Mi è capitato poco tempo fa, appena uscito dalla trattoria dove solitamente vado a pranzare durante il lavoro, di assistere ad un evento piccolo e naturale pur nella sua drammaticità che mi ha procurato sensazioni contrastanti.
Mentre mi avvicinavo alla macchina parcheggiata in un piazzale ghiaioso, infatti, avevo colto con la coda dell’occhio un piccolo e rapidissimo parapiglia tra i sassi, in prossimità di un cespuglio di piante ornamentali a ridosso della parte anteriore dell’automobile.
L’attenzione fu deviata verso la scena inizialmente poco comprensibile.
Ancora lontano qualche metro, vedevo a tratti emergere dalla ghiaia due piccole teste di rettile che saettavano in modo irregolare e discontinuo con brevi soste e rapidissimi guizzi verso direzioni apparentemente casuali, senza criterio.
Sembravano le teste di due piccole lucertole. Pensavo al rituale di corteggiamento che tante volte ho visto fin da bambino, quando coppie di quei simpatici animaletti si rincorrono e simulano feroci battaglie tra maschio e femmina fino a quando la femmina non decide di “soccombere”.
La cosa strana però era il periodo dell’anno, decisamente fuori stagione per essere un accoppiamento tra lucertole.
Avvicinandomi a pochi passi però ho visto bene quello che succedeva.
Una biscia quasi neonata, lunga forse trentacinque centimetri, stava predando una lucertolina imprudente.
La biscia, implacabile, stava per avere la meglio, era riuscita a rincorrerla tra i sassi, l’aveva addentata varie volte al ventre nel tentativo di sollevare la povera preda da terra così da renderla incapace di fuggire. Dopo vari tentativi era riuscita nell’intento, adottando la furbizia di rovesciarla prima a pancia in su e poi sollevandola verticalmente da terra.
Mentre osservavo, affascinato e turbato al tempo stesso, con un rapidissimo movimento del corpo, la biscetta, avvolse il corpo della lucertolina con due spire ed iniziò a stringere. Compresi quindi che le bisce, quelle grigie con la riga nera, acquatiche, con cui qualche volta da piccolo ho giocato e dalle quali ho ricevuto anche un dolorosissimo morso, adottano la terribile tecnica dello stritolamento alla pari dei pitoni. Chiaramente, per un esperto di rettili, questa sarà un’ovvietà ma io, inesperto, l’ho scoperto a 40 anni assistendo ad una predazione nel piazzale di una trattoria.
A quel punto la lucertola era decisamente spacciata, la biscia aspettava che la preda morisse ed io ero in balia di due spinte interiori contrastanti che mi tenevano bloccato senza riuscire a distogliere lo sguardo.
La lenta agonia per soffocamento della lucertola mi turbava e non avrei voluto vederla ma la biscia improvvisamente mi era diventata antipatica, avrei voluto disturbarla e liberare la vittima.
Al tempo stesso qualcosa mi diceva che non dovevo intervenire, che madre natura sa il fatto suo e che non avevo il diritto di propendere per un’animale piuttosto che per un’altro.
Rimasi così, bloccato, a guardare il crudo spettacolo forse per un paio di minuti.
Troppi.
Non sopportavo più la biscia, non trovavo giusto che la natura avesse escogitato un sistema tanto cruento per la sopravvivenza e decisi che biscia e madre natura non avevano fatto i conti con me.
Con la punta della scarpa sfiorai la coda della “signorina biforcuta” che, distratta dalla mia intrusione, lasciò andare immediatamente la preda.
Vidi con soddisfazione la lucertola sparire come una saetta nonostante i due minuti senza respirare e lo stritolamento che l’aveva leggermente deformata.
La biscia però rimase lì, credo nel tentativo di capire cosa le avesse rovinato la caccia.
Con grande calma e sicurezza posò più volte la lingua biforcuta sulla punta del mio scarpone e dopo alzò lo sguardo verso di me.
Giuro che per un istante mi fissò dritto negli occhi, sembrava avesse un’aria interrogativa tipo “ma tu non potevi farti gli affari tuoi?”.
