Ok ragazzi, mi avete fatto una testa incredibile, avete vinto, vi racconto la vera storia di papà e mamma, si la maggior parte delle cose che vi hanno detto sono vere, quei professori che ancora parlano di una storia d’amore di oltre 20 anni fa ai vostri amici non hanno inventato nulla.

Ma forse è più giusto che ve la racconti io, e soprattutto che vi dica tutta la verità, per esempio alcune date sono sbagliate ed altre sconosciute.

Erano gli inizi degli anni novanta, patentato ed automunito, una Mitsubishi Pajero nuova fiammante dotata di radio e lettore cassette Sony. (sì erano cassette, i cd non erano molto diffusi, il resto come ipod e altro era ancora da inventare).

Giorni felici e sempre circondato da amici, finito per la seconda volta il quarto ragioneria, promosso a giugno, fu un estate da paura, io e Luca (il vostro Zio Luca) sempre insieme, rotte indefinite, finestrini giù, Pezzali alla radio e vento in faccia.

Si spaziava tra Teramo, Roseto e Pineto, dove si cazzeggiava interi pomeriggi con Marco Ciarcelluti e Tino Del Rocino, si quel Tino “fighetto” che ha il negozio di scarpe in centro a Pineto, sempre stato bello lui, infatti noi sfruttavamo parecchio il suo fascino ahahahah.

Settembre non sai mai se è il mese delle vacanze o della scuola, e la confusione smette quando decidi che è vacanza tutto il mese, raccontando a casa che i primi 15 giorni non si fa nulla.

I pomeriggi di Settembre sono sempre i più belli, chissà perché, forse per il fatto che ripartono i turisti e restano le vecchie glorie. Sempre i soliti, seduti sul muretto della Villa comunale di Pineto a ridere e scherzare, ripercorrendo in un pomeriggio un’intera stagione a contare gli innumerevoli “due di picche” rimediati.

Si ma erano “due di picche” spesso voluti, non eravamo dei veri e propri latin lover, ci piaceva sapere di averle conquistate, poi preferivamo altro, nuovi stimoli, cambiare prede, e sfrecciare fino al primo autogrill tra Roseto e Giulianova per comprare le sigarette.

Non avevamo telefonini, niente whatsapp e tantomeno social network, ci si incontrava lì al solito posto e le telefonate avvenivano dai fissi di casa, affrontando spesso ire indecifrabili di genitori o nonni imbestialiti per l’orario della chiamata.

Eppure ci incontravamo lo stesso, senza appuntamenti e programmazione, solo andando nei nostri posti, e comunicavamo per mezzo della parola, si avevamo i nostri segnali ma il resto lo dicevamo quasi tutto a voce, senza messaggini o note vocali.

Lo so che devo passare al dunque e parlare della nostra storia, ma credo sia  importante capire il contesto in cui eravamo.

L’estate da leoni era terminata, i profumi cambiavano in autunnali, le campagne iniziavano ad ingiallire .. ok ok, lo sapete che sono logorroico ed un po’ prolisso.

Bene, dunque, tutto comincio alla fine del 1992, facevo il quinto ragioneria in una scuola diroccata, fu l’ultimo anno che la usarono ed ancora oggi è lì, puntellata ed inagibile, quando la vedo all’uscita della superstrada di Teramo ovest mi lancia ancora quel brivido giovanile che si prova, forse, solo alle scuole superiori.

Il quinto è tosto, si sa, e chi ha fatto il quarto due volte come me lo affrontava con un pizzico di timore, una specie di paura e voglia di farlo in fretta.

A fine settembre la paura era già finita, e restava solo la fretta, volevo uscire da quel reparto psichiatrico il prima possibile. Lo definisco un reparto simile in quanto mi avevano eletto rappresentante d’Istituto di default, senza nemmeno fare le elezioni, lo ammetto ero già un leader all’epoca.

