Se i miei occhi fossero una videocamera a quest’ora sarei una regista di un film cult. Sì un misto tra Dirty Dancing e Pearl Harbour, insomma qualcosa che solo in un film può accadere, dove solo uno splendido Richard Gere brizzolato salva quella “gran culo di Cenerentola” di Julia Roberts.

I miei occhi sono la spugna della mia anima, il mio senso più sviluppato quello più vero che carpisce anche gli odori, i sapori e che mi fanno battere il cuore all’impazzata come se avessi fatto una corsa a perdi fiato.

Quando ho sentito il suo sguardo su di me è stato diverso impalpabile. Mi sono seduta nervosa ma, quando i suoi occhi fissavano i miei era come se il tempo si fosse fermato, mai esistito, lontana da tutto e tutti facendomi perdere il contatto con la realtà.

Occhi negli occhi e la prima idea che mi è passata in testa è stata chi abbasserà lo sguardo per primo? Nessuno.

Era come se avesse dovuto memorizzare ogni centimetro del mio volto delle mie espressioni delle mie sensazioni che aveva perso per molti anni.

Si tanti anni fa è stata l’ultima volta che ci siamo visti in una circostanza che forse non ricordo nemmeno più.

Mentre continuava a fissarmi ho pensato ma, il tempo quanto è relativo per far vivere agli uomini sensazioni così forti?

Mi ha chiesto di ordinare il vino come se sapesse che avrei voluto farlo, mi ha lasciato un libero arbitrio forse di poco valore ma, che in quell’attimo ha prodotto una forza confermata, viva, irrazionale. Ama i vini siciliani rossi intensi proprio come piacciono a me e che tanti anni fa nessuno di noi sapeva i gusti dell’altro e ci siamo ritrovati a scoprire di avere gli stessi. Mi sono chiesta se conoscere una persona sia avere più nozioni possibili per sapere in anticipo i suoi desideri, le sue reazioni, i suoi gusti. Insomma cosa ti piace mangiare, bere, da quale parte del letto ami dormire, se baci ad occhi aperti o chiusi, se bevi il caffè con o senza zucchero, perchè i dettagli nella vita sono tutto.

Così mentre la cena scorreva ho iniziato a comporre il quadro, poche leggere informazioni di un volto associato ad un carattere cresciuto e mi sono domandata se fosse cambiato, se è poi vero che l’esperienza, l’età, la vita e tutti gli eventi che si susseguono ci cambiano.

Risposte che sono sempre condizionate dall’attimo, dalla vicenda che stiamo vivendo o che pensiamo di vivere.

Le parole sono venute naturali mentre continuava a fissarmi, mentre ridevamo, scherzavamo del passato, del presente di una realtà non vera intoccabile.

Sapresti resistere ad uno dei miei sguardi, mi sono ritrovata a dire ad alta voce, seppur convinta di averlo detto tra me e me? No non ci ho nemmeno provato, ha sussurrato.

É lì che ho capito che era un sogno, quelle parole erano venute fuori dai suoi occhi non dalla sua bocca non dalla sua voce era qualcosa che avevo sognato proprio, come in un film e così ho finito il mio popcorn e sono uscita dalla sala ancora buia.

La realtà è sempre maledettamente diversa rispetto a quella di celluloide, perchè di fatto io non sono la regista del mio film nè tanto meno la sceneggiatrice, se così fosse le storie avrebbero innanzi tutto un finale, e poi Che Finale!!!

In un certo senso quel sogno era un po’ come il suo viaggio… che ricominciava e per la prima volta lei aveva messo se stessa al primo posto.

Una valigia di pensieri, il vento tra i capelli ed un paio di occhiali da sole scuri. Aveva voglia di un bicchiere di vino ghiacciato e di una sigaretta anche se sentiva ancora forte su di lei il profumo di cocco. Era mattina il sole alto in cielo e l’amica di sempre che l’aspettava quella era la sua realtà: perchè non l’aveva capito prima si chiedeva specchiandosi nel finestrino del treno? Perchè lo spirito di sacrificio le aveva fatto dimenticare le parole di suo nonno? Proprio lui che le aveva insegnato ad essere felice sempre e comunque con poco o tanto purchè fosse vero e sudato. Quando l’avevano sepolto lei non c’era ed era ancora molto arrabbiata seppur dopo tanti anni, del resto era stata privata di una cosa che lei riteneva fondamentale: il libero arbitrio.

Aveva incontrato come sempre nei suoi viaggi personaggi insoliti, ma lei li calamitava a sè come monete da collezionare. Gli ultimi tre giorni della sua vita erano stati una tempesta di emozioni ed ogni volta che incontrava il suo sguardo nello specchio ne realizzava il valore, ma qualunque strada avesse intrapreso avrebbe portato conseguenze dolorose, il problema era solo capire per quanto tempo.

