Nel paese di Acquate le vie Impiove, Dell’Amore, Ai tre Lagoni e Ruga Fredda si affacciano tutte sulla piazza Principe Alejandro Martello dei Gioiosi.
Quest’ultima più che una piazza è un largo viale alberato con un triplice filare di tigli che, correndo lungo il lago, vanno dal bar Margherita fino all’imbarcadero. Proseguendo, la strada si restringe e, assumendo il nome di via Amatore l’Eremita, gloriosa figura di uomo pio e anima beata, costeggia il piccolo porto, la trattoria “Luna Piena” con terrazza a lago e pista dancing estiva, per finire nella spiaggetta del pioppo, così chiamata per il grande albero che, affondando le sue radici negli strati più umidi del terreno della riva, si erge rigoglioso e offre la sua ombra nelle giornate estive a quanti prima si sdraiano al sole e poi cercano refrigerio dalla calura.
La piazza Principe Alejandro Martello dei Gioiosi viene comunemente e più brevemente chiamata dagli Acquatesi “piazza Martello Gioioso” ed è un luogo di ritrovo abituale per chi desidera fare una passeggiata, incontrare amici, guardare le barche ormeggiate e il bel panorama circostante.
Non mancano in alcune ore del giorno i pescatori che si ritrovano sul molo del porticciolo e pescano beneficiando del lascito dell’anno 1635 fatto dal re di allora agli abitanti di questo suo feudo in riconoscenza perpetua della vita salvatagli durante una caccia dal nobilotto locale, don Alejandro, appunto, terzo aiutante di camera e cioè primo custode del vaso da notte di Sua Maestà, ottimo cavallerizzo e gran sciupafemmine, come testimonia l’impronta sua maschia in molti nasi a becco dei paesani. Da quei tempi lontani gli Acquatesi pescano gratis e ancor oggi, negli anni di questa nostra repubblica, il beneficio continua, come ricordano targhe e cartelli turistici; chi non è residente può procurarsi a modico prezzo un permesso giornaliero acquistandolo dal vecchio Ninin, concessionario comunale, che, seduto d’estate e d’inverno nel suo chioschetto verde, vende licenze temporanee e dispensa chiacchiere benevole su tutto con tutti.
Questa piccola comunità, che durante i fine settimana e nei periodi di vacanza si rinvigorisce di turisti, villeggianti e nativi emigrati altrove, nelle normali giornate di lavoro è costituita da pochi giovani e molti anziani che si conoscono, si salutano, si parlano e sparlano.
Pochi si salvano da questo chiacchiericcio che non è maldicenza, ma è sussurro.
Si dice, si pensa, si immagina, si sorride e si ride alle spalle del malcapitato che oggi è incudine e domani martello.
E in realtà come si fa a non ridere, per esempio, di Farfallo e Leccapaletta?
L’uno, sedicente bello con piedipiatti, e l’altra, grassottella aspirante magra, sono i proprietari del Caffè “Au Revoir-Specialità Gelati”. In questa impresa familiare lui serve ai tavoli e lei si divide tra il bancone e la cassa. Quando un cliente chiede il gelato, Farfallo porta alla moglie la comanda: lei non resiste e, sperando di non essere vista, allunga furtiva una leccatina alla paletta del gusto cioccolato, il suo preferito, con buona pace di ogni norma igienica.
Proprio il loro bar è punto di ritrovo di anziani, chiacchieroni e buontemponi che da qualche giorno non parlano d’altro: sotto il golfino fatto a mano della signorina Liuccia, segaligna sorella del geometra Moretti, il serio e pomposo tecnico comunale, batte un cuore innamorato.
Nessuno ci avrebbe scommesso una lira.
La modesta avvenenza della signorina Liuccia, la sua riservatezza e l’età non più giovane non facevano di lei una preda ambita per nessun rubacuori del circondario, ma le vie del Signore sono infinite e anche la signorina Liuccia, a quanto si dice, ha vinto la sua lotteria conquistando Giuseppe Nardò quarantenne, napoletano e titolare dell’impresa di costruzioni “La Rinascita”.
Il bel Nardò era stato visto una sera dell’estate scorsa mentre gustava linguine al pomodoro e impepata di cozze alla “Luna Piena”, seduto tutto solo ad un tavolo vicino a quello dove i fratelli Moretti consumavano risotto giallo e lavarello.