Quello che sto per dirvi non lo sa nemmeno lei, l’ho notata e forse amata da subito il 12 ottobre 1992, un piovoso lunedì teramano. É stato quel giorno che ho visto per la prima volta vostra madre. Non era bellissima come oggi, non era il tipo che all’epoca chiamavano “Bona”, era quel qualcosa di più che ancora non riescono a descrivere, una specie di misto tra bella, femmina, adorabile, odiosa, presuntuosa, meravigliosa. Era soprattutto semplice e fidanzata.

Non voglio peccare di immodestia, ma nell’anno scolastico 1992/93 avevo un discreto successo con le ragazze, non so perché ma le attiravo come una calamita, tranne una LEI.

Comunque lo staff di rappresentanza di istituto lavorava incessantemente per procurare giornate libere senza lezioni e soprattutto per il sabato o il lunedì al fine di allungare il week end. Tra le mille idee una molto brillante fu di convincere la presidenza ad organizzare una mattinata al cinema comunale di Teramo per guardare il film sulla scoperta dell’America, si quel lunedì la scoperta di Colombo compiva 500 anni, ed io scoprivo qualcosa di ancora più antico, qualcosa che forse esiste dalla creazione del globo, un sentimento strano che ti costringe a pensare solo ad una persona, un virus che ti scollega dalla mission quotidiana di “rimorchiare” ragazze.

Si esce da scuola per andare a piedi al cinema, secondo alcuni prof, in fila per due, e le larghe e vecchie scalinate diventano un fiume urlante verso la libertà. L’uscita fu drammatica, fuori pioveva e come se le gocce in caduta libera formassero un muro si stoppavano tutti al portone come per realizzare che non era acido ma acqua, la formazione di questo tappo la definimmo ad elastico, già, come se quelli che stavano ancora per le scale non sapevano che pioveva e ad ogni ondata di 10 alunni ci si rifermava a guardare il cielo, lì per le scale e con i giubbini addosso il caldo si faceva sentire, e la mano sinistra nella tasca stringeva forte l’accendino pronto ad accendere la “paglia” appena sull’uscio.

Al mio fianco il solito Vincenzo Tini D’Ignazio, poco più dietro Pino Cori e Pierpaolo Patani facevano un casino tremendo, scambiandosi battute sulla brillante idea di scampare qualche interrogazione il lunedì mattina, ciò significava un week end pieno di “Fancazzismo”.

Vincenzo mi fa notare una chioma bionda e liscia un paio di gradini più avanti, molto appariscente, e senza dirci una parola, in automatico iniziammo a saltare qualche lumaca con lo zaino, ma io dico, che te lo sei portato a fare se oggi non c’è lezione?, bho, comunque la bionda e davanti sottobraccio con una mora alla sua sinistra, Vincenzo se la ride, lui è alla mia destra e aspettiamo l’occasione per l’affiancamento sul pianerottolo.

“ops scusate” gli esce dalla bocca a Vincenzo e siamo al fianco delle due, la mora si sporge per guardare Vincenzo e la sua testa mi ostruisce la vista del viso della bionda, la mia mano sinistra ha nel palmo pacchetto ed accendino insieme, e per la rabbia che Vincenzo è in vantaggio inizio a stringere, “forse questa si gira” pensai con il solo obbiettivo di vedere il viso della bionda, pronto a sfoggiare il fascino del rappresentante d’istituto e battere Vincenzo ancora una volta.

Si la mora si girò, ma io il viso della bionda non lo vidi, mi si paralizzarono gli occhi, attaccati a quelli della mora che forse per la pressione causata dalla massa avevo urtato, lei parlò ma io non sentii nulla, non so se disse “scusa” o un semplice “attento”, meccanicamente tirai fuori la mia mano sinistra con l’accendino ed un pacchetto di sigarette ormai molto stropicciato, ripresi i sensi, mi schiarii le idee, lei ormai guardava avanti, ed io riflettevo su cosa mi era successo, un flash, un abbaglio, che ne so forse un mancamento causato dal caldo, pieno di belle ragazze in giro ed io guardavo lei, calma non sto dicendo che non era bella, ma che era normale, e non capivo che cosa era successo ai miei occhi. Il fiume camminava più spedito, ormai avevano capito pure i muri che fuori pioveva e ciò non causava più tappo.

