Nella grande stanza faceva molto freddo. Il buio li aveva inghiottiti entrambi nell’aula deserta. Antonio non riusciva proprio a capire come si fosse ritrovato da solo con quella splendida ragazza che tutti dicevano che era la migliore del suo corso. L’occupazione del Liceo era ormai giunta al suo terzo giorno. Lei si chiamava Paola ed era minuta e ben proporzionata. Faceva la quarta mentre Antonio la seconda. Di punto in bianco, forse durante il secondo giorno si erano ritrovati a parlare di musica, fumo, astrologia e altre banalità. Era stato tutto così incredibilmente leggero e spontaneo. Sembrava che a lei piacesse parlare con lui e rideva, rideva così tanto che Antonio, non si era mai sentito così simpatico. Rideva di un riso leggero, aperto, vagamente sbarazzino. Vestita di stracci colorati, come quasi tutti lì dentro, conservava, in quella accozzaglia fricchettona anni 70’, un suo stile meno sciatto e più aggraziato, da ragazza di buona famiglia. Entrare in un aula, ritrovarla, accorgersi subito che lei lo guardava, gli suscitava una sensazione di benessere nuovo. Diventava intraprendente. Si sedeva vicino a lei. Così vicino che quasi poteva sentire il contatto dei corpi attraverso tutti quei maglioni. Lui aveva da poco compiuto 16 anni e nei momenti in cui stava con lei dimenticava anche il suo grande amore infelice, la ragazza che da mesi percorreva i suoi sogni, la ragazza che stava due banchi avanti a lui nella stessa seconda B. Che di certo non sarebbe mai venuta ad una occupazione scolastica. Che a scuola lo trattava male appena lui si avvicinava. Che di notte illuminava i suoi sogni, esaudendo finalmente tutto i suoi desideri, molto casti a dire il vero, per poi lasciarlo tramortito al risveglio a confrontarsi con quella realtà che si muoveva in direzione contraria. Per la prima volta aveva sperimentato la capacità di eliminare il mondo intorno a lui grazie a Paola. Quando lei entrava in un aula dove stava anche lui, i suoi sensi riprendevano vita, quando usciva si rabbuiava, ma a volte si ritrovava a intercettarla in qualche corridoio, fingendo che fosse lì per caso. Ma sembrava che neanche lei si trovasse lì per caso. Incontri casuali, eppure voluti. Allora cominciavano a parlare sempre più veloci, cazzate su cazzate nulla di più, sorprendendosi del fitto intreccio che raggiungevano le loro voci.
Le chitarre che malamente risuonavano nelle aule di vecchie canzoni di C,S,N, &Y si dissolvevano immancabilmente in quell’apparente sintonia che i due raggiungevano ogni volta. Lui non aveva più tempo per pensare. Era solo presente veloce. Così non avrebbe neanche immaginato di ritrovarsi solo con lei in un’aula deserta, quando la maggior parte degli occupanti avevano già lasciato l’edificio per tornare a dormire nelle loro comode case. Antonio che al posto di una casa dormiva in una stanza sgangherata presa in affitto da una vecchia signora con un naso da pinocchio bugiardo e la durezza tipica della gente del posto, aveva scelto di dormire a scuola. Adesso erano più soli che mai. Forse quell’aula li stava aspettando da tempo. Una fitta pioggerellina rifletteva le forti luci gialle che illuminavano la grande chiesa di San Pietro davanti il Liceo, proiettando nell’angolo dell’aula, dove la finestra era aperta, un arcobaleno multicolore. Un aurora magica che si spandeva solo per loro due. Ora Antonio sente il cuore sobbalzargli eccitato nel petto. Così emozionato che non riesce a parlare. Il giusto silenzio dopo tutto il diluvio di parole. Un sogno inaspettato e per questo ancora più carico di magia. Lentamente la ragazza si avvicina alla finestra, mentre lui è ancora fermo sulla soglia. Lei si gira appena e in un sussurro gli dice di chiudere la porta. Adesso sono sul davanzale della finestra e guardano la grande chiesa di fuori. Lei ha quel grande maglione rosso fatto a mano, mentre lui indossa ancora quella vecchia giacca di pelle trovata per cinquemila lire a Porta Portese. Restano ancora un po’ in silenzio ma intanto si fanno più vicini. Non c’è più bisogno di parole ormai. Le loro mani si sfiorano fino a rimanere strette in una morsa. I gesti di Antonio non sono mai stati così spontanei. Lentamente l’abbraccia e senza guardarla avvicina il viso a quello di lei. Non si è mai sentito tanto felice. Tutto si sviluppa al rallentatore come tutta la vita nel paese che li circonda che, ormai avvolto nel buio, ha da poco cominciato il suo lento sprofondare verso la notte.