Naturalmente quello sguardo non ha fatto altro che dar voce alla mia coscienza, penso di avere visto la reincarnazione del famoso grillo parlante assassinato molti anni fa.
Alla fine la cacciatrice se n’è andata con calma ed indifferenza, passando in mezzo alle mie scarpe, senza paura ed ignorandomi completamente.
Mi stava snobbando.
Questo fatto ha sollevato in me alcune considerazioni, alcune domande alle quali penso di non avere trovato una risposta chiara.
Razionalmente non avrei dovuto interferire, non c’è ombra di dubbio.
Mi faceva però sentire in colpa il fatto di essere presente durante l’agonia, sapere di poter fare qualcosa e non farlo.
Non sono riuscito a controllare questa sensazione che ha vinto, forse sulla giustizia, e mi ha lasciato in seguito il senso di colpa nei confronti della predatrice.
Forse è questa la differenza tra “ragione” e quel concetto per me indefinito e misterioso che si chiama “umanità”, tra razionalità e cuore.
Penso che a volte il cuore, l’emozione, possano far danni, possano portare a comportamenti sbagliati eppure diffiderei precchio di coloro che si comportano in virtù esclusivamente della razionalità.
Bisognerebbe trovare il giusto equilibrio tra queste due stupende forze cosmiche.
Io non l’ho ancora trovato e mi dibatto spesso tra queste due sensazioni, incerto sulle scelte da prendere e pieno di punti interrogativi.
A dirla tutta però, il fatto di avere queste incertezze e queste domande mi fa sentire ricco… di dubbi… ma ricco.
Io, sarei intervenuta proprio come hai fatto Tu. Magari, forse, in periodo estivo, con le infradito, avrei cercato un bastone, una frasca o qualcosa di simile, ma non il piede quasi nudo.
In fondo ciò che dovrebbe disguinguere l’essere umano da qualsiasi altra creatura, dovrebbe essere il ragionamento, che ci porta poi, a dubbi e incertezze, ma che in fondo ci dà quella ricchezza che segna il confine tra razionalità e cuore.
Un saluto.
Sandra
E’ importante “prendere posizione”.
O di qua o di là.
In un momento storico in cui si evita di schierarsi, perché “piace” essere diplomatici, accomodanti, aperti, dialoganti, possibilisti, sono malvisti coloro che prendono posizione, rivendicano una linea di comportamento e di pensiero.
Non si usa schierarsi, ci si omologa, si demanda ad altri il dovere di essere custodi dell’atteggiamento giusto e corretto.
Qualche stupido, addirittura, invoca il diritto al “tutto è possibile”.
Io prendo posizione.
Non mi vergogno a schierarmi.
Le giovani generazioni – e non solo quelle – hanno bisogno di chiarezza.
Desiderano sapere il perché e il per come.
Posizioni oneste e chiare.
Anche a rischio di sentirmi talvolta accusata di rigidità.
Invece, pur nella disponibilità a comprendere, “mi piace” che chi ha a che fare con me sappia chi sono, che cosa penso e che scelte faccio.
Anch’io sarei intervenuta.
Le bisce non mi piacciono.
Ciao.
anna
Sandra e Anna, grazie per la lettura e per aver fornito la vostra chiave di lettura.
Sarà… ma l’eterna lotta della vita, il subire la situazione anche cruenta che ti precipita addosso… così all’improvviso, che ti costringe a decidere se essere sempre e solo uno spettatore… se subire o se alzare la testa e dire No!!
Dire no per noi, per i nostri cari, per gli indifesi e chi non ha voce… lo so, si rischia di diventare un nuovo Don Chisciotte… o Batman… o darsi alla politica… e diventare “una vipera”… anche se la vipera agisce per “istinto” per paura di essere aggredita… ed è quindi legittima difesa… anche lei ha i suoi sacri diritti, la vita e la libertà è sacra… anche per lei, ma certo… chi avrebbe voluto essere nei panni della lucertola! Anche lei ha gli stessi diritti.. ed allora?!
Forse lasciare che il destino “firmi” la sua opera… è la cosa più saggia… anche se ti costringe all’impotenza.. e ti fa sentire inutilmente
superfluo.