Corleone 6 Novembre 1975, da poco è iniziato il mio primo anno alle superiori, l’entusiamo delle nuove conoscenze, la mia Vespa bianca, e le ore di lezione passano veloci, una giornata come altre interrotta da un vocìo nei corridoi, poi le sirene prima quella della Polizia e poi l’ambulanza… arrivano le prime notizie… “dicono che si sono sentiti degli spari” … “c’è tanta gente in Piazza”… “era un mafioso?” “ma a chi hanno sparato” … “hanno sparato?” .., passano pochi minuti e si aprono i cancelli del Liceo ….una 127 bianca entra … è lo zio di Giuseppe uno dei nuovi compagni, terzo banco fila centrale, un ragazzo di 14 anni, magro, capelli neri, occhi sinceri, uno di quelli che poco partecipano al cazzeggio futile ed improduttivo della classe…
Giovanni, il bidello… detto u Zu Giuvà… bussa con discrezione, ha in mano un registro e lo porge alla Proff, che inizia a leggere con gli occhi e muovendo le labbra, è alla fine, guardando Giuseppe negli occhi sussurra “vai dal Preside…… Giuseppe ha capito tutto, i suoi occhi diventano lucidi e con estrema freddezza raccoglie quei pochi libri posti sul banco, il diario, la penna..e si allontana.
Il silenzio si taglia con il coltello… non solo Giuseppe ha capito, ma anche tutti noi …quelle sirene …
Di vista ci si conosce tutti in paese, e anche se in modo volutamente superficiale si sa tutto di tutti, sapevamo che il padre di Giuseppe era uno “Intisu” appellativo usato per dire che una persona è rispettata, cioè ha a che fare con la mafia, ma tutto questo per noi erano storie da film, racconti di un passato che non ci apparteneva e che pensavamo nella nostra spensieratezza di gioventù che mai e dico mai ci avesse toccato da vicino, tutti alla nostra età pensavamo di essere per fortuna rimasti immuni da certi avvenimenti che avevano vita solo nei racconti dei nostri Nonni che per noi erano il passato ..i vecchi …quelli che non ci potevano capire perché noi eravamo la nuova generazione, la generazione delle prime discoteche, delle prime pizzerie, delle prime radio libere …la nuova generazione che sarebbe stata la prima ad usufruire delle nuove tecnologie e della modernità.
Sapevamo di essere questa generazione, ma in un giorno abbiamo perso questa consapevolezza, in un minuto siamo ripiombati nel passato, ci siamo sentiti attori dei ricordi dei nostri nonni, dei loro racconti, di quando con voce bassa e premettendo sempre la frase “iu tu ricu ma tu unuriri a nessuno” (io te lo dico ma tu non dirlo a nessuno) parlavano di storie vere, di quando un mulo rubato veniva riportato con tre balle di fieni davanti la casa del derubato, e di quando qualcuno in cerca di riparo sicuro poiché braccato dalle forze dell’ordine o dai sicari, entrava dentro una “putia” (negozio) nascondendosi sotto il bancone o dentro una cesta …in un istante tutti quei racconti diventarono la nostra vita reale.
Presi coscienza di tutto questo e da quel giorno niente fu come prima, la spensieratezza sfrenata diventò controllata, l’aprirsi alla vità e la semi indipendenza di chi ha raggiunto il primo traguardo dei 14 anni divenne un peso, la scoperta di questa realtà crudele di cui si era ignoranti diede il vuoto, la solitudine, facendomi sentire, inerme ed indifeso… nella mente la voglia di capire, ma nello stesso tempo la paura di chiedere… la certezza che su questo argomento gli approfondimenti dovevano trovare risposta solo in te stesso e da autodidatta.
L’intervallo arrivò, uscimmo a flotta dalla classe, la curiosità e la voglia di sapere erano enormi, ci recammo in Piazza, e già da lontano si vedevano le divise dei poliziotti e i camici bianchi degli infermieri, e bianco era pure il lenzuolo posto a terra che ricopriva il corpo senza vita del padre di Giuseppe… Quel bianco che passo dopo passo metteva sempre più in vista quell’alone rosso del sangue uscito dal cuore, un rivolo di sangue misto ad acqua finiva nel tombino posto lungo la strada.
La mafia… c’è chi la fa, c’è chi la combatte e c’è chi la subisce.
Purtroppo, quelli che la subiscono sono il numero maggiore.
Subire, non necessariamente significa ricevere azioni dirette, pagare il pizzo, o essere vittime di un omicidio, subire, nella maggior parte dei casi, significa ricevere dei condizionamenti indiretti che ti segnano per la vita.
