Colazione mattutina a casa Eugenio.
– Piove sempre sul bagnato! – esclamò Clara, addentando con tutta la forza dei suoi denti sani l’incolpevole mela che teneva in mano.
– Tesoro, dovresti sbucciare la frutta, o almeno lavarla, con tutti i veleni che ci spruzzano sopra… – osservò con dolcezza suo marito Eugenio, mentre imburrava una sottile fetta di pane nero appena tostato.
Clara guardò la mela riflettendo:
– Per questa volta ho bisogno di mordere qualcosa, perché Tea ha una fortuna sfacciata! Una cosa vergognosa, una fortuna con la C maiuscola!
Eugenio rifletteva: Tea aveva dieci anni più di Clara, non era bella, non aveva vivacità, intelligenza, la sua cultura era superata, anacronistica… Sì, aveva qualche soldino in più, ma…
La sua Claretta interruppe quei pensieri dicendo:
– Ricordi che ho comprato un biglietto della lotteria in città?
Eugenio annuì, speranzoso.
– Ricordi che ho comprato un biglietto a Milano, mentre andavamo in Svizzera dal nostro Roberto?
Eugenio pensò con nostalgia al figlio.
– Ricordi che ho comprato un biglietto a Roma, quando siamo andati al Parco Nazionale?
Eugenio ricordava, compresa la motivazione, che era soprattutto quella di capire qualcosa riguardo a quel periodo di amnesia che lui aveva avuto e della quale portava ancora qualche strascico.
– Ricordi i due biglietti comprati sulla bancarella di quel simpatico giovanotto che si guadagna il pane di fronte a Tiffany?
Eugenio ricordava il tunisino dai modi oltremodo garbati e ammalianti.
– Ebbene! “Io” non ho vinto neanche un premio di consolazione… mentre quella mostruosa di Tea ha vinto il terzo premio! Un pozzo di soldi, con un biglietto soltanto, comprato a Bologna, mentre era ospite del figlio!
Clara prese il tovagliolo e lo usò a mo’ di fazzoletto:
– Che rabbia, che nervi!
– Tesoro, i soldi non sono tutto nella vita…
– Ma sono già qualcosa! Io invece non ho nemmeno uno straccetto decente da mettermi! Sono nuda, nuda!
– Tesoro, tu hai un corpo statuario…
Lo sguardo di Clara bruciava anche a distanza, come gli specchi ustori di Archimede. Eugenio decise di dedicarsi all’ottimo cappuccino che minacciava di freddarsi. Clara continuava il suo sfogo:
– E non ha detto niente a nessuno fino a che non ha avuto i soldi sul suo conto personale, già grosso per l’eredità! E io che lecco la sarda per realizzare qualcosa!
Eugenio gettò uno sguardo sulla parte di tavolo davanti a Clara: salmone norvegese (da un po’ era diventata maniaca della Norvegia), caviale del Volga (“Una squisitezza!” assicurava) e frutti della passione. Eugenio decise che poteva permettersi un po’ di marmellata di mirtilli.
– Il bello è che – dopo lo sfogo Clara sembrava più calma – mi ha confessato tutto perché vuole compagnia per un viaggio a Fatima, per ringraziare! Andremmo in quattro…
La marmellata causò a Eugenio un accesso di tosse.
– Non preoccuparti, caro, pagherebbe tutto lei!
Eugenio terminò di bere il bicchiere di acqua fresca e si mise a riflettere. Clara gli chiese:
– Che c’è? Non vuoi accettare?
La mente di Eugenio sembrava fare “Mumble, mumble…”:
– Accetterò da lei soltanto un invito a pranzo a Fatima e partirò a condizione che sia tu a scegliere i voli e l’hotel. Puoi dirglielo: prendere o lasciare.
– Che nostalgia per quell’agenzia turistica che gestivo… Ok, caro, mi imporrò.

