Avete presente quei foglietti colorati che ti ricordano che per fare quel dolce al cioccolato nel frigo mancano le uova o quelli che ti avvisano che la mamma è uscita e tornerà fra circa due ore e a te, nel frattempo, delega la missione “pranzo”?
Sì, quei piccoli quadrati gialli che riescono magicamente a contenere il sunto oggettivo, o quasi oggettivo, del pensiero hegeliano fra i libri di filosofia sparsi per la stanza.
Piccoli adesivi che si fanno carico delle informazioni dell’ultimo minuto, quelli che sopperiscono alle amnesie del breve termine. Tanti post-it non fanno una memoria più flessibile ma almeno a me hanno dato tanti sorrisi e forse qualcosa di più.
Benché fossero gli ultimi giorni di novembre, l’aria invernale aveva già sostituito di colpo quella autunnale e il cielo coperto a suo piacimento mandava giù ad intermittenza goccioline d’acqua gelida. Era una di quelle sere che non riuscivi a capire a cosa servissero gli ombrelli. Aperti erano inutili e chiusi altrettanto. Scesi dalla mia auto e attraversai il corso per andare a finire davanti le porte a vetro del bar che serve il caffè al ginseng più buono fra i molti che ho avuto modo di assaggiare in giro per la provincia. Quando entrai salutai con una mano il mio amico barista e gli feci cenno che mi sarei seduto al tavolo dietro la finestra che dà sul retro. Sapeva già, così, che lo avrei aspettato per ordinare ciò che desideravo.

I vetri appannati e bagnati miscelavano le forme dei passanti, i loro visi e le loro corazze di lana. Io, fissando quei colori mixati, mi persi nei pensieri riavvolgendo all’indietro le emozioni di una settimana appena trascorsa e sul tavolo mi ritrovai già i due caffè che avevo ordinato. Poco dopo una ragazza si avvicina al tavolo e togliendosi la sciarpa con una mano, mi porse l’altra e si presentò.
“Miss Simpatia”. Ci guardammo entrambi con un sorriso imbarazzato e sorpreso. La invitai a sedersi e le avvicinai il suo caffè. Mentre ci presentavamo a me parve di conoscere quella ragazza da molto tempo. Aveva quel suo sarcasmo appuntito ma ironico anche quando chiacchierava tranquillamente. E il suo sorriso e la sua espressione da furba volpe erano proprio come li avevo immaginati. Al primo sorso che diede dalla sua tazza io le precisai subito:
“Al ginseng, come mi hai scritto”
Si mise a ridere e dalla tasca del suo cappotto grigio e lungo fino alle ginocchia tirò fuori un paio di bigliettini gialli e li mise al centro del tavolo. La conoscevo da decenni. Forse eravamo cresciuti insieme. Avevo il suo sguardo dentro il mio da tantissimo tempo, lo stesso tempo che ci mette una bustina di zucchero a sciogliersi in una tazza di porcellana ricca di caffè.
Anche io presi i foglietti gialli appiccicati l’un l’altro e li poggiai sui suoi e poi li mischiai assieme come un mazzo di carte. Si avvicinò anche lei e iniziammo a leggerli ridendo tanto, sorprendendoci di quanto il nostro acido carattere si sia trasformato in poco tempo in simpatiche ed ironiche battute fra colleghi di lavoro sconosciuti fra loro.

Quando entrai in quella sala, circa un mese fa, non avevo un lavoro e sinceramente speravo di trovare una compagnia di amici e, perchè no, di amiche più sinceri e meno sbruffoni di quelli che già per mia fortuna avevo. In realtà, restai molto deluso poiché vidi un sacco di facce fisse su dei computer ma soprattutto udii tantissime voci e urla che si accavallavano senza riuscire a distinguere una sola parola o una frase.
Tante postazioni una accanto all’altra e tanti giovani ragazzi e ragazze che con le proprie cuffie ricevevano chiamate e cercavano nuovi clienti con la loro migliore verve persuasiva.
Due settimane dopo ero uno di loro. Anche per me era giunto il momento di mettere le cuffie e di insediarmi nella mia consolle, davanti al mio pc, con il mio foglio pieno zeppo di contatti, il mio taccuino e la stilo che usavo da sempre, ove per sempre s’intende da quando la comprai un anno fa.
Mi misi comodo e inizia ad aprire i programmi sul pc inserendo per la prima volta, e con un po’ di orgoglio, il mio codice operatore 8036 e la password che scelsi io stesso: “simpatia”.
Dopo aver dato l’avvio e mentre aspettavo che tutto si caricasse col tempo che richiede un vecchio Windows del 2000, gettai l’occhio accanto una pila di scartoffie con in cima un piccolo blocchetto di post-it gialli rettangolari. Lo presi in mano e lessi in maniera distaccata.

Caro/a collega i moduli che sono qua sotto sono quelli che IO ho fotocopiato per una mattinata intera. Non esistono cenerentole copiste. L’aggeggio magico è dietro all’ultima fila.
PS. non scrivere sul tavolo, la postazione è anche mia.

Rilessi con calma una seconda volta e poi improvvisamente capì che quel posto di lavoro, pur se stressante, sì, faceva proprio per me. E mi sarei ambientato prima di quanto pensassi. Il mio turno scorse più velocemente di quanto credessi e subito si fece sera e quindi l’ora di lasciare il mio posto dopo aver fatto il log-out dai software e messo in ordine i moduli sulla scrivania. Strappai dal blocchetto dei post-it il grazioso messaggio di benvenuto e lo misi in tasca. Sul nuovo lasciai il mio personale appunto alla collega del turno mattiniero.