Ciò che è giusto per noi non lo è per gli altri, ma forzare il destino lo sarebbe stato?

Troppe domande senza risposta, ma un’unica certezza, sensazioni forti vere intense a cui non voleva rinunciare. Da dove ricominciare? Ma soprattutto come? Lui le aveva detto poche parole ma, estremamente chiare e lei stranamente gli aveva creduto ma, sapeva che erano dettate dall’attimo senza un qualunque valore reale, perchè quello era il film che i suoi occhi stavano girando azione per azione. Le attenzioni e i gesti l’avevano fatta risorgere da un torpore chiamato tolleranza ma, proprio in quel momento la radio passava la canzone che vent’anni prima avevano consumato nella sua macchina. Lei sorrise di se stessa nel pensare che le coincidenze erano davvero il sale della vita e che seppur incredula, forse avevano motivo di esistere.

Si chiedeva se sarebbe stata in grado di costruirsi di nuovo il suo destino, proprio lei che per quasi tutta la vita era stata fatalista. Ancora pochi giorni e sarebbe ritornata alla realtà, ma poi quale realtà? Alla ricerca di un lavoro, con un nuovo appartamento ed un inverno davanti da trascorrere sola? O mettere tutto sul carro, un punto e ricominciare? O solo semplicemente credere nel suo amore, incondizionato ma, pieno di problemi e di incertezze?

Non aveva paura del giudizio della gente, ma solo ed esclusivamente dell’unica persona che l’aveva sempre criticata: se stessa. Il percorso che l’aspettava era lungo ed inerpicato sentiva che il suo cuore correva all’impazzata l’aspettava una maratona e temeva fortemente di non farcela.

Il suo cellulare vibrò lei sorrise… inaspettatamente per un secondo era entrata nei suoi pensieri, ma tutto ciò non era reale e lei lo sapeva bene. Si ripeteva continuamente un passo dopo l’altro con calma, quanto sarebbe stata forte?

Il suo viaggio continuava e sempre più spesso in treno da sola. Si ricordava la prima volta che sola sul ponte sul Reno in treno aveva attraversato le sue paure. Mai si era sentita così prima nella sua vita: sola, priva di qualunque certezza e con un futuro tutto da riscrivere. Era terrorizzata, ma cercava di non darlo a vedere eppure lei era sicura che le si leggesse in faccia il suo dolore mascherato da rabbia; mentre di nuovo la radio passava quasi a comando ogni volta che si sentiva giù, la sua canzone e le ricordava che le supergirl non piangono mai.

Divorzio, questa parola pensava non le sarebbe mai appartenuta eppure d’improvviso si trovava su un altro treno.

Che cosa stava facendo? Girava un’altra scena del suo film irreale ma, vivo proprio come si sentiva, per una volta aveva fatto qualcosa di veramente folle dettato dalla più totale irrazionalità, ma lei era anche quello, un’attrice irrequieta, inarrivabile, viziata, ma sotto sotto era solo una parte, un ruolo che le calzava a pennello nel suo film da protagonista: la sua vita. Tutti si erano permessi attimi di follia ed ora era lei a concedersene uno. Eccola di nuovo sul suo treno, che cosa strana proprio lei che amava così tanto gli aeroporti, dove aveva consumato ore e lacrime in attesa della chiamata del suo volo, dove il duty free era diventato il suo angolo di gioia ora, le stazioni erano diventate parte del suo film. La signora che vendeva i giornali le aveva detto che le piacevano i suoi stivali; che cosa strana erano il suo orgoglio, ma, soprattutto il ricordo di un altro viaggio che ora sembrava così lontano.

Di nuovo quel profumo di cocco e arancia addosso e ora anche nella sua borsa. Complicità era quella la parola che più di tutte le era rimasta in testa, perchè al di là di ogni follia, capriccio, pericolo o passione quella complicità anche se impalpabile era l’unica cosa vera del suo film e nessuno avrebbe potuto negarlo, qualunque critico anche il più acuto avrebbe percepito quella vibrazione. Aveva deciso di riporre quel DVD eppure ora che era di nuovo coperto di polvere si chiedeva se fosse stata pronta a viverne il finale, ma se non le fosse piaciuto? Se le aspettative si fossero esaurite senza un lieto fine, senza una svolta decisiva, senza pathos?

Alla fine si decise: preparò i popocorn, aprì la custodia e premette su play forse il finale non le sarebbe piaciuto ma, almeno, avrebbe finito di vederlo per sempre.

B.B.

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