Non si andrà per un bel pò a scuola. Finalmente il mio papà è mio! Abbiamo lavorato abbastanza in questi giorni ed i muri del corridoio, che portano ai bagni e che portano anche dove stiamo noi, sono pieni dei nostri disegni lungo ambo le pareti. Semplici scene di vita di tutti i giorni e di tutti i colori. Fatti con la cera, con i pennarelli, plastilina, colla e lana colorata; luminosi e gioiosi.
Non è stato difficile per noi rappresentare ciò che vogliamo anzi, abbastanza facile e divertente. Le cose complicate non le capiamo ancora. Vorremmo un mondo grande grande e tanti bambini felici che si sostengono per mano; anche con quelli neri e poveri.
Finalmente la mia mamma è mia. Mi ascolta, mi accarezza, mi chiede se ho bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa e quale regalo desidero veramente. Io amo questo periodo, non tanto per me che sono grande, ho già quattro anni, ma per il mio fratellino Davide che ne ha due e mezzo. I nonni sono ancora più cari e premurosi e gli zii ci abbracciano forte forte. Finalmente la mia mamma è mia!
Ovviamente il messaggio non riguarda assolutamente Natale in sé. Riguarda un problema enorme a cui presto dedicherò un mio scritto. La società attuale è strutturata in modo tale che, per milioni di persone bisogna, per forza di cose, che lavorino entrambi i genitori per parecchie ore al giorno se si vuol campare. Escluso, ovviamente, i benestanti, i ricchi, i borghesi, i fortunati, i facoltosi ecc… Quest’assenza comporta l’abbandono parziale o prolungato che sia dei nostri bambini, degli uomini del futuro, delle prossime generazioni. Questo abbandono si ripercuote eccome sulla nostra società…
Caspita mi hai preceduta! Sono assolutamente daccordo e volevo commentare proprio questo aspetto che emerge chiaro nel tuo scritto: l’abbandono dei figli. I genitori lavorano e non hanno tempo per loro. E perchè lavorano? Per mantenere la bella casa, l’auto spaziosa di lusso (anzi due), il barbecue, il prato inglese e poter comprare ai figli i giochi tecnologici di ultima generazione. Gli stessi giochi che i poveri bambini guardano eccitati per non più di dieci minuti e poi si costringono a continuare a giocare semplicemente perchè non hanno altro! Che vergogna. Che società triste e miserrima. Io non ho figli ma credo che se un giorno ne avrò il mio tempo sarà per loro. Per dialogarci insieme. Per crescere e scoprire con loro. In una casa piccola e umile, con una modesta automobile e magari un orto da coltivare. Ma con amore. Sono stata cresciuta in una famiglia in cui mio padre lavorava e mia madre stava a casa facendo la sarta a tempo perso. Non si viveva nel lusso ma non ci è mai mancato nulla. Non discuto che i tempi siano cambiati, ma lo è anche la mentalità della gente. Siamo tutti invischiati dentro a questa spirale in cui se non si hanno determinate cose si è out. Bene. Io me ne tiro fuori. Mi fa orrore. Preferisco essere povera agli occhi del mondo dal momento che quello che la società considera come necessario, per me non lo è affatto. Non vuol essere un giudizio, il mio. E mi rendo conto che possono esserci situazioni con sfumature sottili e differenti. Mi auguro che nessuno consideri le mie parole come una generalizzazione. Semplicemente è il mio pensiero e l’esternazione di quella che è la mia scelta di vita.
Bravo Sal! Grazie per la riflessione e la possibilità che mi hai dato di esprimere un’opinione su un argomento che ritengo essenziale. Un abbraccio.
Un abbraccio a te Medeleine che denoti un una sensibilità tipica delle belle persone…
Io me la cavo col part-time, dalle 4 sono a completa disposizione di mia figlia, ma non basta il tempo. Ci vuole attenzione, ci vuole ascolto, ci vuole voglia di fare le cose insieme, ci vuole volgia di divertirsi insieme, di piangere e ridere insieme, di vivere davvero.
Non è facile, ma faccio del mio meglio.