Ti avrei insegnato i sentieri
che si arrampicano
per le pendici dure del Vesuvio,
tra le radure fitte della macchia
dove s’inerpica solida la lava
tra le colonne nude di lentisco e leccio
erette a nido dello sparviero,
a scuro nascondiglio della donnola.
E tu saresti qui stato felice
di trasformarti in lepre, veloce
come il suono avresti percorso
fianchi gabbri, scoscesi, galoppanti
a vallate odorose di mirto,
ai calcarei anfratti del timo.
Saremmo stati fioritura di
agrumi nelle verdi primavere,
estive spighe sature di sole,
autunni profumati di castagne,
magie bianche di neve sui faggi.
Avidi di immenso
ci saremmo offerti
all’abbraccio delle maree
tra i gridi selvaggi dei gabbiani.
Saremmo stati terra resa felix
dal chiarore di vergini sorgive,
dalla purezza del fuoco degli dei.
Saremmo stati …
Noi tradì questa terra tradita,
maltrattata e deserta,
dai fuochi bruciata che non furono divini,
ma frutto di umana cupidigia.
Ora mi chiedo cosa hanno fatto,
mia terra, i signori del potere
dei tuoi capelli dorati di spighe,
degli occhi tuoi azzurri di mare,
di quel tuo alito odoroso
al quale respiravano gli ulivi?
Cosa ne è stato dei Regi tuoi Lagni
divenuti paludi di veleno,
degli ameni tuoi pascoli ora stanchi
dove nasce l’agnello claudicante?
Rigogliosi di tuberi i tuoi campi,
dalla piovosa terra partoriti,
cisterne sono fetide di morte.
Ora lo sguardo dissuade l’aspetto
di macilenti arbusti sul ciglio
come Kenosis svuotati in piante
seccate di avvizzita boscaglia.
Ora s’alza come triste lamento
la voce del poeta e monotona
canta la tua bellezza sfregiata.
La bellezza sfregiata…. possa la vergogna di tanti coloro padroni del potere hanno oltraggiato, possa la notte essere un letto di spine per ricordare vergogna a chi al denaro ha ossequiato e osannato la propria vita.
Col cuore.
Sandra
Bellissima la voce malinconica e triste del poeta che canta la bellezza di una terra negata nel suo paesaggio oltraggiato.
Un saluto, Lucia