Tutto cominciò il giorno in cui…

Eugenio tornò alla carica per quel viaggio al Parco …

– Che c’è da vedere in quel parco? – gli chiesi.

– E’ bellissimo, è naturale, c’è una splendida vegetazione e animali rari…

– Ma non ti ho regalato la cassetta? Non è più comodo rivederla stando comodamente in poltrona con una buona bibita in mano?

Nervosamente si alzò, andò nell’altra stanza, lo udii borbottare… Insomma, i soliti cinque minuti. Mi conveniva attendere che l’ira sbollisse… Vent’anni di convivenza (matrimoniale, s’intende) insegnano molto.

Tornò con atteggiamento controllato:

– Lo sai, Claretta, sono vent’anni che desidero andarci…

Per me erano soldi sprecati. Ebbi un’ottima idea:

– Forse, se ci tieni tanto, potresti andare da solo…

– E tu?

– Oh, io ho il mare, con le mie amiche, i nostri pettegolezzi, la canasta… Potrei preparare la pasta al forno per tutte le comari e pranzare con loro sulla spiaggia.

Eugenio mi parve un po’ deluso, rifletteva a capo chino, incerto. Logico, da solo…

Poi alzò la testa, guardò in alto…

Ecco, si stava decidendo, lo conoscevo.

– Bene, se non vuoi venire e non hai nulla in contrario, andrò da solo.

Io ebbi un respiro di sollievo: Eugenio è un marito affettuoso, ma mi stava troppo appiccicato. Una settimana di lontananza non poteva che ravvivare il nostro rapporto…

In quel momento non potevo sapere sino a che punto si sarebbe ravvivato!

*          *          *

Nel pomeriggio Eugenio si cambiò per andare in agenzia.

– Non puoi fare tutto tramite Internet?

– Non sono abituato, Clara: preferisco l’agenzia, così saluto Penelope.

– Porgi i miei saluti a lei e a Marina. Una settimana di vacanza ti basta?

– Da solo è più che sufficiente.

Nei pochi giorni che mancavano alla partenza, Eugenio fu molto di buon umore.

Lo accompagnai all’aeroporto e lo salutai con una punta di rammarico:

– Sii prudente, tra quei boschi.

Al ritorno la casa mi sembrò vuota e allora in dieci minuti organizzai una canasta. Poi preparai rapidamente due vassoi di bocconcini di vari gusti. Un bottiglione di Lambrusco avrebbe completato lo spuntino.

Eugenio telefonò entusiasta una sera sì e una no, ma non il mattino della partenza dal Parco. Lo chiamai a mia volta, ma il suo numero risultava “non operativo”.

In quale hotel aveva alloggiato? Mi aveva detto “Il daino bianco” o forse “Il capriolo”. Telefonai. Al Daino era stato le prime tre sere, al Capriolo le ultime due.

“Ha lasciato l’hotel di buon mattino, signora”. Fu tutto quello che seppi. Andai ugualmente in aeroporto, ma lui non arrivò, né telefonò. Il suo cellulare continuava a essere “non operativo”.

La Direzione dell’aeroporto, dopo aver visionato i miei documenti, dichiarò che Eugenio non si era imbarcato su quel volo.

Nervosamente attesi il volo successivo, nonostante mi avessero già detto che non avevano alcun Eugenio nella lista.

Sparito, Eugenio era SPARITO!

*          *          *

La mia prima reazione fu di scoppiare a ridere, suscitando la curiosità della gente. La seconda fu un pianto a dirotto.

Tornai a casa facendo tante ipotesi, tutte nefaste, e avrei voluto telefonare subito alla polizia di P., dove si trovavano i due alberghi, ma mi trattenni, perché sapevo già che per un ritardo di alcune ore non fanno nulla.

Decisi di chiamare il giorno dopo, presi un sedativo e mi coricai.

Il mattino seguente, poco dopo le nove, telefonai alla polizia di P. per chiedere notizie di Eugenio. Ovviamente non ne avevano. Chiesi di qualche persona che avesse avuto un incidente. La risposta fu che avevano notizie vaghe e confuse in merito e che comunque sarei dovuta andare lì di persona per approfondire la ricerca.

Alle mie insistenze il poliziotto mi passò il suo superiore, che era una donna e fu molto cortese, ma confermò la necessità che mi recassi lì. Alla fine accennò al fatto che Eugenio non era certamente il primo uomo che passava una notte fuori.

Considerando il tono, l’allusione era chiara…

“Cornuta tu e tutte quelle come te!” pensai. Comunque prenotai subito un volo per il giorno seguente, a un prezzo catastrofico, poi iniziai le mie ricerche su Internet. In fin dei conti ero un’investigatrice, no?

Dopo un po’ trovai un breve articolo relativo al ritrovamento di un uomo ai margini di un bosco della zona, verosimilmente colpito alla testa con una mazza e derubato di tutto, compresi i documenti.

Impallidii, poi arrossii e le mani mi tremavano. Povero Eugenio! Non avrei dovuto mandarlo solo! L’articolo diceva che il tizio era ricoverato nel locale ospedale e comunque era fuori pericolo. Mi sentii sollevata. Poi mi chiesi se veramente si trattava di Eugenio.

