Penetrante ed, in fondo, anche consumante
trasforma le mie pareti in briciole senza soglia
nei vicoli senza nome e senza piante
nulla traspare della deleteria voglia
Tutto mi tace attorno e tutto grida
un misto di risate e di motori,
tutto è confuso da silenti strida
e dal ricordo dei miei primi albori:
nei seni abbandonati al tuo tormento
è inciso il segno della mia tortura
presto verrà assaporato al vento
e fine avran la mia e la tua paura.
Presto si spera, e intanto si consuma
l’umile schianto che creasti un giorno
neanche lassù, vicino a Montezuma,
sanno di noi e del nostro ritorno.
E un giorno che non ci è lontano
gli echi dei cari e dei sudati ardori
nel ventre tuo e nel segreto arcano
ci ridaranno i nostri antichi amori.
Ora intrisi, abbandonati e seri
vestiamo i tempi che ci hanno regalato
nemmeno un segno dei nostri desideri
neanche un ricordo di ciò che abbiamo amato.
Piccole corde fatte di saggezza
hanno legato il tuo destino al mio
c’è un fuoco che le unisce e un sale che le spezza
la luce intorno… e il buio dell’oblio:
brevi momenti rimasti per pensare
quando eravamo un’unica persona
nei lunghi giorni futuri a ricordare
come si lascia e come si perdona.
T’ho chiesto tanto e senza dir parola
e l’unica risposta che si assona
è addio mio vento ed ora sono sola:
lasciatemi fiorire in calda e verde zona
nel turbine nascosta, ove non parlo,
senza sentori e senza melodia
che esprima un desiderio antico di abbracciarlo
dove la mia canzone non sarà più mia.

 

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