(Autori: Michele e Sandra) 

Mi chiamo Flora e sono la mamma di Samuele; mio marito Rolando ha lasciato questa terra in maniera veloce, improvvisa e a soli quarantatre anni. Il suo cuore, in un giorno di febbraio, improvvisamente, senza sapere d’essere malato, si è fermato. Mio marito ha iniziato a lavorare da muratore, ed essendo persona intelligente e brava, in breve tempo è stato capace di mettere su un’impresa edile, tanto da aver costruito quasi tutti i palazzi e le proprietà di questa piccola cittadina operosa dove da qualche tempo viviamo. E’ un luogo piccolo e tranquillo, si chiama Campalvi ed è praticamente uno smeraldo incastrato tra le montagne. C’è tanto verde intorno e bellissimi giardini tenuti ordinati e puliti. Tutti gli abitanti hanno un lavoro e la gente più bisognosa è aiutata, e messa in grado di andare avanti con dignità. A noi, non mancava proprio niente, abbiamo una villa con tante stanze, dove io mi ritrovo sola con mio figlio di dieci anni, che vedo sempre più silenzioso, malinconico e un tantino svogliato. Non ha accettato la grave perdita, se ne sta chiuso nella sua stanza, con lo sguardo immerso nel vuoto, oppure, osserva per ore le fotografie della famiglia o del padre da giovane. Sono disperata, anche se, cerco d’essere allegra e di interessarlo, chiedendogli di far venire nella nostra bella casa qualche compagno di scuola; ma lui niente, fa i suoi compiti in solitudine, studia, ma poi guarda il cielo dalla finestra per ore. Ho parlato col medico di famiglia ma non ha dato molta importanza alla cosa, ha detto che ci vuole solo tempo.

Anche per me ci vuole tempo, ma io non posso permettermi di pensare, io devo andare avanti per me e per mio figlio. Spero solo in un miracolo.

 

Nella verde Campalvi non mancavano certo i ragazzini, uno in particolare, Vincenzino, non stava fermo neppure di notte, sua madre, al mattino trovava il letto come se Vincenzo avesse combattuto una guerra infernale, coperte in terra, letto spostato, guanciale sparito…, nessuno sapeva che diavolo combinasse di notte, neppure suo fratello Giacomo, che dormiva nella stessa stanza, si alzava con lui la mattina e nella camera, sembrava ci fosse stata la battaglia navale.

Vincenzo amava il gioco del pallone, e qualche volta, supplicando e mercanteggiando col fratello, riusciva a farselo prestare, ma sapeva bene che se fosse successo qualcosa al pallone, i guai per lui, sarebbero stati seri. Aveva un certo carisma e quindi il suo passaggio per le strade non era mai in solitudine, ma seguito da almeno altri quattro o cinque ragazzi.

Un pomeriggio caldo di fine maggio il gruppetto di ragazzi giocava in un piccolo giardino situato nei pressi della villa della Signora Flora. Anche quel giardinetto una volta faceva parte della villa, poi in seguito, il Signor Rolando lo aveva regalato alla cittadina, purché fosse messa al centro una vasca con pesci rossi. Tutto questo era stato rispettato e sempre mantenuto pulito.

I ragazzi non erano molto a conoscenza della figura di Samuele, ragazzo forse un po’ timido e capriccioso fin da quando suo padre era vivente, triste e solitario dopo la perdita del genitore, alcuni di questi non lo conoscevano neppure, altri lo consideravano ingiustamente sofisticato, comunque dopo la morte del padre non lo avevano più visto in giro, né, tanto meno lo cercavano.

I giardini di Campalvi erano tutti molto belli, ombreggiati da magnolie, betulle e pini, ma erano frequentati da anziani seduti sulle panchine o da mamme con piccoli nei carrettini, certo non erano dei campi di calcio, e per questo il gruppo di ragazzi non era visto di buon occhio nella cittadina: tanto verde, ma ben tenuto, e nessun campo per i giochi più movimentati. Solo il giardinetto con la vasca, che essendo vicino alla villa rimaneva un po’ più isolato, ma quasi sempre la palla finiva dentro la vasca, mettendo ko qualche pesciolino.

Quel pomeriggio Vincenzino si sentiva davvero in gran forma e con la palla del fratello ed un gruppo d’amici aveva messo su una partita, chi perdeva, pagava il gelato acquistato al carrettino, che costava meno rispetto al negozio.

I ragazzi erano tutti sudati e polverosi, urlavano e ridevano sguaiatamente, ed un calcio più potente, mandò il pallone oltre il cancello, all’interno della villa.

 

Vincenzo: -noooo, maledizione, come faccio!- E chi ci va dentro, non li conosco neppure, è gente riservata!-

Tutti gli altri ridevano come pazzi, poi, vedendo la faccia “brutta” di Vincenzo, si zittirono.

Vincenzo: -e chi lo sente Giacomo, mio fratello, se torno a casa senza palla. Mi strangola.-

Alessio: -ascolta, non mi sembra un dramma, suoniamo, qualcuno ci aprirà, ci scusiamo e la chiediamo indietro.-

Vincenzo: -e se s’incavolano e bucano la palla? Io, mi vedo già morto, ma non prima di aver sofferto atrocemente…-

Alessio: -andiamo Vincenzo, io e te, suoniamo e facciamo gli educati, con le dovute scuse.-

-Driiin!- La scampanellata risultò poco educata, e fu l’inizio.

