Cristian mi dice, timido: “Domani ti chiamo io…”. Io gli sorrido contenta, esultando con un “ok!”. Mi si avvicina: è un po’ più alto di me, con i capelli neri, corti e ricci,  terribilmente dolce e carino.
Camminiamo per le vie del mio piccolo paese, alla periferia di Verona; gli metto un braccio intorno alla schiena, ma lui sembra non farci caso. A un tratto me lo ritrovo davanti, con gli occhi lucidi, pieni d’espressione che parlavano da sè: mi prende la testa tra le sue mani calde e davanti a casa mia mi bacia.
“Ti amo, Anna…”.
Chiudo gli occhi e sento di non poter più fare a meno di lui. Non avevo mai immaginato che quel ragazzo così timido che faceva l’asilo con me fosse capace all’età di 16 anni di essere così maledettamente… fantastico.
Sembrava durare ore, forse giorni quella strana sensazione che non avevo mai provato; la sensazione di essere amata da qualcuno, di essere desiderata con tutta l’anima…

Il telefono squillò per la terza volta quella mattina. “Ma che diamine! Nemmeno il primo dell’anno si può dormire in pace!” mentre mia madre si affrettava a rispondere. Alla fine della sua conversazione, mi alzai in fretta, staccai il telefono e me ne tornai a dormire. Poco più tardi fece capolino nella mia stanza mia madre: “Sono le nove e mezzaaaa!”, alzò la tapparella e si ritirò in cucina a preparare il latte.
Nel tepore del mio letto pensavo a quello che avevo sognato: Cristian che mi baciava? Ma è… inaudito!! Lo dice persino Max Pezzali che “se sei amico di una donna non ci combinerai mai niente” con la sua “regola dell’amico”!
Beh, perlomeno quella notte non avevo sognato ET che mi portava sul suo pianeta, o la guerra in Vietnam nella quale io ero la “Rambo” della situazione, con tre proiettili piantati nella gamba. Sì, ho fatto sogni peggiori, decisamente. Stiracchiai ogni muscolo del mio corpo, cercando di ricordare cosa avevo fatto poche ore prima. Ero andata alla festa di una mia amica con altri amici: avevo rincontrato Carlo dopo anni che non lo vedevo, avevamo giocato a “dubito”, flirtato con Andrea e… ah già, l’Artic alla mela verde!! Immensamente buono ed abbastanza forte per un’astemia come me.
Decisi di mettere in moto i miei arti inferiori, balzando su due piedi giù dal letto. Mi avvicinai alla finestra e mi trovai curiosamente osservata dal mio gatto che, seduto sotto l’olivo in giardino, ruotava la testa a destra e a sinistra con un’aria curiosa. Mi limitai a fare dietrofront per andare in cucina. Il latte fumava sul tavolo: ci misi un’abbondante dose di Nesquik e un po’ di zucchero, mentre alla tv mi godevo uno speciale su Laura Pausini, l’indiscutibile regina del pop-rock, la colonna sonora della mia vita. Mentre facevo colazione, mi arrivarono una decina di sms di buon anno; era confortante sapere che almeno il 12% della mia rubrica mi aveva pensata proprio l’ultimo giorno dell’anno.