Pronto per accendermi la sigaretta raddrizzai l’apertura del pacchetto all’interno 5 sigarette compresa quella del desiderio, ne mettevamo una girata che ci si fumava per ultimo, tre erano spezzate e le spinsi giù nel pacchetto, me ne sarei fumate due fino al cinema e lo avrei lanciato con le tre diventate rifiuto.

Ancora scioccato per l’accaduto ai miei occhi si arriva sul portone, Vincenzo intrattiene la bionda, da furbo sa che sul portone ce ne stanno solo due affiancati, mi ritrovo lì con la mora alla mia destra e con l’intendo di accendermi la sigaretta, “me ne dai una?” disse con voce sicura, mi girai per guardarla male e dirle che non ne avevo più, ma i suoi occhi ri-calamitarono i miei, Vincenzo con la bionda ci sorpassano, lui resta fermo ad aspettarmi e l’altra apre l’ombrello e si incammina “che fai non vieni?” proferì rivolgendosi alla mora che mi fissava in attesa di una risposta.
“Ecco tieni” le porsi il pacchetto aperto e lei guardandolo disse “ma è quella del desiderio”, risposi che non era un problema, lei la prese e mentre gli porgevo l’accendino acceso rispose alla bionda “ecco arrivo” pronta per correre sotto il suo ombrello, “ si ma come ti chiami” le gridai nel frastuono del fiume che spingeva dietro di me e con la pioggia che mi colava sul viso.

“Manuela” disse correndo al riparo sotto l’ombrello della bionda, guadagnato il riparo presero a camminare con passo spedito, si girò una volta per dirmi “a grazie eh”.

Il film io e Vincenzo non lo abbiamo visto, siamo rimasti seduti lì fuori sul gradone lato est del Cinema, che guarda sulla piazzetta, i vigili continuavano a fischiare alle auto che, quando piove, sembrano illogiche in ogni manovra.

Zero sigarette e ci siamo fumati le Alfa che Vincenzo aveva rubato al padre qualche settimana prima e le tenevamo come riserva per le emergenze.

Passandomi la sigaretta Vincenzo dice “si chiama Patrizia” ed io assorto ancora intontito da quello sguardo “chi?” e lui scocciato “la bionda si chiama Patrizia”.

Torno lucido per un attimo, e spavaldo come al solito gli dico: “mi ci metto quando voglio” e lui felice di vedermi agguerrito fa quello che non bisognerebbe fare mai con le ragazze.

“ci mettiamo 100 mila lire?” la viscida scommessa, io accetto rincarando la dose “bravo almeno ci metto il gasolio per scarrozzarti tutti i giorni”.

Io andavo a scuola con il mio Mitsubishi Pajero, e Vincenzo con Luca erano i miei passeggeri fissi, Luca lo lasciavo la mattina in succursale in zona Gammarana e noi ci facevamo due o tre vasche per i Tigli la mattina e poi si parcheggiava davanti alla scuola in Porta Romana, precisamente sulle strisce pedonali di fronte al portone.

Andare a scuola in macchina è da fighetti, ha tanti vantaggi ma anche qualche incomprensione con i prof, diciamo che quelli che venivano in pullman o con la tipo scassata non mi soffrivano molto.

Comunque dal martedì 13 ottobre si ricomincia la scuola normalmente, meglio soprassedere sulle prime interrogazioni, per fortuna negli scritti me la cavo grazie all’impegno di tutta la classe a farmi copiare.

Le settimane passano velocemente, e Manuela la vedevo a ricreazione sul pianerottolo, le davo una sigaretta al giorno, a volte due se la incontravo prima dell’entrata. Io e Vincenzo ci adoperavamo a fare i “fighi” sul pianerottolo con loro, e per me Patrizia era un’ottima scusa. Lui era convintissimo che lo accompagnavo in questa farsa per la scommessa, ma in realtà avevo occhi solo per Manuela, ma non volevo dirlo a Vincenzo, non volevo che venisse presa per la solita burla o scommessa. Poi era fidanzata, almeno dalle poche informazioni che avevo.

Per la prima volta mi piaceva una ragazza normalissima che non era interessata a me o caduta ai miei piedi come al solito.

