare tra foglie e uvette, pensando il mondo tanto grande quanto sorprendentemente familiare, camminare tra i ramoscelli pungenti di mora ed incantarsi scoprendo diamanti tra la terra, strane pietre trasparenti che brillavano al sole, forse perché levigate dal vento, forse perché durante l’inverno filtravano l’acqua della pioggia. Ma da piccola non si cercavano spiegazioni: le pietre sembravano solo diamanti grezzi e si riempivano sempre secchielli dopo averle sdradicate con un colorato e sbiadito rastrello. L’odore del gelsomino era eccitante, faceva crescere sensazioni tant’è che pensò di recarsi per ultimo giù in spiaggia, così tornò indietro, fece la strada in discesa e vi arrivò, si sentiva cullata da quei luoghi d’infanzia: slacciò la scarpe affondando i piedi nella sabbia tiepida, un vento caldo e leggero sfiorava il vestito di organza, vento di scirocco; il mare era gonfio così come lo amava, il sole all’orizzonte era per metà in mare; infuocato il cielo, con piccole nuvole, aveva mille tonalità di rosso, di rosa e man mano che si allontanava dal sole diventava violetto e già ospitava la luna insieme ad una o due stelle. Si sentiva accarezzata dal vento, dalla sabbia-velluto, che s’inginocchiò a sfiorarla sentendola calda tra le dita. Odore di iodio e sabbia umida l’assalivano insieme al profumo della sua pelle sotto quel sole debole di tramonto ma caldo di vento. Odore di dune cespugliose le veniva addosso insieme ad un’eccessiva sensazione di libertà da cui si lasciava contaminare piacevolmente: slacciò il nastrino del vestito e lo fece scivolare fino alle caviglie, mostrando gambe candide, lattee senza traccia di primo sole, seni bianchissimi e pelle splendente come neve. Sciolse i capelli, lunghi, dorati di sole pensando che era quello il momento del primo bagno di stagione, ritenendolo un momento quasi sublime in mezzo a tutti quei ricordi d’infanzia candidi come il colore della sua pelle. Entrare in mare era sempre stato per lei un momento di rimozione di cose spiacevoli, una pausa intensa, un’interruzione dalla vita reale, come uscire da se stessi o entrare veramente in se stessi. Laura seguiva le onde e man mano che l’acqua bagnava il suo corpo le toglieva il tepore del sole, tepore che risaliva per un attimo più intenso subito dopo il contatto dell’acqua per poi raffreddarsi definitivamente. Poi s’ immerse tutta nel mare spingendosi giù e toccando con le mani la sabbia e facendo rilassanti rotazioni: in acqua possedeva equilibrio e armonia di movimenti. Sin da piccola aveva sempre avuto mancanza di coordinazione e non era stata mai per niente agile, tutto questo lo possedeva in acqua dove oltre ad un senso di libertà avvertiva anche un senso di autentica accoglienza. Era sorprendente questa armonia fra lei e il mare. L’acqua favoloso liquido-placenta l’abbracciava.

 

Un pensiero su “Ipnotico ricordo”
  1. INTENSO, AFFETTUOSO, DOLCE, TENUE NEI COLORI E CALOROSO NELLE DESCRIZIONI…… PROPRIO COME TE!!!!!!
    IMPOSSIBILE NN IMMERGERSI NELLE EMOZIONI DI LAURA E VEDERE CON I SUOI STESSI OCCHI QUEI LUOGHI TANTO AMATI E FAMILIARI….

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