Immaginate di essere fissati con la pesca.
Così tanto da desiderare, in un’altra vita, di vivere in una capanna a un metro dal mare, circondati di lenze e canne da pesca.
Immaginate anche di diventare, un giorno, genitore.
E di vivere aspettando che il proprio figlio cresca fino alla fatidica domanda : “Papà, mi porti a pesca?”
Il coronamento di un sogno, per voi.
Ebbene, nel caso specifico quest’uomo è mio padre.
E il figlio che spasmodicamente avrebbe dovuto fare tale domanda sarei io.
C’è un unico punto che stona in questa storia, finora molto legata a classici cliché Hollywoodiani.
Odio Pescare. Non ne sono capace, né mi attira in alcun modo tale pratica.
E quindi, contrariamente ai film, nei quali il figlio smania per lanciare lenza ed esca in acqua, ed il padre non se lo incula di striscio, l’iniziativa decise di prenderla mio padre.
“Domani ti svegli presto, SI VA A PESCA. Vedrai, ci si diverte un sacco”
Un bambino qualunque magari avrebbe fatto i salti di gioia.
Il me stesso di 8-9 anni accoglieva quella notizia con la stessa gioia con la quale reagiva alla frase:
“Togli i cartoni animati, comincia il telegiornale”
Inutile dire che l’esperienza fu tutto meno che avvincente, sbadigli dovuti alla levataccia, conditi da sbadigli per l’estremo disinteresse che nutrivo.
L’esperienza finì con mio padre che si dedicava ad entrambe le canne da pesca, divertendosi il doppio, ed io che mi appisolavo all’ombra, o me ne stavo seduto a fantasticare su qualsiasi cosa.
Un giorno però, di fronte ad una nuova “pescata”, arrivò l’illuminazione.
Portai con me un libro.
Non ricordo quale, ma ricordo che passai il tempo seduto sull’erba, all’ombra, divorando pagine su pagine.
Silenzio, aria fresca e nulla da fare.
Non sarebbe esistito posto più indicato per la lettura.
E fu così che, alle annuali “pescate aziendali” (che già dal nome sanno di Fantozziano, lo ammetto), o alle semplici “pescate padre-figlio”, facevo conoscenza, anziché con trote, carpe e pesci di qualsiasi genere, con scrittori come Jules Verne, Herman Melville, Jack London.
Il giro del mondo in 80 giorni, 20000 leghe sotto i mari, Zanna Bianca, Moby Dick.
Phileas Fogg, il capitano Nemo, il Guercio, il capitano Achab divennero compagni nelle mie uscite di pesca.
Pian piano, il divertimento paterno diventò, seppure in maniera alquanto sui generis, anche mio.
Imparai ad amare i laghi artificiali, i greti dei fiumi e ogni altro luogo in cui potesse vivere un pesce.
Ma senza il minimo desiderio di pescarlo.
Condivido il tuo pensiero.
Raccontino molto carino.
Ciao.
Sandra