Si scioglieva i capelli e rideva, rideva di quel sorriso che gli era fatale per quel largo nel cuore che riusciva a dilatare. Quel riso si faceva largo con la luce del mattino, col passo che solo lei sapeva muovere verso le sue fessure nascoste. Le spalle radiose, ora, cadevano fluttuanti fra i riccioli morbidi di quel castano di miele setoso. Si faceva vicina, padrona d’ogni angolo al primo accesso.
Parlava, parlava, raccontava di niente, e lui niente ricorda; quelle labbra muovevano l’aria intorno al solo scopo d’incanto. Le sue mani, farfalle d’un mattino d’estate s’attardavano, ora su un’asola, ora sciogliendo i suoi nastri, ipnotizzandogli lo sguardo arreso in quella danza spoglia da astuzie, a pensieri sciolti. Quanto era bella alla luce di quei suoi vaghi pensieri.
Cosa diceva? Che darebbe, ora, per ricordare una sola di quelle parole, per potersela seminare nella bocca, per far rinascere quelle carezze che pure ha dimenticato ma che lo torturano come un ricordo che si perde sulla punta della lingua e che, forse, riapparirà in un sogno, in una notte felice, devastante.
…la potenza dei ricordi, dei sorrisi, dei particolari che all’improvviso ti attraversano la mente e aprono squarci di vita dimenticata…
Un abbraccio, Francesca
Un abbraccio, Anna.
Sempre lusingata dai tuoi passaggi di lettura.
A volte ciò che si è perduto si apprezza solo quando non c’è più! Bellissima poesia
Ciao giuliana.