Da fuori solo silenzio mentre da qualche angolo sperduto dell’edificio arriva ancora il suono di una chitarra. Voci sempre più lontane. Antonio ha ancora un po’ di paura. Anche se istintivamente sa bene quello che deve fare. Del resto il primo bacio della sua vita, per quanto ormai urgente, ha ancora bisogno di un po’ di tempo. Ma l’istinto ancestrale lavora per lui. Toccarla, Baciarla. Così si fa più audace e comincia a passare le mani su quel corpo minuto. Si sofferma sul seno. Lei non dice niente ma gli avvicina il viso alla bocca e sempre molto lentamente le loro labbra si uniscono. E’ solo un contatto superficiale, ma per Antonio è il paradiso. Come nelle canzonette dove l’amore è tutto e dove la prima volta è sempre un sogno che si realizza. Sente appena un pizzico della lingua di lei che gli scivola leggera sulle labbra umide mentre una voce interiore gli sta dicendo la cosa più bella che vorrebbe sentirsi dire sempre. Una voce sempre più forte, quasi prepotente che si diffonde in ogni parte del suo corpo. SI, LEI CI STA’. Un premio. Primo al traguardo. Adrenalina che scorre a fiumi Il primo bacio della sua vita, un calore immenso che lo avvolge. Il semplice contatto delle loro labbra così intenso da sfiancarlo. Ma il desiderio è troppo forte. Un bacio, un altro ancora. Sempre più intensi, sempre più duri che quasi si fanno male. Lui completamente inesperto. Lei che al contrario sembra molto più abile. Il mondo di fuori? Inutile accessorio da dimenticare. Eppure qualcosa interviene bruscamente proprio da quel mondo per pochi istanti sopito. Ed è proprio nel mezzo di un prolungato abbraccio che sentono una voce profonda dall’altro lato della stanza. Una voce dal tono fermo. E’ entrato un tizio enorme con una folta barba non curata. Mangiafuoco, ovvero il capo indiscusso dell’occupazione. Ora le luci sono accese. La voce che distrugge in un attimo il paradiso è più dura, perentoria. Paola a quel punto si riscuote.
“Hai capito quello che ha detto?”
“No, che m’importa” risponde Antonio.
“Vuole che usciamo da qui”
Lui è senza parole e senza fiato. Vorrebbe dire che è un’occupazione scolastica che è naturale che la gente ogni tanto abbia dei momenti di intimità. Non sono fatte anche per quello le occupazioni? Per conoscersi di più. Per far nascere nuove amicizie e perché no, nuovi amori.
Ma il momento magico è finito. Paola ha cambiato completamente il proprio umore, questo lui lo percepisce distintamente. Di nuovo la voce che li incalza. Lo squallore delle lampade al neon che distrugge definitivamente il sogno.
Che cosa gli stanno facendo? Perché infrangono in quel modo il momento più bello della sua vita? Ma Paola è già uscita dalla porta, ne sente ancora i passi leggeri e veloci che si perdono nel corridoio. Non ci capisce più niente Fermo, pietrificato, senza un pensiero coerente. No, non capisce, non avrebbe mai potuto capire. Poi alla fine si riscuote dal torpore ed esce. Adesso è solo nel corridoio deserto. Sembra proprio che siano andati via tutti. Anche lui vuole andare via, riprendere un po’ di fiato. Dopo tutta l’apnea prolungata vuole perdersi nell’aria fredda del paese ma qualcosa lo blocca all’improvviso. Sente un gran chiasso intorno a lui e si ritrova sbattuto per terra. Gli arrivano colpi da tutte le parti. Pugni e calci e il bello è che non prova neanche dolore. Riesce solo a capire che lo stanno picchiando mentre un pugno ben assestato lo centra proprio nel plesso solare togliendogli il respiro. Si piega in ginocchio mentre quei calci si fanno sempre più pesanti. Poi tutto finisce. Allora lo vede chiaramente. Un ragazzo più grande di lui dall’aspetto severo e militare l’ha appena picchiato con una rabbia quasi inumana. Davide, il bello della scuola.
Antonio non prova neanche rabbia, come sempre questa è l’ultima delle sue emozioni. Solo una profonda tristezza, un senso di squallore troppo grande che abbraccia l’intero universo chiuso dentro il suo stomaco dolorante
“Cerca solo di non avvicinarti più a Paola, non la devi nemmeno guardare, non ci devi neanche pensare! Hai capito bene testa di cazzo?”
Un debole si esce dalle labbra di Antonio, ormai completamente terrorizzato e in preda al panico, mentre una pioggia leggera ha cominciato a rigare le sue guance pallide.
