Stazioni di malinconia rischiarate da luce lattiginosa.

Dove va quella valigia sciolta fra le dita? Dove portano le tue scarpe intorpidite?

Cosa racconta il frusciare del tuo vestito? Quanti anni hai? Quanti ne hai vissuti?

Cominci adesso? O il capo è ancora chino? Dove ti portano i passi della gente? Quanto chiederai per non avere niente in cambio?

Eclissati ragione!

Sentirmi padrona delle mie dita e dei miei tasti, sentire la vita scorrermi fra le mani e poterla trattenere, berne a sorsi fra i palmi. Correre libera a piedi nudi su pensieri d’erba dai fili morbidi, percorrere le corde dei violini fra i miei capelli, avere allacciato il richiamo saldo e spoglio di un cuore che non tema di tuffarsi e nuotare a bracciate vive nel mio mare.

Voglio un cuore che non tema d’aver paura di sorridermi ad occhi nudi e di ferirsi le mani scalando la mia pelle. Voglio un’anima capace di perdizione, di buio, di terrore. Voglio un’assenza forte, voglio che sia mancanza radicata, che sia lacerante, che sia dolore.

Voglio darmi a completa distruzione, ascendere fra onde e tempeste da vortice a tornado, imprimermi, ferro rovente, marchio, segno, fondamenta.

E se tutto questo non potrò avere allora non sarò mai esistita, le mie pagine come cenere al vento si disperderanno e io non avrò mai vissuto.

Le vite che ho toccato non le avrò mai sfiorate, intatte non ricorderanno e non ci sarà alito di vento a riportarmi, nessuna foglia danzerà sull’onda del mio soffio sparito, tutto sarà quiete, un finale tranquillo, uno spegnersi mite sulla domanda della fine: hai vissuto?

2 pensiero su “Stazioni”
  1. Vivere.
    Percepire la propria forza vitale e sentirla fluire nel proprio corpo vibrando al ritmo dell’Universo.
    Non capita spesso, ma ci sono momenti, pochi, di grazia in cui si avverte il senso e si capisce perchè si vive.
    Grazie per ciò che scrivi e per come lo fai.
    A.

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