La penombra di una strada il cui manto ancora bagnato dalle prime piogge luccica alla luce dei nuovi lampioni da poco installati, strada deserta già alle prime ore della sera, a farti compagnia il ritmo delle ultime gocce che cadono nei pluviali di alluminio delle antiche case del corso principale. Il passo è veloce ed ogni tanto ci si volta indietro avendo cura di evitare gli incroci dei piccoli vicoli dove i prospetti a volte sembrano toccarsi.
Un’ombra o un rumore e il passo diventa corsa… e nella mente si costruisce un puzzle fatto di piccole frasi sentite per caso o dette e non dette… frasi lette dagli occhi preoccupati di chi ti vuole bene ed è inerme davanti l’inarrestabile crescita dell’indipendenza di un figlio.
Quegli occhi ti hanno detto… ascolta senza sentire, guarda senza vedere, parla e non dire niente, frasi che affiorano da sole nel momento in cui senti la paura di qualcosa che c’è e non vedi, frasi che ti portano a stare fermo per evitare di sbagliare senza aver sbagliato.
Si proprio così… la paura di sbagliare senza aver sbagliato. Questo è il condizionamento della mafia.
La paura non di una ritorsione per qualcosa che hai commesso, ma non capire più cosa è lecito e cosa non lo è che senza volerlo confonde realtà è finzione.
Bravo! lucido squarcio di storia e di vita di una terra bellissima che ha ancora tanto da darci e incantarci. Intanto bisogna prender coscienza che non tutti quanti nascono e vivono in Sicilia o in Calabria o in Campania ecc..Vi sono milioni di persone che nascono alle pendici di un monte, o su un fiume o magari su un lago. Vi sono comunità che nascono alle pendici delle alpi o del Kilimangiaro. Saluti…
il tuo testo ha catturato immediatamente la mia attenzione, ma non l’ho commentato subito, perchè volevo ben meditare su cosa scrivere.
mi ha colpito non solo per l’oggetto della narrazione, in sè sconvolgente, ma soprattutto perchè riesci a riportare il lettore alle sensazioni di un adolescente che si trova improvvisamente costretto a crescere e a confrontarsi con un qualcosa che sa che esiste, ma è al limite di sè e della sua vita personale.
un po’ come dire “io c’ero”.
il passo successivo è la presa di coscienza che da quel momento nulla sarà più uguale a prima.
è come essere saliti sulla cima di un monte e trovarsi sul discriminante: o di qua o di là, non vi è altra possibilità.
c’è nella vita di ognuno di noi il momento della scelta.
e quella scelta diventa una via senza ritorno.
e non importa, a mio giudizio, dove si sia nati o a quale cultura si appartenga, perchè essere uomini comporta sempre e dovunque scelte.
un testo coraggioso e meditativo.
ciao
Grazie ad Anna e a Salvatore, davvero non speravo in due commenti critici positivi.
L’essenza del mio racconto è proprio quella che avete descritto.
A volte però le scelte sono imposte e in questo caso specifico non si ha avuto la libertà di decidere quale strada del bivio percorrere.
L’arroganza e la ferocia di altre persone che per i propri interessi condizionano una comunità sono sempre deplorevoli e lasciano dei solchi profondi che hanno condizionato il resto delle scelte della vità di tante persone.
Angelo, il tuo racconto è così chiaro nella lettura che sembra di vedere un film, scrivi ogni particolare senza tralasciare nulla.
Mi hai riportato indietro nella storia di una terra troppo tempo violata, il nostro deve essere un impegno collettivo e consapevole, ricordando Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino e tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita per la nostra libertà e che vogliamo siano orgogliosi di noi. Ciao
sono contento di averti dato queste belle sensazioni
ciao Maria Grazia ….sei sempre gentilissima
Ora come ora non so dirvi quante volte ho letto questo racconto… rimango sempre incantata dinanzi a queste parole… forse per la loro efficacia e “importanza”.
Mi ha catturato subito l’attenzione perchè, pur abitando al nord, amo conoscere e soprattutto scoprire altri paesi. In modo particolare mi attrae moltissimo l’argomento: Questione meridionale-Mafia (per altro lo porto come argomento all’esame di maturità). Non faccio altro che (oltre alla scuola e volley) leggere libri che concernono questi argomenti, vedo tutti i film possibili e so di essere informatissima su quest’ambito. Nell’attesa di venire a visitare il Sud 😉 mando un caloroso saluto da Bergamo!
Eleonora.
Liceo Linguistico “Giovanni Falcone” BG