“Hai veramente esagerato” ho sussurrato piano.
La sera prima mi aveva suonato al pianoforte Chemin d’Amour, facendosi accompagnare dalla moglie.
“Sei tu che fraintendi” mormora.
Poi mi cinge teneramente i fianchi.
“Balla con me”…
Balla con me, professore.
Protendi le braccia al mio corpo, afferra i polsi e attraversami tutti gli strati interni. Dai movimento alle forme evidenti, piega le dita alle note, conta le sillabe dal principio alla fine dei nostri segnali nel tempo.
Guardami negli occhi come fai con la tua bimba innocente; buttami in alto festosa e gocciolami di miele e di fiabe. Continua a cantarmi una nenia ispirata al salmo gioioso di un fregio d’angeli, litania originale e compresa, di fronte alla mia ambizione impregnata del tuo ricettacolo.
Segui i quattro angoli della mattonella bianca e lasciati servire il passo sopra di me, al ritmo delle note condotte a colpo di reni. Accompagnami alla perdita cosciente caldeggiata dal tuo cerimoniere fallico e spingi la lancia rovente per la sua sorte, mentre il petto di porpora guida la mano alla raccolta dei fiori in generazione.
Libera la mente a immagine d’idea, espandi il mondo, innalzati, contorciti, ed esagera con la musica. L’abbandono nel cervello fluidifica gli elementi, ansima la sorgente e abbevera in comunione. Danziamo all’omofono tocco che accende il fuoco dei corpi cocenti, del piacere unto al sapore, prendimi tua Regina dei sensi intrisa del seme versato, come vedova nera nobilitata dalla tua speme viva.
Bersagliami in un raggio stretto con imperativo grave di sentimento. Sciogli i bucaneve sensuali in minuziosi sonetti e libera la feritoia dei sogni, nel volo libero dei cigni avvolto all’aureola di un fiatato bianco. Praticami uno spacco dal colore rosso e svincola il Minotauro dall’incantesimo confuso, risalendo la corrente spasimata della piega della coscia e assalimi, carico di senso, profumando l’onda vanesia dei miei capelli.
Sfiorami le labbra umide che definiscono la secrezione, abbeverati succhiando la bianca neve dei boccioli del seno. Balliamo in movimento ascendente, perché il tuo grano mi torni a divorare il gene. Avvinghiami con la mano serrata e stringiamo in abbraccio la lingua perché la linfa fuoriesca dai nostri corpi, mordimi la carne con le dita ruvide di pietra focaia e segna per sempre, il tuo marchio incandescente.
Lanciamoci in assenza di colpa in questo vortice di mutazione armonica, l’energia azzurra dei baci che si muovono a spirale per salire l’anello fasciato, sino alla percezione del nostro essere fisico e supremo. Batti la coda del pavone sul corpo nudo effimero e portami allo stato estremo ruotando gli occhi neri e gratificando tutti i sensi. Avvampa sospeso alla pista riardendo nel lusso delle nostre fiamme.
Abbandonati al Sentimento divorante che ti stringe e costringe depredandoti la vita e ti sorprende nella sua creazione originale. Legami stretta come un multicefalo con numerose braccia e gambe; l’onda lunga del mio piacere gettato nel tuo manto raggiunge punti oramai remoti, fino a lambire i nodi dei tumulti, liberati nei dintorni della pervinca.
Batti il tempo fino agli strati più alti del Sole, incenerisci la vista trafiggendo l’aria e i veli del tempo, strappa il sudario della mia lunga attesa e lecca il sacro cuore dell’Amore. Strappami come fossi l’ultimo tuo pasto ingombrante, col viso innanzi e la bocca possibile. Scoppiami a frequenze coordinate, assalimi di tutto in tua finezza, sconvolgi e avvolgiti del mio stesso Amore.
“Controllati” bisbiglia.
“Balla con me, professore. La musica non è finita”.
Un ballo avvolto nella sensualità di cui ti vesti, la cui immagine arriva fino ai miei occhi.
Ciao. Sandra
Ciao, passione corporea e libidica eccelse. Un linguaggio del corpo ludico e sapiente. Le lettere della tastiera diventano note dodecafone e raggiungono l’esosfera nella materializzazione delle forme e negli spasmi voluttuosi del soma primordiale. Vorrei tanto ammirare la tua scrittura sotto altre, eugualmente nobili questio. Kisssal…