Camminando lungo i campi dorati, ascoltava il gracchiare dei corvi. Le mani nelle tasche dei larghi pantaloni beige, camminava lentamente sotto il sole estivo. Ne sentiva il lieve calore bruciargli la pelle chiara, i capelli ora nuovamente corti erano accarezzati dal leggero venticello carico di profumi. Osservava il melo poco distante, una figura scura contro il sole splendente, ripensando a quella volta in cui lui e Francesca…
Ricacciò indietro il ricordo, sul volto un nuovo sorriso mentre sollevava la testa verso il cielo luminoso. Una risata fresca come solo un bambino avrebbe potuto fare. Continuò a camminare, fino a raggiungere la bassa cascina.
Sotto il portico la porta era già aperta, e vi si infilò silenzioso, accostandola alle sue spalle. Il profumo di lei lo avvolse, assieme ai mille profumi della cucina. Dio, se amava quei profumi, rifletté mentre saliva le scale in legno che l’avrebbero portato al piano superiore.
Si accostò alla stanza, osservandola. Era ferma vicino la finestra, lo sguardo perso nella campagna che sterminata si stendeva davanti a lei. Le si avvicinò silenzioso, cingendola con le forti braccia. Appoggiò la sua bocca lungo il collo di lei e la baciò nel silenzio. Lei non si mosse, ma la sua mano destra si fermò sul braccio di lui, stringendolo appena. Distolse poi lo sguardo dal paesaggio e si voltò, gli occhi sognanti fermi in quelli di lui.
«Sei tornato?» bisbigliò, lo sguardo fermo sulle sue labbra.
Poi non vi furono più parole, ma solamente lei si abbandonò nelle braccia di lui, e le loro bocche si incontrarono.
Lo sospinse verso il letto, e dolcemente si stesero. La sua testa toccò il morbido cuscino, mentre la mano andava ai lunghi capelli di lei, fili ramati al sole che entrava dalla finestra aperta. Passò le sue dita fra quei soffici capelli, fino a sospingere la testa di lei verso la sua. Sentì il corpo poggiarsi finalmente sopra il suo, e la testa fermarsi contro il suo petto. Gli occhi verdi si persero in grosse lacrime di gioia, e non vi fu bisogno di altre parole.

 

2 pensiero su “Inseguendo i corvi”
  1. La tua scrittura “sfora” sempre in parossismi poetici e viscerali, nonostante il paesaggio naturale sia metafora di un crollo spirituale e letto in chiave umanistica la manifestazione di un crollo erogeno…” e non vi fu bisogno di altre parole”. Mi piace!
    Ciao Greta

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