Bellezza e sofferenza

Il gigantesco ippocastano era caduto, e giaceva con il tronco appoggiato sul bordo dell’aiuola di rose. Le grosse radici avevano sollevato l’asfalto; il vento aveva avuto buon gioco investendo quella grande fronda. Ora il possente albero era lì, maestoso, quasi regale. Avvertii un legame fra quelle radici che avevano vissuto per cento anni e più sotto terra, lottando e soffrendo per trovare uno spazio, e la bellezza dell’ippocastano. Bellezza e sofferenza, quello avvertivo.

 

Departure

Siamo entrati nel cimitero di Montichiari per assistere alla tumulazione di Santina, conosciuta anni fa in casa di amici. È morta a Milano, dove abitava, ma è qui che è nata. Mentre il prete officiante dice le ultime parole di commiato e la bara sta per entrare nel loculo, sento una musica che commuove. Un violoncellista assai bravo, d’origine polacca, sta suonando Departure, dal film omonimo. Emozionante, diverso, bel modo di dire addio. La bellezza della musica nella tragedia della morte.

 

Bellezza e saggezza

Un vecchio saggio gli aveva confidato una sua massima, in punto di morte, ed ora spettava a lui verificarla. A grandi linee la massima recitava: “Le cose dell’universo, dalle più semplici a quelle più complesse, contengono la bellezza dell’aggregazione. Un atomo che non si associa non è niente, in sé. Nella bellezza c’è la gioia, e la gioia è l’ambasciatrice della felicità”. Il giorno che vide una viola del pensiero sbocciare tra le crepe di un muro, capì.

 

Amore fraterno

È una storia commovente, questa, quindi molto bella. Conner e Cayden sono due ragazzi americani, fratelli nel duplice senso della parola: umano e biologico. Cayden ha una grave malattia e non può camminare. Conner decide di portarlo con sé nelle sue gare di Triathlon. Nel percorso di nuoto lo trascina, legandosi alla vita un gommone sul quale c’è Cayden. Guardo la smorfia del tuo viso, Conner, nello sforzo della bracciata, e non posso far altro che pensare: quanto sei bello, quanta bellezza c’è nel tuo amore fraterno.

 

Nuoto a farfalla

Carlo Cioni, pisano di Pontedera, ex dipendente della Piaggio, è un campione master di nuoto. La sua specialità è lo stile farfalla, che esegue con tecnica sopraffina. Nella sua categoria, Master over 60, vince parecchie gare, sia nei cinquanta che nei cento metri. Cioni è un bell’uomo, alto, corporatura robusta, capello ancora nero e liscio. Il suo tuffo alla partenza è particolare: infatti il campione ha solo una gamba. Guardarlo è una bellezza. Perché? Perché è un uomo vero, direbbe Dostoevskij.

 

Gli occhi della mamma di Filippo

Filippo è un ragazzo di tredici anni, che si allena in piscina con me. Lui però fa gare riservate ai diversamente abili. Si muove su una carrozzella e, bello com’è, con quegli occhi neri ed i capelli ricci, sembra un cibernauta. La mamma ha degli occhi profondi, neri e belli come quelli del figlio ma con un lampo di dolore, dentro. Guarda me, guarda suo figlio che mi parla, e sorride, amaramente. Ho saputo che domenica Filippo ha vinto una gara, a Milano. Chissà la mamma, quando lo avrà visto sul podio. I suoi occhi saranno diventati ancor più belli, forse più di quelli di Filippo, se mai sia possibile.

 

Ci vogliono occhi

La bellezza sta dappertutto. Ci vogliono occhi allenati per saperla vedere. Una donna è sempre bella, c’è in lei qualcosa di magico che la rende degna di incanto, in qualunque caso. Forse perché è portatrice della vita. Chi non sente questo incantesimo è un uomo che vive in un mondo parallelo, oppure è morto. La bellezza è quella che Renoir sapeva vedere nella natura, in un piccolo campo dietro casa, nel ruscello serpeggiante, in una ferrovia dismessa. Ci vogliono occhi per vedere la bellezza delle cose: tutto qui.

 

Vedo solo bellezza

Mi alzo. Ho fatto pure un sogno, non posso dire fosse granché e fuori c’è nebbia, ma il caffè è buono, anzi speciale. Apro gli occhi al mondo; esco col cane e cosa vedo? Bellezza… sono circondato, tutto è bello, mi sento bello anch’io, il che è tutto dire. È una lotta impari: sono solo e immerso nella bellezza delle cose; se viene un raggio di sole mi metterò a piangere di commozione.
Sono stato al funerale del mio amico Vittorino, ieri. La figlia era una maschera di dolore ed io l’ho vista bella. Tutto era bello, anche la sofferenza genuina, come se non potesse esserci altro, al mondo.

3 commenti su “Otto bellezze… in cinque righe”
  1. Otto graffi di bellezza vista con gli occhi anche di un cieco, perché la vera bellezza è palpabile, prende tutti i sensi, la si odora, la si tocca con l’anima; appurare tutto questo non è solo una salvezza ma, fa parte di quella sensazione rara, particolare e di breve durata che si chiama “felicità”.
    Ben tornato, marinaio!
    Sandra

  2. Eccomi di ritorno… purtroppo è affondata la mia barca e la sto restaurando. Il recupero è stato difficile. Grazie Sandra ed Anna per i bei commenti… Buon Natale. Passerò a leggervi. holahola.

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