Una domenica davvero insolita la prima d’Ottobre dell’anno 2007, che per gli ebrei è il 5768 perché loro contano gli anni da molto prima, a partire da un’ipotetica data della creazione.
L’avverto molto diversa dalle altre non solo perché mi sono documentata su questo aspetto del popolo ebraico che finora ignoravo ma anche perché non sono depressa come al solito quando mi risveglio nel paesino di provincia in cui sono cresciuta e dove da quando faccio l’Università trascorro solo alcuni weekend. Mi sveglio piena di energia e prendo la macchina per andare a farmi una corsetta. Decido di andare fino al mare, dentro il parco dell’Uccellina per godermi un po’ questa bellissima giornata e fare un percorso alternativo al solito giro del paese che dopo sette anni comincio a trovare monotono.
Dopo qualche chilometro, realizzo di essere uscita senza patente ma, per non perdere troppo tempo, faccio finta di non essermene accorta e tiro dritto imbottendomi le orecchie con un bel cd dei Cure. Mi fermo ad una certa distanza dalla spiaggia, parcheggio la macchina in un piccolo spiazzo e corro fino al mare. Ci sono molti turisti attirati dalla bella stagione e dalla fama del luogo, una delle perle naturali più visitate d’Europa, un posto in cui in cui è ancora la natura a dominare sull’uomo, come dimostrano i ruderi di un ristorante che costruirono anni fa e che il mare non ha accettato. Per non perdere il suo dominio assoluto, infatti, ha deciso di divorarselo a poco a poco, finché le sue fondamenta non sono diventate ottime dimore per cozze e ricci.
Oggi c’è una visibilità straordinaria, una vera gioia per i fotografi che includono nei loro scatti preziose immagini dell’isola di Montecristo che fa capolino, galleggiando su una tavola azzurra liscissima e dall’aspetto tiepido. Dato che preferisco sempre rendere fondate le mie impressioni, mi faccio un bel bagno, appallottolando nei pantaloni il telefonino e le chiavi dell’auto lasciandoli incustoditi ma ben nascosti sotto un grosso tronco. Dopodiché, fresca e felice, mi sistemo e riparto a corsa percorrendo la strada a ritroso. Fa molto caldo così rinuncio alla maglietta e rimango con il reggiseno sportivo senza vergognarmi, tanto corro con gli occhiali in mano e vedo ben poco (occhio non vede, testa fa finta di nulla senza problemi!). Dopo circa cinque minuti una voce mi apostrofa da un’auto che proviene dalla direzione opposta:
“Signorina si fermi prego! Non è consentito circolare a dorso nudo!”
Oh cavolo, i carabinieri! Mi fermo e la mia mente capisce che è arrivato il momento per fare una delle cose che sogno da sempre, un’occasione memorabile per fingersi straniera ed inscenare un teatrino degno dei migliori film comici di qualche anno fa. Cerco di pianificare bene l’operazione, scartando l’idea di spacciarsi per un’ inglese perché potrebbero conoscere la lingua anche se dal loro aspetto non credo vadano molto al di là della conoscenza del maremmano puro.
Tento con un tedesco confuso e irripetibile, accozzando a caso alcune parole di quella lingua che non conosco affatto ma che talvolta fingo di parlare con un mio caro amico, appassionato di burle almeno quanto me. I due si guardano un po’ perplessi, così ne approfitto per incalzarli, aumentando il rischio: “I don’t sprechen english. Ich bin frau Van Oscvitz.” Aggiungo altre parole che mi invento di sana pianta, tirando fuori una dose, forse eccessiva, della mia innata sfacciataggine. Ad un certo punto credo di aver tirato fuori anche il nome Honestaufen, appartenente ad una dinastia imperiale di qualche secolo fa, reminiscenza del programma di seconda liceo e del tutto fuori luogo; fatto sta che i Carabinieri tentano di chiedermi scusa in un inglese paragonabile al mio tedesco e poi si girano, attratti da un gruppetto di turisti, troppo biondi per non essere dei veri tedeschi, che stanno per chiedere loro qualcosa a proposito degli itinerari del parco.
Impegno tutte le mie energie in una preghiera all’Altissimo, desiderando che quegli stranieri vengano dalla Svezia o da un qualsiasi altro paese nordico e che non sappiano né il tedesco né l’italiano. Come il solito, il Signore dei cieli deve essere impegnato a farsi una bella partita a Solitario col suo pc portatile, perché, non solo i turisti sono tedeschi ma hanno anche con loro una bella e brava guida bilingue che gli fa da interprete e che sarà la bionda autrice della mia rovina. Su invito di uno dei due ufficiali, la guida è informato del problema mentre l’altro mi porta a qualche metro di distanza in modo che non possa sentire (un’astuzia sorprendente!). Così quando la signorina dalla bionda treccia mi punta addosso i suoi occhi cristallini e mi rivolge una domanda rapida e incomprensibile io mi ammutolisco e passo dallo sfrontato all’autolesionista con un timido e indeciso tentativo di reggere la parte: “Bitte frau, danke…” ma ormai non posso continuare a fingere. Non tutto è perduto però, giacché non ho documenti e in assenza di un’ufficiale donna i Carabinieri non possono nemmeno sfiorarmi. Valuto anche la possibilità di darmela a gambe, ma poi la ritengo eccessiva dato che in fondo il mio unico reato è quello di essermi presa gioco di due pubblici ufficiali e ancora non hanno prove per dimostrarlo.