Dopo il caffè e l’ammazzacaffè, quando l’orchestrina del dancing aveva intonato “Passion flower”, il Nardò aveva compitamente invitato a ballare la signorina Liuccia che, ancheggiando solo un po’ più del dovuto, lo aveva seguito nella danza.
Tutto era finito lì. Saluti educati e basta.
Ora, a distanza di mesi, il Luisin del Lagun e il Mariot della Ruga che hanno visto e rivisto, hanno raccontato.
Tutte le sere, in autunno, dopo cena, come fanno da anni, non si sono fatti mancare la passeggiatina digestiva e il caffè corretto al bar Margherita o dal Farfallo, accompagnandosi poi a turno e passando sempre e comunque davanti alla casa del geometra Moretti in via Dell’Amore numero 1.
Talvolta, sul tardi, quando al caffè corretto si aggiungeva una partita a briscola e una birretta, tornando a casa avevano notato la macchina del Nardò parcheggiata nei pressi della casa del geometra sul lungolago, ma si sa che la strada è di tutti e forse i problemi di lavoro erano la causa degli incontri serali così frequenti.
Con l’inverno le passeggiate serali dei due pensionati si erano diradate e limitate alle sole serate limpide e asciutte, quando alla televisione non c’era proprio nulla da vedere.
Al ritorno della primavera, però, la consuetudine era ripresa e l’automobile del Nardò rossa e inconfondibile era sempre là e non poteva non attirare la loro attenzione.
Il primo temporalone estivo ha definitivamente fugato ogni loro dubbio.
I due si erano attardati nel caffè del Farfallo per discutere animatamente di un giro di carte con i loro due avversari storici, Giovanni e Piero Mamaluc, quello che in guerra fu  prigioniero in Africa e quando trova uditorio racconta le sue avventure.
Nella strada di ritorno verso casa erano stati sorpresi da improvvise raffiche di vento e acqua mista a grandine, perciò si erano riparati sotto una tettoia nell’attesa che la furia degli elementi si placasse.
Era stato allora che avevano visto l’auto rossa scendere dalla via Dell’Amore e avanzare silenziosa verso il lago mentre un uomo in mutande la rincorreva incurante del maltempo.
Più l’uomo correva, più la macchina acquistava velocità, attraversava il viale, scansava i tigli, solcava il prato e finiva nel lago.
L’uomo si sbracciava, si guardava intorno e tornava indietro.
Luisin “lagùn” e Mariot “rugùs” si guardavano negli occhi increduli: quello lì era il Nardò in mutande, ma quell’altra, che a piedi nudi, scarmigliata e con l’ombrello rivoltato dal vento gli correva dietro, era la signorina Liuccia! 
L’indomani mattina gli Acquatesi sotto un bel cielo azzurro passeggiavano in piazza, sorseggiavano cappuccini, commentavano il temporalaccio notturno e i danni provocati.
Anche il Nardò si lamentava con Farfallo mentre aspettava il carro attrezzi che doveva ripescargli dal lago, a suo dire, l’auto parcheggiata con la marcia in folle quando era andato a casa di un cliente  per parlare di lavoro.
Non sapeva il poverino che Luisin e Mariot di buon mattino, sorseggiando il primo caffè della giornata, proprio lì, in piazza Martello Gioioso, hanno demolito a martellate, ridendo a crepapelle, la reputazione sua e quella, fino ad allora, immacolata della signorina Liuccia.

 

2 commenti su “Il fiore della passione”
  1. Piacevole e divertente. Che impiccioni però, non se ne può fare una pulita! Povera donna, dopo tanta attesa, doveva propro avere un pubblico sparlante ad assistere alle sue scene amorose…
    Ciao. Sandra

  2. Racconto esilarante, magistralmente scritto, rivela notevole capacità descrittiva e di caratterizzazione dei personaggi, cogliendone divertenti tratti caricaturali, con fine e benevola ironia. L’autrice ama i suoi personaggi e li fa amare anche a chi legge. Questo si chiama talento.
    Brava, Anna, ti ammiro e ti leggerò sempre. Ciao.

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