Era una mattina gelida. La sveglia di Karol suonò come ogni mattina alle 07.15. Si svegliò e spense la sveglia dalla suoneria strimpellante, le sue orecchie non la sopportavano, ma era l’unico modo di svegliarsi. Sentiva freddo nonostante fosse comperta con lenzuolo, coperta e un piumone morbido e spesso. Non voleva alzarsi, ma doveva andare al giornale, doveva ultimare il suo secondo articolo sul terremoto del giorno prima.
Si alzò di colpo e corse in bagno, apri l’acqua della doccia, e si infilò appena diventò quasi bollente. Si lavò, si vestì e corse a farsi il caffè esclamando alla vista della macchinetta:
– Accidenti! Quando mi ricorderò di comprarmene una nuova? Ogni mattina la stessa storia, devo sempre aspettare un sacco prima che si decida a partorire questo caffè, che oltretutto fa davvero schifo.
Prese la sua valigetta e vi infilò il portatile, il blocco appunti, e le varie penne e matite. Prese la sua macchina fotografica digitale e l’appese al suo collo insieme agli occhiali da sole. Prese il suo lettore mp3 e si infilò le scarpe seduta sulla sedia della cucina, mentre si alzava si accorse che finalmente il caffè era uscitò. Era tardi, doveva assolutamente uscire di casa. Lo versò dentro un bicchiere più grande, in modo da farlo raffreddare e portarselo dietro e mettendosi a tracolla la sua valigetta pesante, prese un pacco di biscotti e li portò con se. Prese le chiavi dal tavolino dell’ingresso e uscì chiudendo la porta con due strappi.
Chiamò l’ascensore e infilatasi dentro schiacciò il pulsante del piano terra e iniziò a bere il suo caffè. Abitava al quarto piano di quel palazzo che per fortuna, aveva le fondamenta abbastanza resistenti, tanto da non aver avuto molti danni dopo la forte scossa.
Ripensò a quel momento, a ieri. Erano le 04.10 di notte e si era coricata da appena 20 minuti visto che aveva fatto tardi davanti al computer stampando delle foto fatte per l’articolo di uno spettacolo che aveva coinvolto la città proprio il pomeriggio di quel giorno, si chiamava “Divertiti con la tua città”, ed era il secondo anno che la manifestazione coinvolgeva Providence, consisteva nel ritrovarsi tutti davanti al luna parck cittadino, il “Providence parck” e entrando solo per quel giorno gratis, si poteva assistere a spettacoli di teatro per bambini e per più grandi, allestiti solo quel giorno lì, giocare con le giostre del parco e mangiare nelle varie piccole paninerie, gelaterie e assaggiare i dolci tipici di questo periodo, come martorana, castagne e biscotti di Halloween. Lei era lì sia per scrivere il suo articolo, e fare le relative foto, sia anche perchè era una delle poche manifestazioni a piacerle veramente.
Aveva preso sonno da poco, ma si svegliò di colpo quando sentì tutto tremare e qualcosa cadere. Si spaventò ed andò un pò in confusione, scese dal letto e vi si nascose sotto. Aveva paura che le cadesse qualcosa addosso. La scossa durò almeno una quindicina di secondi, quando smise si sentiva solo il suo respiro accellerato e fuori delle voci di persone, che vide dopo, quando anche lei scese, erano uscite dai propri appartamenti per la paura.
Aveva addosso la sua camicia da notte nera, corta e un pò sexy e la vestaglia grigio scuro più lunga abbinata, adorava l’intimo e le mise da notte, e le piacevano le cose sfiziose. Aveva tante camicie da notte di raso, pizzo e seta. Corte lunghe e di media altezza, con le ciabbatte abbinate. Era una vera e propria maniaca in questa cosa. Ma d’altro canto poteva benissimo permetterselo. Era una bellissima ragazza. Aveva dei capelli lunghi sino al sedere, neri e lisci, degli occhioni verdi e una pelle morbidissima. Era alta e aveva un fisico snello e asciutto. Un tipo che si curava molto. Le piaceva farlo, non era la classica giornalista impegnata che si trascurava, lei si curava sempre anche a costo di andare a letto tardi. Almeno una volta alla settimana, nella sua pausa pranzo andava a farsi la manicure, e sempre sacrificando le sue due ore libere, andava una volta al mese dal parrucchiere. Non aveva bisogno di andare in palestra, dato che aveva una vita frenetica e super impegnata, e anche lei come qualsiasi donna, amava fare shopping e vestiva sempre elegantemente, e all’altezza di ogni suo impegno o occasione.
Quella notte faceva freddissimo e quindi dopo un’ora salì i suoi quattro piani a piedi per prendere il cappotto. Scese subito e si sedette nella panchina un’altra ora. Alle 6.30 del mattino alcune famiglie iniziarono a tornare nelle proprie case e così decise di salire anche lei. Per sua fortuna, aperto il suo appartamento, scoprì che non c’era niente di rotto, solo qualche soprammobile.
Si fece un bagno caldo, lasciando la porta del bagno aperta e con i vestiti a portata di mano, nel caso dovesse ripetersi la scossa, non era molto spaventata, ma solo un pò tesa. C’era troppo freddo per rimanere ancora fuori, non aveva sonno, per rimettersi a letto e anche se lo avesse avuto, non avrebbe avuto nemmeno il tempo di addormentarsi, che l’appuntamento delle 07.15 con la sveglia sarebbe arrivato. Mentre si vestiva con jeans stretti, maglioncino nero a dolce vita e gilè marrone abbinato a stivali e cintura, inizò a starnutire. Ando in cucina, prese una bottiglia d’acqua e preparò tutto l’occorrente per andare a lavoro.
Era stanca. Praticamente aveva dormito solo dieci minuti, era raffreddata e nervosa. Si mise la sua sciarpona marrone, il cappotto nero e preso tutto, scese.
Si recò al bar che le veniva di strada, dal lavoro. Si sedette li e ordinò due caffè e un cappuccino. Li bevve e prese anche un camomilla da portare via, che sorsegiò per strada insieme ad un cornetto alla crema, e decise di prendere una delle valeriane che si portava dietro. Era troppo agitata.
Ancora per strada c’era la gente fuori dalle case che aveva paura di rientrare, per via delle scosse di assestamento che potevano iniziare da un momento all’altro, i vigili del fuoco e la polizia, che si accertavano delle condizioni dei palazzi e delle persone, e che facevano andare avanti il traffico. Se non fosse stata una giornalista, che avrebbe dovuto scrivere di questa storia sarebbe senz’altro rimasta a casa.
Arrivò in ufficio. Quando si aprì la porta della redazione, fu travolta da colleghi che andavano avanti e indietro e dalle loro urla, di chi parlava da una scrivania all’altra, al telefono o col capo. Da lì iniziò a lavorare all’articolo e a fare accertamenti, telefonate e quant’altro. Il suono dell’ascensore che la riportava al piano terra la strappò dai pensieri estenuanti del giorno prima.
Andò nel garace e prese la macchina, una Suzuky jimmy grigia. Era appassionata di jip di ogni tipo. Posò la roba che aveva in mano, accese l’auto e uscì dal parcheggio recandosi verso i quartieri dove le erano state segnalate delle case non rimaste illese dal terremoto.
Ho riletto questo testo ambientato lontano, ma che di terremoto parla.
In questi momenti di incertezze e allerta generale, sperando che nessuno degli abituali scrittori e lettori di Racconti Oltre ne sia coinvolto, un abbraccio a quanti in Abruzzo con la furia di Madre Natura si stanno, nella realtà, cimentando.
anna
6 aprile 2009