Sui gradini, potrei tenere un monologo
di quelli con i riflettori puntati addosso e
sette camicie da sudare – ma non importa –
perché tutti ti pendono dalle labbra e
aspettano solo una pausa
– la mia pausa – per respirare
Ho provato
a contarli un giorno
che ho perso le dita
dietro un cartone di vino
e inciampavo il fiato nelle caviglie
ma niente da fare
arrivavo a dieci e le vocali
tentavano il suicidio
sulle alzate di marmo
e puntualmente ci riuscivano.
Ed è inutile
– irrimediabilmente inutile –
tentare di ricorrere al corrimano: finirei
col guardare sotto
e guai a guardare sotto.
Un mio amico c’è rimasto secco,
gli porto ancora fiori ogni domenica.
E non crediate che io sia pazzo!
in quel caso indosserei una
camicia bianca doppiogiro
di lacci sul petto
Sono solo uno che ha perso l’asfalto
ed è soltanto un caso
che non sia stato per strada.
complimenti…questa poesia è molto bella e soprattutto profonda.A me fa veramente riflettere su ogni istante della mia vita….
è talmente autentica questa poesia che, alla fine, mi sento mancare anch’io il terreno da sotto i piedi, sconcertante come sensazione… complimenti, non è facile trasmettere con le parole uno stato d’animo così indefinibile.