Non posso aprire gli occhi. No, non posso. Non voglio. Non è possibile tornare alla realtà sapendo che non ci sei. Vorrei restare qui, nascosta nel caldo delle mie coperte e aspettare di morire.

Sono passati mesi e ancora sto male. Ricordo quel pomeriggio autunnale. Ricordo la tua bellezza, quella bellezza che dal primo momento mi aveva turbata, sconvolta, egoisticamente rapita. Non eri una persona normale. No, tu eri l’immagine della bellezza, del desiderio inconfessabile, della natura nella sua complessità. Goccia di rugiada proibita, irragiungibile ed evanescente. Invece io ti raggiunsi. Contavo i minuti. Quei minuti che mi separavano dal poterti sfiorare per avere la sicurezza che non fossi un sogno, e che potevo accarezzarti davvero. Aspettavo ansiosamente il momento di vederti, di interagire col tuo sguardo ipnotico, perfetto, cercato dal mio primo istante di vita. Eri il perfetto incrocio tra un sogno soffuso e una realtà che poteva sfuggire da un momento all’altro. Una manciata d’acqua nella mano tenuta a cucchiaio, che cade, non sai da dove ma lentemente se ne va, tornando dove era stata raccolta, e dispersa tra il resto. Sai che non potrai mai riaverla come pochi istanti prima.

Mi alzo e mi guardo allo specchio. Il mio viso è ancora giovane, temo il tempo ma cerco di non pensarci. Immagino come potrebbe essere la mia vecchiaia. La immagino con te, impalpabile ricordo dei giorni più belli della mia contorta esistenza. Mi risciaquo, getto la testa e comincio a pettinarmi fissandomi negli occhi riflessi nello specchio. Nella mia mente l’immagine di te che mi cammini accanto, sfuggente e io che tremo dentro per la paura di perderti in qualsiasi modo. Mi concentro sulla tua voce, come ho sempre fatto. Mentre mi parlavi pensavo a lei, e non a quello che dicevi. Annuivo a me stessa, non a quello che dicevi. Ti amavo. Amavo i tuoi movimenti, i tuoi gesti, le tue insicurezze e i tuoi dolci errori. Così come amavo il tuo corpo, il tuo visto, il tuo carattere incostante.

Mi vesto, è un’azione semplice che si rivela difficile indossando quella maglia che portavo nel momento in cui la tua testa era appoggiata alla mia spalla. Le immagini prendono spazio nella mia testa. Con te ero viva, presente, reale. Ora sono solo una copia incompleta di me stessa. Ti sei preso la parte più importante di me e te la sei tenuta senza scrupoli. Ti adoro, sublime desiderio. 

 

6 commenti su “Ti perdo nel dolore”
  1. Troppo bello questo racconto… mi rivedo in queste parole… un anno fà… un semplicissimo e cortissimo anno di dolore e di lacrime… l’amavo davvero… :(…

  2. Bella e triste, ma vedrai, sicuramente c’è gia’ un’altra bellezza che ti stara’ aspettando.
    Grazia

  3. grazie grazia!

    jessica… non sai io quanto lo amavo. ma scrivere questo mi ha aiutata!

  4. non ho parole… non servono credo… si sente il dolore nelle tue parole… immagino… posso immaginare… un abbraccio

  5. ciao siamo due sorelle, ci chiamiamo alessandra e antonella.. il tuo racconto ci ha veramente colpite e toccate profondamente perchè anche noi ci siamo trovate nella stessa situazione anni orsono… un calorosissimo abbraccio!!

  6. Ciao… immagino quello che provi… sono passati 6 mesi da quando io non vedo “il mio infinito”… sono a 1300 km lontano da lei e non so se la posso vedere mai… vivo in un altro paese… e il dolore più brutto del mondo… soffrire per amore…

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