Rilessi l’articolo con più attenzione: citava la presumibile età, inferiore a quella di Eugenio (ma lui è un tipo molto giovanile) e l’altezza, superiore a quella di Eugenio (ma lui è snello e appare più alto di quello che è). I pochi altri elementi coincidevano.

*          *          *

Giunta a P., mi recai subito in ospedale; lì parlai brevemente col medico del Pronto Soccorso, che mi mandò al reparto. Qui spiegai al Primario chi ero e che il tizio ricoverato pochi giorni prima era probabilmente mio marito.

Il medico annotò l’identità a matita sul registro, mi diede il numero del posto letto e io corsi subito via, mentre lui mi chiamava. Ma io avevo altro per la testa.

Individuai la stanza, poi il letto, quindi mi sembrò di riconoscere il mio Eugenio, nonostante avesse una vistosa fasciatura intorno alla testa. Corsi da lui, lo abbracciai, mentre lui, poverino, non aveva la forza di sollevare le braccia; io gli coprii il volto di baci, poi lo baciai sulla bocca con passione. Mi sembrò che lui provasse a divincolarsi. Certo, poverino, era ancora sotto choc!

– Signora…

Lo guardai stupefatta.

– Signora, la ringrazio per i baci… ma lei chi è?

– Eugenio…

Lui si voltò a destra e a sinistra.

– Eugenio!

– Ah, già, è il mio nome, mi scusi.

– Eugenio… – ripetei tra le lacrime – Sono tua moglie!

Lui si guardò la fede, poi guardò me: – E’ sicura?

– Come… se sono sicura?!?

– Sa, è che io preferisco le brune…

Stavo per mollargli un ceffone, quando compresi: Eugenio aveva perso la memoria!

*          *          *

Rientrati a casa, pian piano Eugenio cominciò a ricordare qualcosa. Io racimolai le foto di alcuni parenti e amici, e gliene diedi, con i nomi e qualche particolare. Lui a volte riusciva a ricordare, altre no. Ci voleva tempo, ma le cose sarebbero andate certamente a posto.

– Ricorderà ogni cosa? – avevo chiesto al Primario.

– Proprio tutto no, e comunque ci vorranno mesi.

Quando stesi la sua biancheria ad asciugare, mi accorsi che nella fretta avevo dimenticato di svuotare il taschino di una camicia. Gli avevo sempre detto di non mettere nulla nei taschini, perché è facile dimenticare di svuotarli prima di mettere le camicie in lavatrice. Forse avrei dovuto cucirglieli!

Era un tagliando ormai sbiadito, relativo a un volo! Esattamente quel tagliando che vi resta quando salite in aereo. Il nome era il suo, il giorno uno di quelli manchevoli di pernottamento! La città di partenza era vicina al parco, ma la destinazione non era chiara: una città che comincia per V…

Venezia, Verona, Vicenza? Varese, Vienna? Forse a Varese non c’è aeroporto. E una città estera perché?

Un dubbio si insinuava nella mia mente… Una sua ex? Una nuova conquista? In effetti negli ultimi tempi lo avevo trascurato un po’…

Una Veneta: alta, chiara, un po’ slavata, ma sensuale. Magari con quei capelli corvini che gli piacevano tanto…

Decisi di parlargliene.

– Non ricordo assolutamente nulla…

– Paola dov’è finita?

– “Quella” Paola? Dopo il matrimonio si sistemarono in questa stessa provincia, impegnati in un’attività in proprio. Credo che siano ancora qui.. Sai, hanno due figli ormai grandicelli.

Io sono più giovane di Paola, e anche più fornita, perciò…

Lui guardava il tagliando:

– Non ricordo, non immagino un motivo per partire dal parco. Comunque questa è una z.

Guardai meglio: un centimetro dopo la V c’era una piccola z sbiadita… Venezia o Vicenza!

– Perché saresti andato in Veneto?

Allargò le braccia:

– Non so, magari ho incontrato un editore per quella raccolta di racconti gialli…

– Di nascosto da me?

– Sai bene che sono geloso del mio hobby: forse volevo farti una sorpresa.

– Beh, me ne hai fatte parecchie… questo mese!

Si avvicinò e mi abbracciò. Ricambiai l’abbraccio con tenerezza e forza. Avevo rischiato di perdere Eugenio per colpa dei rapinatori e, chissà, forse anche di una donna. Era necessario rinforzare il nostro amore.

Più lui ricordava, più noi due eravamo uniti, affettuosi e passionali.

*          *          *

Ogni tanto a colazione Eugenio mi guarda con curiosità.

– Che c’è? – gli chiedo col miglior tono che trovo.

– Niente… Mi osservavi con la testa piegata su un lato e un sopracciglio incredibilmente alzato.

– Eugenio, hai ricordato qualcosa riguardo quei due giorni?

Scuote la testa:

– Niente di niente, ma di una cosa sono certo: non ho fatto niente di male.

Può darsi… ma io, d’ora in poi, sarò costretta a vivere col mio dubbio.

 

f i n e

Michele Fiorenza

opera registrata

 

Un pensiero su “La scomparsa di Eugenio”
  1. Ogni testa è un piccolo mondo e non è detto che sia esplorabile…
    Anzi, spesso meno si sa e più fascino si presuppone.
    Ciao
    anna

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *