Lo chiamano il kilometro della vita, si lascia la strada statale quasi al culmine della collina, là dove adesso ci sono le rovine della vecchia casa cantoniera e si svolta a sinistra per un sentiero sconnesso e polveroso. La terra rossa e arida, tipica dei paesi del Sud, ti accompagna per quei mille metri che dal niente ti proiettano in paradiso. La vista mozzafiato che ti si presenta davanti quando arrivi alla fine è indescrivibile, lo strapiombo sotto di te, che termina nella caletta dove d’estate con un’imbarcazione qualche fortunato si ripara, è profondo più di trecento metri. L’orizzonte è infinito e in lontananza la sagoma dell’isola di Budicchi ti sembra un salvadanaio quando al tramonto la palla di sole rosso gli cala lentamente alle spalle.

L’uomo che adesso sta percorrendo quel lembo di terra conosce di quella strada ogni piccolo particolare: il vigneto che all’inizio si stende dal crinale verso la strada con quegli acini piccoli e distanziati uno dall’altro, peculiarità unica dello zibibbo, che i contadini d’estate, una volta completata la vendemmia, stendono sui “cannizzi” a essiccare, la palma nana, che si trova subito dopo la prima curva posta lì come un segnale stradale ti avverte che sei a metà percorso, le tre piante di capperi una in fila all’altra che, strisciando al suolo con le loro foglie piccole dal colore verde smeraldo sembrano voler proteggere le rocce dove sono nate e poi gli arbusti di ginestra che macchiano qua e là tutto il percorso.

Cammina lentamente perché vorrebbe non arrivare mai alla fine, a quella piazzola che, come un confine tra realtà e fantasia, ha segnato tutta la propria vita. Non vorrebbe arrivare mai perché sa che quella è l’ultima volta. L’ha deciso.

Mentre cammina, nella mente scorre il ricordo: aveva scoperto quel sentiero per caso, era scappato da casa perché i suoi genitori stavano litigando, prese a salire la collina e senza saperlo si addentrò per quel sentiero, dove l’ingresso era appena marcato tra i rovi. Decise di andare avanti più per curiosità che per convinzione e quando vide quella meraviglia non avrebbe voluto più tornare indietro. Da allora quante volte c’era tornato? Impossibile ricordarle tutte, era il suo rifugio, lì condusse Nella, la sua compagna alle scuole  medie, lì gli diede il primo bacio, in quel posto diventò grande, visse amori e delusioni, poi la vita prese il suo corso e dovette abbandonare quei luoghi per come si diceva allora emigrare al Nord.

Quando, dopo aver vagabondato tra mille esperienze, conobbe Lei  e la prima cosa che pensò, fu di portarla lì. Dopo le prime uscite, tra un cinema e una pizza, le chiese di accompagnarlo al paese. Era ansioso di farla conoscere a tutti, ma soprattutto doveva dirle una cosa e voleva che ciò avvenisse nel “suo paradiso”. La sera al tramonto la prese per mano e, mentre percorrevano il sentiero, lei gli descriveva il percorso tanto l’aveva memorizzato dai suoi racconti. Fu lì, mentre il sole come una grossa moneta si calava nel “salvadanaio” di Budicchi, che le chiese, anzi le voleva chiedere di sposarlo, ma l’emozione frenava in gola le parole e dopo aver pronunciato: “ma tu…. Se io… ti chiedessi…”, lei lo guardò negli occhi e abbracciandolo forte gli disse: “ti risponderei di SI’!” Tre mesi dopo erano già marito e moglie.

L’ultimo kilometro, in quel tratto di strada si racchiudono tutte le emozioni, lui col suo lavoro ne aveva visti a migliaia di ultimi kilometri. In quel poco tempo si consumano gioie, dolori, delusioni, sofferenze e a volte drammi, quel tratto è adrenalina pura. La stessa che montava dentro di sè avvicinandosi alla meta, la stessa che aveva da quella mattina, quando il medico gli aveva comunicato la notizia. Guardò per l’ultima volta l’orizzonte ma quel giorno le nuvole basse ne impedivano la vista. Affacciandosi sul burrone, ormai deciso, chiuse gli occhi cercando di non pensare più a niente. I pensieri erano finiti, così come le lacrime le aveva, o credeva di averle versate tutte, ma nell’attimo decisivo una mano si pose sulla sua spalla, egli si girò di scatto e rosso di vergogna per essere stato scoperto in quel suo estremo gesto tentò di scappare, ma la mano lo trattenne con forza, anche se era quella di un adolescente che gli disse: “se tutti quelli come te ci abbandonano noi da chi impareremo a vivere?”.

 

3 pensiero su “L’ultimo kilometro”
  1. incantevole… tutti abbiamo un posto segreto che ci fa sognare… il luogo descritto mi è molto famigliare… mi ricorda le valli a picco sul mare, i colori dei tramonti, l’arrivo delle pioggie d’agosto, l’odore della terra bagnata, le corse a piedi tra i monti, il cuore che batte forte, i baci rubati, i vecchi mangiadischi e poi…….. i sogni, gli abbandoni…….. le emozioni.
    grazie mi hai fatto ritornare alla mente momenti magici.
    maria grazia

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