Uscì per andare a fare la spesa con il mio solito e instancabile abbigliamento casual: jeans, t-shirt e felpa. Adriano, o lo zio Adry, era il proprietario del negozio di alimentari proprio dietro casa mia; lo chiamavo zio perchè ha sempre fatto parte della mia vita, molto più delle sorelle di mio padre! Dettagli.
Fuori faceva freddino, solo 2 gradi! Corsi veloce in bottega e presi i fazzoletti tempo (per la mamma raffreddata), le fette biscottate e “i soliti 2 panini”, che lo zio si preoccupava di mettermi accuratamente da parte. Corsi a casa, mi barricai in camera mia prima che la mamma potesse rifilarmi altri compiti e accesi il pc. Speravo di trovare molte mail di auguri, ma tutto quel che trovai era la lettera della mia ex prof d’italiano del biennio alle superiori, la mitica prof.ssa Bernini. Lessi quelle poche righe piene dell’amicizia che c’era ormai tra noi e mi toccarono il cuore. Le risposi, e mentre attendevo che si caricasse la pagina aggiornata (chi non ha l’ADSL sa cosa significa “aspettare”!) mi sfuggì un’occhiata verso la finestra: nevicava. Fiocchi grossi quasi come ciliege scendevano dolci e fitti sul mio giardino, sulla strada e sul mio gatto nero ormai bianco, che sgambettava al riparo. Decisamente quella era una giornata diversa. Decisi allora di mandare un messaggio a Cristian dicendogli che stranamente l’avevo sognato, senza però svuotare il sacco sul come l’avevo sognato. Nelle due ore successive non ricevetti risposta e ormai si era fatto mezzogiorno. Mi scaldai in una teglia uno spiedino targato Aia, di quelli con tacchino, wurstel e salsiccia. Non ero una ragazza che si tirava indietro di fronte a queste leccornie solo per la linea, anzi: non c’era bontà a cui opponessi resistenza! Strano a dirsi, per una sedicenne di 47 chili per 160 cm, piccola e compatta.
Dopo mangiato, mi distesi sul mio letto per leggere il libro di Lauren Weinstengen, “Il diavolo veste Prada”, semplicemente magnifico. Non riuscivo a leggere, continuavo ad avere dei flash sul mio sogno. Cristian. Io. Cristian. Driiing! Un nuovo sms! Chiusi gli occhi mentre pigiavo i tasti del telefono per leggere il messaggio. Gli aprii lentamente e scorsi il nome: Cri cel. Mi venne un tuffo al cuore, e un gran senso di colpa di avergli mandato quel messaggio; “cosa penserà ora?! Stupida che non sono altro!”. Lessi il messaggio. Decisi di dargli appuntamento il pomeriggio stesso sullo Stradon, il punto di ritrovo dei giovani Romagnanesi.

Erano le 8:30 e come ad ogni appuntamento ero puntuale come il mio orologio svizzero. Lui non era ancora arrivato, perciò mi sedetti sul muretto del vialetto. Era già buio, si vedevano le luci della città che scintillavano a 20 km di distanza. L’unico lampione dello Stradon (“stradaccia”) era proiettato su di me, e questo mi faceva sentire terribilmente sola. Mi accesi una delle mie Marlboro Light e inspirai profondamente dalla sigaretta: ”Calmati, è tutto ok.”, anche se il vento era sempre più pungente.
Erano già passati 30 minuti buoni e, si sà, per alcuni la puntualità è un optional. Pensai che avevo fatto una sciocchezza, in fondo era un semplice e misero sogno. Ma ecco che in fondo alla via apparve una sagoma; una figura ben definita, alta sull’1.72, capelli corti, con un giubbino della North Sails si materializzò di fronte a me. “Ciao! Come mai hai voluto vedermi?” mi chiese quel bendiddio di pezzo di ragazzo.
“Cristian!! Ciao!! Ehm… sai, stanotte sei venuto a far visita nei miei sogni e, beh ecco, volevo raccontarti come sei, ehm… intervenuto!!… chiacchieriamo! Tutto qui!”.
“Ah, già! Racconta! Che ho fatto?! Ero un personaggio famoso o qualcosa del genere??” mi rispose. Aveva gli occhi blu che scintillavano alla luce del lampione. Rimasi abbagliata dal suo chiarore.
“Oh si appunto… no ecco vedi, hai fatto qualcosa di peggio…” rammentai con timidezza.
“Ero forse un capomafia?? Un boss??”
“Mi hai baciata sotto casa.” dissi, speranzosa in una sua buona reazione.
Silenzio.
Io scoppiai in una risata, lui impassibile.
Ad un tratto mi guardò confuso. Eravamo amici dall’asilo: gli avevo insegnato ad allacciarsi le scarpe, l’avevo tirato dentro al gruppo, l’avevo spronato ad abbattere la sua timidezza e lui mi aveva insegnato cos’era veramente l’amicizia.
“Scusa, devo tornare a casa” e si congedò.
Rimasi allibita a quelle sue parole. Confesso che mi aspettavo una reazione diversa del tipo “Sono innamorato di te da sempre”, ma invece… invece ero un’idiota! Mi ritrovavo su una piccola via (ma la più grande del paese) seduta su un’umile muretto a fissare il vuoto, guardando i miei sogni sfuggirmi dalle mani. Ormai lui si era già allontanato, quelle parole erano bastate a farlo fuggire. Spensi la mia ultima sigaretta, guardai per l’ultima volta la città, il cielo luccicante e me ne tornai a casa.