Rimane così, fermo, immobile sul posto, aggredito senza motivo. Eppure un motivo doveva esserci. Una parola si insinua alla fine nella sua mente ottusa. GELOSIA. Altri passi pesanti nel corridoio. Di nuovo lo studente con la barba. Si avvicina ad Antonio, ritto nella sua imponenza, ma con una voce questa volta quasi affettuosa. “Fammi vedere la faccia“ ma Antonio non ha più una faccia da far vedere. Debolmente alza il viso verso di lui.
“Dai che non è niente“ dice Mangiafuoco
“Alzati e fatti una bella passeggiata, vedrai che domani avrai dimenticato tutto”. Antonio non risponde. Almeno per quella sera non avrebbe più parlato. Alla fine, sempre senza rendersene conto, accoglie l’invito del capo e si perde affranto nell’aria gelida della sera.
Paola è molto nervosa. Di solito quando torna a casa dopo l’occupazione riesce ancora a trovare un po’ di tempo per i libri. Ma questa volta non riesce proprio a calmarsi. Alla fine uno squillo del telefono. E’ Gloria, una sua amica. Anzi la sua amica del cuore. La voce dall’altro capo del filo è decisamente allegra.
“Mangiafuoco mi ha appena raccontato tutto. Lo sai cosa ha fatto Davide?” Gloria dalla voce fluente, calda che la riporta a tutte le cose più belle della sua vita. Un amica è proprio un tesoro in questi casi.
“Non si è limitato a dirne quattro a quel matto di Antonio….. l’ha ammazzato di colpi che quello quasi non riusciva ad alzarsi……”
“E Davide si è fatto male?……” le chiede Paola
“Ma scherzi? Quel deficiente non ha neanche reagito…”
“Allora mi vuole ancora bene….”
“Certo che ti vuole ancora bene…. sei sempre tu la sua ragazza….. con quell’altra è stata solo una stupida sbandata….. dai retta a me, vedrai che tra qualche giorno ti chiederà di uscire di nuovo….”
“Ne sei sicura? ….”
“Certo dai retta a me. Stasera era proprio infuriato. Certo che anche tu proprio con quel matto…….. dio lo stava veramente massacrando….”
“Bene allora aspetto…. guarda che di te mi fido”
“Si ma aspetta almeno la seconda uscita prima di dargliela di nuovo….. ricordati che si è comportato malissimo”
“Beh Gloria tu lo sai come la penso. Lui è così bello, le ragazze gli saltano addosso… è un uomo…”
“Già ed è ovvio che ogni tanto lui ci caschi. Ma ascolta questa volta ha passato veramente il segno. Non si è limitato a una scopata e via. Dicono che ci ha passato una notte intera a casa di quella troia…..”
“Forse questa volta ho veramente rischiato….”
“Dai è stata solo una sbandata, un po’ più forte delle altre. Ma tu, dai retta a me tienitela un po’ stretta almeno per le prime ore… dagli tutto…. ma non farci l’amore che non è creanza”
“Ci proverò….” Risponde Paola che finalmente ha ritrovato il buonumore
“Certo cazzo! La seconda uscita, mai la prima. Lo diceva anche nonna……”
“Si va bene, ok, dio come mi sento stanca…”
“Non ti fai nemmeno una traduzione di latino? prima di nanna?”
“Boh magari la faccio così per rilassarmi…..”
“Lo sai che sei veramente unica Paola….”
“In che senso?”
“Sei l’unica persona che conosco che prima di dormire traduce dal latino…”
“Già forse hai ragione…. ognuno del resto è fatto a modo suo…”
“Certo! Ed è anche per questo che ti voglio così bene…. viva la diversità”
“Già viva la diversità”
“E in culo alla balena, come diceva nonna, per il tuo prossimo incontro …certo magari ti chiama anche stasera….” Continua Gloria con la voce carica di sottintesi
“Speriamo. Buonanotte”
“Certo buonanotte piccola a domani”
“A domani”.
Una lampadina si accende sulla scrivania.
Gli Annali di Tacito sono al solito posto.
Un cuore riprende vita.
No che non lo ha perso a Davide.
Non lo ha mai perso, come dice Gloria.
Un nuovo entusiasmo d’amore illumina la stanza.
La stanza di Paola.
…la nonna, almeno la mia, suggeriva regole di comportamento molto, molto, molto più ferree…
però, leggendo il tuo racconto, sono tornata ai tempi del mio liceo, quando tutto era molto confuso, squarciato da bagliori di possibilità e illuminato dalla certezza che una delle cose che mi piaceva fare era rifugiarmi nella mia stanza e leggere i poeti latini e greci in santa pace, per conto mio e senza ripetere regole e paradigmi come voleva la mia insegnante di latino e greco.
poi per fortuna l’adolescenza è passata…
ciao
Leggo dopo tanto il tuo racconto, bravo, mi sono commossa, hai portato indietro cose dimenticate ma che erano nel cuore, grazie. Rina