Ridatemi la clessidra,
ridatemi una scheggia levigata
conficcata nel meriggio
che segni un’ora umana:
ridatemi la meridiana.
Ridatemi il mio tempo trafugato
e poi datemi un anfratto soleggiato
dove ogni cosa ripone.
Non amo l’orologio che il tempo m’impone
e ad ogni ora formula domande.
La risposta non c’è:
cerca il pittore sulla tavolozza
il colore che illumini la vita,
cerca il poeta il verso
e ormai non trova
che qualche esclamazione sbigottita.
Ridatemi uno stecco
da piantare contro il sole,
che allunghi un’ombra incerta che misuri
un tempo vano,
e mentre stai per cogliere la chiusa
al poema di una vita
vedi, la frase giusta è già sparita
infinitamente lontano.
Strappatemi quest’orologio che m’insegue
col suo tempo;
ora su ora
spietatamente m’inchioda
a questa corsa quotidiana.
Ridatemi la meridiana
che segna solo le ore soleggiate
e l’altre annulla
come le fermate dove nessuno sale mai.
Allora, perché insegui le strade
che il tempo cancella?
Son l’ore buie della meridiana
e la tua vita è proprio quella.
Vedi? Parli da solo e scrivi versi
in un inutile monologo di strade;
le ore son passate e la clessidra
rotta non raduna
i granelli di sabbia ormai dispersi.
Ma l’ore buie della meridiana
ritornano come ombre mal celate:
tu ricordi un giardino e una fontana
e l’acqua che non bevesti,
e mentre la memoria s’allontana
t’accorgi
che i tuoi giorni non son questi.
bellissima! complimenti.
Grazia