Non ancora.
Purtroppo non ci ricordiamo mai nella vita che se un giorno ti cade una tegola in testa ti conviene spostarti in fretta invece di stare fermo a cercare di capire da dove venga. Di solito, infatti, quando ne cade una è plausibile che un’altra la seguirà a distanza di pochi minuti. Fuor di metafora, la mia giornata precipita con l’arrivo di tre ragazzi del mio paesello, che si fermano con i loro scooter e, oltre a salutarmi in italiano mettendomi del tutto alla berlina, aggiungono anche un dettaglio dalle conseguenze devastanti: “Abbiamo visto la tua macchina, ti conviene spostarla perché l’hai messa su una proprietà privata!”. Che bello avere degli amici, sono sempre così premurosi!
A questo punto i Carabinieri mi invitano a salire sulla loro Punto blu e a fargli strada fino alla mia vettura. In altre parole sono del tutto sistemata!
Appena sul posto, devo fornirgli spiegazioni circa l’inesistenza della mia patente e dato che non sono propensi a venire a casa mia a vederla, nemmeno se gli preparo il miglior caffè del mondo, andiamo dritti alla loro caserma che non è neanche tanto lontana.
Pochi giorni fa ho pagato la multa di un mio amico e mi sono sentita fiera di non averne presa mai nemmeno una, gufandomi una sequela d’infrazioni che non scorderò tanto presto.
Dalla caserma posso chiamare mio padre, cosa che avrei evitato volentieri ma è d’obbligo ed esordisco così:
“Ciao babbo, tutto bene? Stamattina sono stata al mare…”
Vi risparmio il seguito anche perché non ci sono parole per descrivere la gioia di un padre mentre scopre che la figlia è in caserma, accusata di aver preso in giro dei carabinieri, in reggiseno e senza patente, con la macchina in divieto di sosta, parcheggiata anche male.
Termino con un pensiero rivolto a tutti quelli che sostengono il vantaggio delle donne nei rapporti con la giustizia “perché basta mostrare un po’ il seno”. Sarò io ad essere troppo sfortunata ma non mi sembra sempre così vantaggioso, ho anche preso il raffreddore!
Mi sono divertito moltissimo a leggerlo, perché anch’io sono di quelli che prendono la tegola in testa, ma non si spostano di un millimetro, se non hanno capito da dove viene. Ti devo un voto, ho cliccato sul quattro per errore. Grazie per il tuo commento, é vero lettura e cinema sono utili, ma anche i commenti, permettono di fare incontri piacevoli.
Piacevole e ben scritta. Ciao Sandra
molto simpatica e ben scritta. Brava! Mi sono divertita!
Grazie mille, sono contenta che sia passabile perchè più difficile catturare l’attenzione quando la trama non prevede colpi di scena “forti”.
Ps per Ivan: per il voto non importa però mi fa piacere se leggi quello che scrivo!
Raccontata molto bene ciao.
Simpaticaaaaaaa.
Ho pensato a cosa possa essere passato per la testa alla famiglia, uno per uno, una volta ricevuta la telefonata.
Un quadrifoglio?! Magari un bouquet…
mi è piaciuto il tuo racconto, mi ha fatto sorridere e, credimi, non è una cosa che mi succede spesso, grazie.
cara maiia, sorridere è importante e leggere può aiutarti a farlo di più. A volte non basta ma sei fai lo sforzo di allenarti a sorridere alla fine diventerà spontaneo.
é super. Ben scritta, anche io, se mi cade una tegola in testa non mi sposto di un centimetro ma provo a vedere da dove è caduta. Mi piace anche il titolo. Ma è successo veramente? Cmq a leggerla mi sono divertita molto, e non ti preoccupare i colpi di scena bastano. Ho dodici anni e sto studiando il testo umoristico e te lo assicuro questo è fantastico. Visto ke dovevo fare una ricerca su questa specie di testi domani a scuola porterò il tuo. CONTENTA???!!!!!!
ciao ciao ciao ciao! Spero ke la fortuna ti sorrida e ke “ti regalino un quadrifoglio!!!”
Carinissima… simpaticissima… Bravissima!!! 🙂
Magari trovassi un quadrifoglio!!! Giulia