Gen.le collega la volevo informare che la macchinetta dalla quale lei ogni mattina prende il suo caffè è evidentemente meno magica della fotocopiatrice che cortesemente mi ha indicato. E’ risaputo che un pessimo caffè rovina l’umore. Sempre che la colpa la si possa dare solo ad un caffè.
Ossequi

Mi servirono due pagine ed ero sicuro che le avrebbe lette entrambe. Ridacchiavo tra me e me mentre spegnevo il monitor e salutavo i miei nuovi colleghi che si imbacuccavano prima di uscire fuori. La giornata non era andata proprio bene ma ero ugualmente felice. Lo ero tantissimo e mi sentivo come un bambino che ha trovato un nuovo compagno di giochi. In fondo, ero lì anche per quello; trovare nuove compagnie con cui condividere le giornate.
Il giorno dopo devo ammettere che ero molto ansioso perchè certamente avrei avuto una risposta. Ed io non vedevo l’ora di leggere quel nuovo post-it. Quel pomeriggio salutai tutti distrattamente e come un missile mi diressi alla postazione, accesi il pc con una mano e con l’altra cercai il blocchetto giallo sulla pila sempre più grande di moduli e documenti.
Lo afferrai e quando lo portai sotto gli occhi rimasi molto deluso. Nessun messaggio, solo dei numeri cancellati e appunti di nomi e codici. Non mi restava che iniziare la mia giornata lavorativa che di già aveva perso ogni stimolo e motivazione. Guardai lo schermo imbambolato pensando che forse avevo esagerato, che non era quello il modo di attirarsi le simpatie dei colleghi, che gli amici non li puoi trovare con un messaggio di due righe. E mentre pensavo queste cose scorsi al lato del monitor un post-it giallo appiccicato sul lato posteriore. Lo staccai e sopra vi erano scritte in stampatello solo poche lettere.

STR …=)

L’inequivocabile messaggio era indubbiamente indirizzato a me che a questo punto non mi restava che rispondere cercando di essere un po’ più garbato rispetto al giorno precedente.
Le nostre conversazioni fatte di pochi caratteri continuarono per tutta la settimana. Avevamo imparato a prenderci in giro senza mai cadere nelle offese. Beh, a parte quello “str…” che mi ero sicuramente meritato. Ma il suo caratterino non era da meno. La signorina aveva la risposta pronta e l’ironia acida che uno yogurt andato a male non era niente a confronto.
Nei miei messaggi la invitavo a prediligere una tiepida camomilla al posto del caffè al ginseng della macchinetta mentre lei ricambiava rendendosi disponibile a cercarmi un terapeuta bravo.
Ad un certo punto mi resi conto che non ci sarebbe stato gusto finché il nostro rapporto, benchè rimanesse solo di tipo lavorativo, si fosse limitato solo a piccoli insulti su fogli gialli. Così feci il passo.

Gentile ed ostinata collega colgo l’occasione del guasto alla caffetteria della stanza relax per offrirmi da cavia ed invitarla per un VERO e gustoso caffè al ginseng. Dicono che berlo assieme ai colleghi faciliti la comprensione degli altri e di se stessi. Se le va sabato sera nel bar sul corso.
Per Miss Simpatia, con rispetto e cortesia.

Sembrava tutto un po’ assurdo eppure eravamo l’uno di fronte all’altro a bere il caffè, a ridere di noi, delle nostre cretinate e di una amicizia che stava nascendo.

Se mai vi dimenticaste di avere degli amici segnate il loro nome su un post-it giallo e circondatelo di fiori e scarabocchi, di frasi e ricordi. Poi alzate la cornetta del telefono e l’amnesia sparirà d’un tratto, il numero si comporrà quasi solo e solo quando, ridendo vi racconterete di voi, beh allora quel post-it potrete anche strapparlo senza prima averlo ringraziato con un simpatico sorriso.

8 pensiero su “Post-it”
  1. Molto bello questo racconto, simpatico, della nascita di un’amicizia che può riservare tante sorprese. Complimenti, il racconto tra l’altro si legge bene, davvero bravo!

  2. Delizioso è la parola che mi è venuta in mente appena ho finito di leggere il tuo racconto. E’ incredibile come l’aspettativa di un messaggino tra colleghi sconosciuti possa cambiare la giornata. Poi se si è ironici e divertenti la cosa prende un sapore davvero piacevole. Molti rimangono in attesa di ricevere mail o sms ma devo dire che un post it è davvero più simpatico e inconsueto.
    5st.
    Greta

  3. E’ un racconto gustosissimo!
    Io sono una fanatica dei post-it e li piazzo dovunque
    Pensa che ero il terrore dei mie figli ragazzini, perchè riuscivo a lasciarli ovunque, perfino nelle loro rest-room, per essere sicura che avessero il tempo di leggerli.
    Ridono ancora adesso …
    Un abbraccio.
    zietta

  4. Ciao Raf.
    Leggo raramente i racconti, un po’ per pigrizia, un po’ per mancanza di tempo.
    Ma il titolo di questo mi ha veramente incuriosito.
    Così l’ho letto e mi è davvero piaciuto tanto.
    Bravo, le 5 stelle, come sempre, sono strameritate.
    Un caro saluto da QS-TANZ.

  5. Grazie come sempre a tutti voi!
    Sono contento che sia stato gradito.
    Alla prossima!

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