Stava per andare a letto. Un silenzio notturno avvolgeva la casa. Con la mano afferrò leggermente il lembo della coperta affinchè il corpo stanco potesse giacere in quel letto solitario che odorava di bucato e che attendeva solo Lei. Ad un tratto, prima di entrare, sentì alle spalle un calore insolito, qualcosa di caldo e di soffice le coprì il corpo chiuso nella camicia di mussola. Dania non si rendeva conto che cosa potesse essere. Lo specchio, di fronte, le rimandava l’immagine di sempre, una donna ancora giovane, minuta, dai lineamenti dolci e delicati, stanca e spettinata.
Eppure quel calore le dava un’energia che cinque minuti prima non aveva; la cosa la spaventò. Se avesse dovuto descrivere che indumento fosse quello che sembrava cingerle le spalle, avrebbe potuto definirlo un mantello di soffice velluto, qualcosa di scuro, forse il nero, con un gran fiocco di raso che le stringeva la gola, quasi a farle mancare il respiro. Però era piacevole e le dava dei brividi che certo non erano di freddo ma assomigliavano molto a certi preliminari di un tempo forse non lontano, ma non più praticati, anzi, dimenticati. Con una scossa di spalle, finì di aprire il letto ed entrò tirando su le coperte quasi a coprirne la testa. Non voleva ricordare niente, adesso era solo uno strumento adatto solo al lavoro, fuori e dentro casa.
Dentro il letto, le cose peggiorarono o migliorarono, a seconda dei punti di vista. Il calore del mantello adesso l’avvolgeva tutta, dalla testa ai piedi, niente escluso. Pensò di prendere una pillola per dormire, tanto, l’indomani avrebbe potuto rimanere lì anche fino a mezzogiorno; niente lavoro. Non riuscì ad alzarsi, una forza sconosciuta la faceva rimanere immobile. A quel punto, si arrese. Restò immobile nel letto, e lascìò andare il suo corpo libero verso quel calore conosciuto, accantonato, mai dimenticato. Sognò, desiderò e amò. Il sole del mattino non vide il suo risveglio, scaldò un corpo ormai freddo.
Dissero tante cose. Che il suo volto era sereno, che se ne era andata nel sonno, che era nel suo letto con la camicia di mussola e trina e che l’unica cosa strana…, chissà perchè, in una notte calda di metà maggio, dentro il letto, il suo corpo fosse avvolto, da un mantello di velluto nero, legato da un nastro di raso al collo, come un’antica dama pronta per un incontro galante col suo uomo, quell’uomo che aveva lasciato questa terra da ormai cinque anni.
La vita reale, il dramma di tanta gente vissuto con naturalezza, come in una favola. Ottima la tenerezza nel raccontare una tragedia.
Bella e commovente….. e lascìò andare il suo corpo libero verso quel calore conosciuto, accantonato, mai dimenticato. Questa è la frase che preferisco…. molto bella.
Grazia
Che bello. Complimenti, tanti complimenti.
La ragazza muore ma è proprio attraverso questo passaggio che brilla di vita, di amore, di poetica fragilità e sicurezza di ritrovare ciò che conosce bene e che anela.
Sono senza parole.
un amore per sempre, quello cui tutti anelano e pochi raggiungono…..
Fare il gran salto in compagnia di Amore: quale suggestione, quanta dolcezza nel tuo esporre!
Il racconto evoca immagini evanescenti, figure senza peso, colori flebili e sbiaditi, insomma i contorni di un sogno, di una visione.
Mente feconda ed assoluto talento nell’esporre:
Sandra cara, hai quel che serve per emergere come scrittrice e lasciare orme profonde. Ciao.
Figure senza peso é una frase che ti ruberò.
Grazie, Ignazio.
Sandra