Ribadisco il fatto che non avevo avuto storie d’amore, ma flirt di massimo 15 giorni, il record negativo una certa Tania di Mosciano, ci siamo messi insieme all’uscita di scuola ed alle 18:00 venne con tutta la famiglia ed un vaso di fiori per mamma a casa mia, alle 20 la lasciai per telefono, quello fisso, forse con tutta la famiglia che ascoltava. Restammo amici per un po’, finchè non realizzò che davvero non stavamo insieme, ma vabbè torniamo a noi.

Arriva natale e finalmente si chiude la scuola, di Manuela e Patrizia non si sapeva molto, parlavamo 12/13 minuti al giorno sul pianerottolo, loro due appoggiate al termosifone e noi a fare i “fighetti”, in realtà Vincenzo, ma forse anche Manuela e Patrizia, pensavano che lo show era solo per la bionda, ma io ero interessato solo a lei, e non mi esponevo, nessuno lo sapeva e mi infastidivano anche le altre ragazze della scuola che si mostravano interessate a me.

In macchina tornando a Castelnuovo il buon Vincenzo parla del suo vantaggio con Patrizia, almeno di questo è convinto, ma si chiede perché non sto lottando, mi dice che nota poco impegno da parte mia.

“Vincè non ci ho proprio lavorato, lo vedi che voti di merda mi ritrovo e mi devo mettere sotto a recuperare, non ci voglio restare un altro anno in questa scuola” e per non perdere la leadership comunque continuo dicendo “ho visto che tu ci stai lavorando molto invece, ma se vuoi da gennaio mi ci dedico e ti batto in un attimo”.

Vedete ragazzi, non è che ero un asino, è che io il pomeriggio lavoravo in azienda dal nonno ed i tempi per lo studio erano davvero ridotti.

Natale passa in fretta, ed a gennaio ricomincia la scuola, sperando che per me, ormai ventenne, sia l’ultimo semestre da affrontare.

Le giornate passano tra assemblee, interrogazioni, compiti in classe e ricreazioni sul pianerottolo a dare sigarette a Manuela e Patrizia, con sorrisi e chiacchierate futili, con un Vincenzo impegnatissimo che non perdeva occasione per manifestare il suo vantaggio.

Si chiude alla meno peggio il quadrimestre e comincia l’ultimo, siamo a febbraio e sembra poco serio ripromettersi che sarà un secondo quadrimestre all’insegna dello studio nel periodo di carnevale.

Ormai Manuela e Patrizia le vedevamo anche la mattina prima di entrare ed io ero sempre più rapito dai suoi occhi, no quelli di Patrizia non li ho mai visti, guardavo solo Manuela, semplice e solare, e finalmente una mattina, alla fine dei “tigli” dove c’era quella specie di parchetto giochi, in realtà era un minigolf, ma non lo avevo mai capito, la guardai bene e capii che mi piaceva da morire.

Le domande erano per lo più scolastiche, tipo che materie hai o quanto è stronzo o bravo un prof, ma quella mattina dissi “ed il tuo ragazzo?” niente solo silenzio, allora continuo “non l’ho visto con il motorino in questi giorni”, lei mi guarda ed io mi sciolgo ma non lo faccio notare, sta per parlare ma interviene Patrizia “si sono lasciati”, lei abbassa lo sguardo, almeno non mi legge in faccia il piacere che provo per la notizia.

Passano i giorni e Vincenzo continua a lottare per vincere le 100 mila lire, io però vedo che Patrizia pare più interessata a me che a lui, forse è solo un impressione, quindi pure per dare soddisfazione a Vincenzo e far finta di partecipare al gioco scambio due parole con lei pure io e quando Manuela non c’è le chiedo “Manuela ci sta male che si è lasciata?” e Patrizia serenamente dice “no non proprio, l’ha lasciato lei, vedi Manuela è una tipa sincera e non può stare con una persona se le piace un altro”.

Cavoli che <<mazzata>>, e mo chi è quest’altro mi chiedo, ma non oso fare ulteriori domande.

…continua!

Un pensiero su “Cari figli ecco come è andata (prima parte)”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *