Credevo di aver trovato fedeltà in quella bionda effervescente che danza solo per me rinchiusa nel bicchiere, tra le mie mani. Invece la birra non sempre ti è amica, difatti non aiutava e il nodo proprio non si arrendeva a star giù. Nonostante i miei sforzi ritornava caparbio in superficie.
Credo che approfittasse di una qualche bollicina che gli permetteva di cavalcarla per risalire. Ma per tutto c’è una soluzione. Ordino un whiskey, voglio proprio vedere come farà a salvarsi con questo qui.
Il nodo già soffoca quando entra la signora dal vestito rosso. Si siede sola come spesso le capita di fare; mette un po’ tristezza. Ma non a tutti del resto.
Vedi il ragazzo di fianco a me. Non ha bevuto ancora niente, ha solo mangiato qualche nocciolina americana per nervosismo, sono sicuro che sia venuto qui apposta per lei. Non l’ho mai visto prima al bar. Deve averlo sentito dire da qualche parte.
Alla signora viene portato un Martini e mentre beve il rosso delle labbra è un tutt’uno con quello del drink. Quando scosta il bicchiere lascia le labbra sul vetro e sembra sorriderti con l’alcool vermiglio che contorna i denti bianchi, abbaglianti in quel suo speciale Benvenuto.
Il ragazzo si aggiusta sul vertiginoso sgabello al banco, si sta sciogliendo e fatica a rimanere seduto. Credo di sapere cosa nasconde e cosa tenta di trattenere. Ma non dovrebbe, questo è il suo errore.
Controllo le tasche. Potrebbe bastare. Il ragazzo non si decide; peggio per lui, essere primi è un privilegio, lei è più pulita e meno stanca. Il ragazzo continua a fissarla, immobile. E’ senza speranza.
Il nodo giace morto affogato sul fondo del bicchiere fra qualche ultima goccia di liquore. Adesso sono pronto, il ragazzo invece imparerà col tempo.
Lascio i soldi per le bevute sul banco sudicio e mi siedo senza invitarmi di fronte a quel vestito rosso, teso nella fatica di contenere tutta quella carne pulsante.
I suoi occhi non nascondono lo stupore.
-Credevo di non piacerti-
-Perché mai?-
-Non sei mai venuto da me-
-Non sono mai andato da nessun’altra-
-Eri sposato?-
-Mai stato. Non avevo voglia, tutto qui-
-Ma è tanto che vieni in questo posto-
-Da più di te, ha importanza?-
-No non ne ha-
-Lo vedi il ragazzo?-
-Da quando sono arrivata-
-E’ molto giovane-
-Crescerà, non è affar mio-
-Non ti interessa proprio niente?-
-Solo due. Una ce l’hai in tasca-
-E l’altra?-
-E’ un segreto-
-E non vuoi dirmelo?-
La signora si aggiusta i capelli, chiude gli occhi e li riapre lentamente, le pupille fisse su di me:-Mi stai facendo perdere tempo-
-Va bene. Saliamo-
Un cenno al barista, un cenno di rimando e la gonna rossa mi segue svolazzando lungo le scale. Al piano di sopra c’erano le camere, la 7 è aperta. Entriamo.
Il lampadario di vetro mascherato di cristallo non inganna nessuno e ti guarda triste con tre lampadine di meno. La luce è da sotterraneo. Mi spoglio come un minatore che stacca dal lavoro, e quando mi volto lei è già nuda che mi aspetta sul letto. In momenti come questo perdoni al tempo qualche ruga di troppo perché non c’è altro modo di ringraziarlo per le lezioni che ha dato all’esperienza. Era la dea del sesso.
Sopra quel letto sono caduto dalla finestra di un grattacielo all’aria fredda, sono risalito dal caldo centro della Terra, e poi di nuovo su e giù fino alla grande quiete. C’era solo il silenzio fra il mio e il suo ansimare sconnesso.
Era molto che non stavo così bene con una donna. Non era bella e neanche molto intelligente ma aveva fatto di quella vecchia professione un’arte.
Stavo bene ma non volevo abusare del suo tempo, aveva ancora molto da fare.
-Quanto ti devo?-
-Niente, tesoro. Offro io-
Faccio per alzarmi, ma lei:-No, resta ancora un poco-
Resto.
-Vuoi sapere quel segreto?-
-Ma certo- Ma meglio sarebbe stato andarsene subito.
La sua voce non era più ferma e decisa come prima, aveva qualcosa di melanconico, di triste, di stanco.
-Vorrei morire-
La guardo. Gli occhi danno ragione alla voce. E’ la verità, non mi prende in giro.
La stringo in un abbraccio. Il suo petto si muove convulsamente, sta trattenendo le lacrime.
-Non c’è modo per lasciare la vita che faccio-
La stringo un po’ di più. Non so che altro fare, non so cosa dirle.
-Ti sembra vita questa?-
Appoggio la mia guancia sulla sua, sento il calore.
-Vuoi aiutarmi?-
Le accarezzo la nuca. Vorrei smettesse, vorrei andare via. Adesso.
-Prendi il cuscino e soffocami-
Non riesco a fermare i brividi. Lei se ne accorge. Le vedo la delusione negli occhi blu.
-Ti prego-
Si libera dal mio abbraccio e si stende, ancora nuda, supina. Ha lasciato libero il cuscino perché lo potessi prendere.
Scendo al bar. Il ragazzo non c’è più.
Ordino un rum liscio. La signora non scende.
Afferro il bicchiere, e vedo il suo volto pallido e liscio.
Le mie labbra si appoggiano al vetro, e vedo i suoi occhi fissi al soffitto.
Il liquore mi brucia la bocca, e vedo il cuscino coprirle la faccia.
Il rum scende tutto insieme, e sento il suo respiro mancare.
Appoggio il bicchiere vuoto sul banco, e sento il cuore fermarsi.
Pago e esco, e le chiudo gli occhi rimasti spalancati sui miei.
Tiste e bella. Mi é piaciuta.
ciao. sandra
Mi piace molto l’inizio, ci sono spunti molto interessanti, come “la bionda che danza solo per me” o il nodo che si aggrappa a una bollicina per risalire. Non sono da tutti, è ciò che mi ha indotto a continuare la lettura. Sono rimasto invece un po’ deluso nel proseguo, non tanto dal contenuto quanto dalla forma. Con una simile introduzione, mi sarei aspettato qualche altro guizzo. Forse con un po’ di meditazione in più sarebbe uscito. Ho comunque letto un buon racconto, grazie per l’intrattenimento.
pieve sei numero uno… mi sto finendo gli occhi su i tuoi racconti!..