Senza far rumore, infilo la testa nell’oblò e osservo il lento ondeggiare del mare, delle piccole increspature tingono di bianco il penetrante blu.
Il cielo grigio e denso di nubi appare minaccioso, che peccato!, la pioggia rovinerà una giornata di passatempi sul ponte; uno dei più divertente è fissare con gli occhi bendati la coda al maialino dipinto, che poi và a finire puntualmente nei posti più assurdi.
All’improvviso nella cabina echeggia un forte sibilo…, in fretta mia madre apre una porticina e tira fuori dei materassini di colore arancione, ce li infila stringendo con forza i legacci. E’ la prima volta che indosso un giubbotto di salvataggio; la mamma ne parla con mio fratello mentre cerca di stringersi il nastro intorno alla vita.
Il fiume colorato che procede con passo veloce nei corridoi ci porta verso i ponti esterni. Non sembra che siamo tutti lì per giocare al gioco della coda, l’aria è piuttosto fredda e tutti hanno un’aria solenne e severa. Un uomo dal vestito e berretto bianco avvicinandosi al parapetto inizia a parlare, poi lo solleva, lasciando aperto uno stretto passaggio. Sento le gambe tremolanti, se ci stava chiedendo di saltare non sarei riuscita a farlo, avrei fatto solo quello che la mamma mi avrebbe chiesto. Fisso sempre di più il blu che può ingoiarmi, le parole non hanno più un senso, sono spaventata.
Dopo un po’, l’uomo riabbassa il corrimano, si gira e dice ad alta voce:
“Grazie Signori per la vostra attenzione, la simulazione è terminata!”.
Guardo la mamma e sospirando gli chiedo il significato di “simulazione”, lei accennandomi un sorriso mi spiega che il capitano ci aveva mostrato cosa fare nell’ipotesi di dover abbandonare la nave.
Annuisco e le sorrido.
Che felicità, più in là sul ponte, c’è una nuova gara per appuntare la coda al maialino.

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