Una telefonata in treno

Tento di risolvere un Rebus di Vivanet, uno dei suoi più difficili, pubblicato sulla settimana enigmistica. Il treno è l’ideale, per concentrarsi. Quel rumore ripetuto delle ruote sui giunti dei binari concilia la mente, e funziona bene per isolarti dal mondo. Ma… eccolo il ma: una rossocrinita artificiale col chewingum in bocca sta telefonando all’amica. Rigira la cicca fra lingua e denti e parla; quell’altra non capisce, ovvio. Lei alza la voce, e sputa mezze parole… addio Rebus. Mi addormento. Nel sonno ecco il premio: lo risolvo e salto sulla poltrona. Uno mi guarda storto, poi si guarda in giro. Il treno è così… gente strana, siamo.

 

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Il treno dei desideri

Sono su questo treno da una vita e mezza… sì, e mezza, perché questo modo di sognare la dilata, la vita. La prima fermata era quella del diploma, ma l’ho dovuta fare due volte questa sosta. Poi sono sceso a prendere la coincidenza: l’università. Un treno traballante, carrozze sfasciate, odore di tabacco e vino, puzzava di viaggi e rutti acidi. Arriviamo al primo albergo turistico… c’è una donna con me… saliamo sul prossimo treno con due figli… e poi via, mai più una sosta. Speriamo non deragli perché sta aumentando la velocità. Ma che fretta c’è di arrivare a fine corsa?
 

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Quel treno per Yuma

Aspettavo quel treno delle sette e quaranta e mi sentivo come Dan Evans che deve scortare il fuorilegge Ben Wade fino ad Yuma, sapendo che troverà ad attenderlo tutta la banda. La banda era la commissione d’esame che doveva giudicare la mia professionalità d’insegnante. Non era a Yuma, era a Milano, ed io ero solo, anzi in compagnia della mia paura. Ma dovevo farlo quel viaggio, per me e per Franca, e i miei figli. Dovevo solo distruggere la banda. E la distrussi, senza nemmeno tante difficoltà.
 

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Una vita sul treno

Milorad Vujovic è stato un grande giocatore di scacchi che viaggiava in treno, unico mezzo di locomozione che potesse portarlo in giro per i tornei italiani. Era vecchio, uno zingaro della scacchiera, e morì giocando in un torneo quando aveva settantacinque anni. Partiva dalla Croazia e veniva in Italia per un torneo da vincere, per campare: duecentomila lire, la posta. Mangiava panini, beveva acqua, dormiva sui treni in sosta e non pagava biglietto. Come fai, Milorad, gli chiesi una volta. E lui: controllore qui, io là, controllore là, io qui. Ho i suoi scacchi, come ricordo. La regina bianca è stata riparata da lui con la pasta adesiva della dentiera. Ciao Mitchko, ti vedo: stai giocando con gli angeli, li farai indiavolare!
 

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Il treno regionale

Il treno regionale è un treno parallelo ai treni così detti veri e propri. È un concentrato di mondo, di lingue, di genti diverse che viaggiano per i motivi più vari, scuola o lavoro, ma anche sport. È il mio caso, quando prendo la freccia della Versilia per andare a Viareggio per una gara di nuoto. C’è l’albanese col collo taurino che si addormenta stanco morto per aver lavorato dieci ore con malta e mattoni, la donna di colore che si toglie le scarpe, lo studente svampito, le badanti ciarliere. Due vecchi sposi si appoggiano l’uno sulla spalla dell’altra per un pisolino. Il controllore, compìto, sembra un alieno. Ti vien voglia di dirgli: scenda, prego. Non è il suo treno, non sente l’odore di vita?

 

8 commenti su “Viaggi in treno… in cinque righe”
  1. Il treno…. per certi versi affascinante. Luogo di riflessione, lettura, osservazione. Volti, sguardi, suoni, voci. Una pedana di vita.
    Un saluto.
    Sandra

  2. Vero Sandra… bella definizione di treno: una pedana di vita. Ciaociao, e grazie.

  3. Il treno e sopra tutto questo treno, colori di umanità varia quale siamo anche noi per gli altri,
    bei racconti mi sono piaciuti, complimenti!!!
    Saluti e a rileggersi
    EMA

  4. Vero Ema…l’ultimo è quello che è piaciuto più di tutti…anche a me…ciaociao e grazie. A rileggerci.

  5. Quel treno per YUMA… bello il film…
    sentimenti… e sensazione… le cose belle che paragoniamo alle nostre vite… e le sentiamo dentro… Mi piace Ricchezza di sentimenti. Ciao

  6. Grazie Azzurra… sì, mi sentivo come Dan Evans su quel treno per Yuma e la banda da affrontare era la commissione d’esame per il passaggio in ruolo come insegnante delle superiori. In tutti questi racconti c’è una parte di verità e una di fantasia… ma dici bene tu, la ricchezza dei sentimenti è il mio vizio… ciaociao.

  7. Il treno… Uno spaccato di vite che entrano ed escono dalla nostra.
    Il treno tradizionale mi spaventa sempre un po’ (viaggio solo su quelli ad alta velocità), perchè manca di asetticità.
    Non so perchè ma il cambiare cielo e incontrare l’umanità diversa mi porta a rivedere situazioni e sentimenti e non sempre sono disposta a farlo.

  8. Beh certo Anna che viaggiare su un treno, magari di notte e da soli (specialmente per una donna) crea sempre apprensione… ma anche girare di notte in quartieri strani di città sconosciute crea le stesse apprensioni. Se poi il treno è un regionale, la possibilità che ci si senta in ansia aumenta… se inoltre si parla d’igiene, allora la cosa si complica ulteriormente. Ma forse il bello del treno è proprio questo stato di precarietà… e poi il senso del viaggio e dei possibili incontri. Io in treno ho conosciuto anche gente di gran levatura… una volta un docente universitario francese che mi ha finalmente chiarito qual è il loro concetto di nazionalismo… ciaociao.

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