* * *

Fu abbastanza facile sopportare Tea che brontolava per i voli “low cost”, per il mancato taxi a Lisbona e per le “squallide trattorie” in cui fu portata a pranzare.
L’atmosfera di Fatima le fece effetto: ascoltò con attenzione la Messa (che per caso conoscesse il portoghese?), accese un grosso cero, respirò il senso di pace che aleggiava, inviò parecchie cartoline (a Eugenio toccò reperire i francobolli), poi avvertì un languorino e ci fece accomodare nel ristorante più appariscente che c’era.
Eugenio e Gianni ordinarono del baccalà, nutrendo ciascuno una speranza in fondo al cuore, Tea ordinò del pesce spada per sé e Clara. Quando non riconobbe il pesce per quello che lei consumava in Sicilia, voleva quasi litigare col ristoratore, poi Claretta le ricordò che si trovavano a Fatima e Tea concluse:
– Offrirò un fioretto alla Madonna…
– Che…!?! – esclamò Gianni, che non aveva mai udito parole mistiche pronunciate dalla consorte, e la osservò per un po’ tenendo la forchetta ferma a mezz’aria.
Durante il volo di ritorno, Gianni aveva poi confidato a Eugenio che Tea era un po’ strana: molte preghiere la sera, inginocchiata accanto al letto, altrettante al mattino, rivolta a est. Soltanto l’accenno alla colazione la faceva smettere.
Nella confortevole sala da pranzo dell’hotel, Tea guardava il suo piatto e mormorava: “Chissà quanti bimbi poveri stamani sono a digiuno!”
L’ultimo mattino osservò a lungo i tavoli del buffet ricoperti di ogni ben di Dio e disse: “Chissà quanti orfani stamani non mangiano! A me è passato l’appetito…”.
Intervenne Eugenio:
– Te…odora, se vuoi far penitenza, possiamo non mangiare a Roma, in attesa della coincidenza. Approfittane ora, finché sei in tempo.
Insomma, folgorata nella piazza di Fatima, Tea si tolse il vizio di mangiare. A detta di Gianni, al mattino prendeva un caffè e basta, alle dieci un frutto di stagione, a mezzodì quaranta grammi di pasta con olio e parmigiano. Alle cinque il tè senza biscotti e a sera un uovo alla coque. Il venerdì digiuno totale…
– Che dieta è? – chiedeva Gianni a Eugenio.
– Che dieta è? – ripeteva a pappagallo Eugenio a Clara.
Lei, che aveva sempre tutte le risposte, esclamò:
– La mia! “AD 1!”
Tea dimagriva: da ottanta chili a settantacinque, poi settanta, sessantacinque, sessanta…
A quel punto Gianni le diede l’alt:
– O riprendi a mangiare o ti lascio!
– Perderesti un sacco di soldi!
– Ma potrei cercarmi una moglie in carne! – ribatté Gianni.
Chi ha detto che con le buone maniere si ottiene tutto? Alle minacce di Gianni Tea riprese a mangiare, temendo un rigurgito della passione, mai sopita, di Gianni per Sandra (a proposito, sapete che poi questa si era lasciata col nobile spagnolo, in quanto lui era povero in canna e per giunta non tanto mascolino?).
Nel paese in cui i nostri protagonisti sventuratamente vivono, lo sport principale è farsi gli affari altrui. Così sul giornalino locale, “Il bisbiglio”, uscì lo scoop: “LA MARCHESINA TEODORA STA COSTRUENDO A PROPRIE SPESE UN OSPIZIO PER BAMBINI ORFANI”.
Clara avvertì l’amica:
– Dora, non ti basterà la vincita! Vuoi spendere tutta l’eredità?
– Sì, cara amica della mia infanzia, che dico, della mia vita: rinuncerò anche all’alta moda, vestirò di stracci, come San Francesco. Finalmente ho capito che cosa conta nella vita: terminerò quell’edificio e, quando lo vedrò pieno di orfanelli, potrò anche morire…
Clara, che era molto scettica sulle capacità degli amministratori locali, le rispose:
– Oh, ma allora camperai cent’anni!

3 pensiero su “Piove sempre sul bagnato”
  1. Sono gli stessi personaggi della “Cugina Argentina”… è un caso la scelta dei nomi oppure sono personaggi reali? …sono d’accordo con Sandra, racconto carino e dotato di una leggera ironia che non guasta anzi favorisce la lettura. Ciaociao

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