Nel bel mezzo della notte mi svegliai con il cuore che batteva a mille. Questa volta il sogno era più fantascientifico, vale a dire normale, secondo il mio standard. Feci per girarmi su un fianco quando il telefono prese a vibrare: chi poteva essere all’una di notte che cercava ME? Questa si che è fantascienza! Risposi.
“Anna. Mi dispiace. Sono uno stronzo. Solo che… io… non sapevo come dirtelo… ma pure io ti ho sognata qualche settimana fa… io… non so… è perchè… io…”. Era Cristian con la sua “amica” timidezza. Era lui quel bambino che ho sempre conosciuto.
“Sono sotto la tua finestra… puoi aprirmi?” chiese speranzoso, soprattutto perchè fuori c’era piuttosto freddo.
Aprii la finestra, alzai la tapparella e lo sorpresi di fronte a me con il sorriso brillante, splendido, il telefono poggiato all’orecchio e le labbra rosse dal freddo.
“Scusa… dormivi?”.
“Non riuscivo…”.
Stop.
“Volevo dirti che… beh ecco…”.
“Anch’io ti amo, Cristian…”. Si avvicinò, mi baciò delicatamente toccandomi leggermente il viso per non congelarmi le guance.
Lo feci entrare prima in camera mia, poi nel mio letto…

Anna Tommasi

 

11 commenti su “Il futuro è nei tuoi sogni”
  1. Continua così Anna…hai davvero una bella penna!
    Ciao Elisa

  2. ehi non credevo l’avessero pubblicato!!!!! ahah!!!! beh grazie Elisa!!! leggi anche UN AMORE GIA’ SEGNATO!!!
    Anna

  3. ciao!! caspita…. bellissima storia!!! continua così, sei veramente brava.. CoMpLiMeNtI!!! 😉 baci baci

  4. veramente bello…
    mi hai fatto sognare leggendo questa storia… bella bella complimenti

  5. bellissima storia complimenti, scrivi benissimo. Continua così, 6 grande!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  6. Ehi ma graaaazie!!! Cmq..grande?? Easgerata! Sono 160cm! :p ciao! =)

  7. Ciao *Anna*… Mi kiamo Lara e vengo da Roma. Stavo gironzolando su internet e il “destino”, kiamiamolo così, ha voluto ke incontrassi i tuoi meravigliosi racconti. Ti dico ke non sono solita a leggere… Anzi… lo so, non è bello… 😉 Ma i tuoi racconti mi hanno tenuta con il fiato sospeso. Sei davvero in gamba… E la tua scrittura è scorrevole e appassionante.!!!
    anke io ti dico solo… Continua così…!
    Ciao futura scrittrice di successo…
    *…Lara….*

  8. Ciao Lara…io pesno che questo sia uno dei più bei commenti che abbia mai ricevuto! Se devo essere sincera fino in fondo devo dire che l’ho pure stampato…e me lo sono appiccicata sul diario!!! =) grazie!

    P.S.: Ehi, io ho parenti lì a Roma!!! E’ una città bellissima!! Ciao!

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