La signora Flora, stava stendendo il bucato e chiese a Samuele di andare ad aprire. Samuele, dal canto suo, non ricordava neanche più il suono del suo campanello, e un po’ fra le nuvole o nel suo mondo andò ad aprire con titubanza.

Vincenzo: -tu devi essere Samuele, e fu quasi un’aggressione verbale.-

C’era una bella differenza in quei volti di coetanei. I due ragazzini che avevano giocato a pallone, erano sudati, un po’ sporchi e con i volti rossi, Samuele era ordinatissimo, con camicia tirata sui gomiti e viso pallidissimo e magro.

Samuele: -mi conoscete? Io no. Che volete?-

Vincenzino: -giocavamo col pallone, fuori ci sono altri ragazzi, e con un tiro più forte è entrata all’interno, ci fai entrare per cercarla?-

Samuele, scontroso, solitario, e timido, si fece da parte ed entrarono.

Ci volle un po’ per trovarla, il giardino era immenso e l’erba piuttosto alta. Finalmente la videro e Vincenzino sentì la sua testa salva. A quel punto, riprese l’euforia dell’età e sfacciatamente chiese a Samuele: “Ci faresti visitare qualche stanza della villa? La tua camera, ad esempio. In vita mia, non ho mai visto, da vicino una casa così grande e perfetta come la tua, almeno da fuori. Ma quanti bagni avete? Io e mio fratello, abbiamo una cameretta in due, e per il bagno litighiamo sempre, ma lui, essendo il maggiore, ha sempre la meglio. Qui di sicuro non ci sono problemi di spazio.”

Samuele, reticente chiamò la madre, li presentò e gli espresse il desiderio dei ragazzi.

La Signora Flora, mamma intelligente, donna astuta, capì subito che quella era una giornata benedetta da Dio e che forse aveva trovato una soluzione ai problemi del figlio. Fu gentilissima, li fece entrare, e offrì pure una torta che aveva fatto per il figlio, ma era rimasta sulla dispensa senza successo. I ragazzi mangiarono e bevvero aranciata e Samuele, timidamente fece loro compagnia.

La Signora Flora e Samuele, mostrarono ai ragazzi la camera e mai i due ragazzini avevano visto tanti giochi, e tanti ninnoli, computer, carte geografiche, mappamondo, c’era di tutto.

Vincenzo ad un tratto si ricordò degli altri ragazzi rimasti fuori ad aspettare, e fu un tantino pensieroso, ma poi, preso dalla curiosità, continuò a chiedere di vedere anche le altre stanze, seguito da Alessio ormai a bocca spalancata.

Vincenzo: -e questa porta Signora?-

Flora: -beh, lì c’era lo studio di mio marito, la mattina ci vado a spolverare, ma poi non entriamo più in tutto il giorno.-

Vincenzo: -sono troppo sfacciato Signora se le chiedo di visitarla?-

Samuele diventò rosso, e in quel momento perse il suo pallore, e disse: -no, non mi fa piacere far vedere agli estranei le cose del mio papà-

Vincenzo: -scusami, per la curiosità, ma noi veniamo da un altro mondo e non abbiamo tutte queste cose!-

Samuele: -si, però avete entrambi i genitori.-

Alessio: -io, veramente ho perso la mamma appena sono nato, mio padre si è risposato e Lei, la mia nuova mamma aveva già una bambina di tre anni più piccola di me, una rompi…, meglio non fartela conoscere.-

Samuele: -Ehee…, va bene mamma, dai apri.-

La stanza del padre di Samuele era molto seriosa e odorava di divani e poltrone in pelle, di cuoio e le pareti erano ricoperte di quadri della famiglia. In molti c’era Samuele da piccolo.

Per rompere il ghiaccio, Flora aprì la porta finestra e subito apparve un bellissimo terrazzo e da sotto si vedeva un pezzo dell’immenso giardino.

Subito i ragazzi se ne impadronirono e Vincenzo vide, in un angolo del terrazzo una porticina verde inglese, tutta intarsiata e con una maniglia strana lucidissima, del colore dell’oro.

Vincenzo non poté trattenersi dal chiedere cosa ci fosse oltre la porta. Flora disse che non lo sapeva, perché suo marito, che da qualche tempo ci lavorava, diceva che sarebbe stata una bella sorpresa. Non aveva neppure la chiave. Dopo la morte improvvisa aveva lasciato andare ogni curiosità ed interesse.

Vincenzo non ebbe il coraggio di domandare più niente, e con Alessio stava per congedarsi, quando Flora disse: -se vi interessa, andate dal Fabbro, lo conoscerete senz’altro, non c’è che lui, Osvaldo, ha tutte le nostre doppie chiavi, si tratta di trovare la chiave giusta, anzi, venite tutti, anche quelli che sono rimasti fuori, ed io preparerò una grande torta per la merenda, che ne dici Samuele, sei d’accordo?-

Samuele, sempre rosso in viso, accennò di si con la testa.

I ragazzi eccitati uscirono e raccontarono ai compagni le bellezze che avevano riempito i loro occhi.

Osvaldo era un tizio piccolo, grasso e calvo, ma simpatico, onesto, generoso e buono come il pane. La sig.ra Flora aveva già anticipato la richiesta telefonicamente e quando i ragazzi si presentarono, lui dette loro un grosso mazzo di chiavi, raccomandandosi di andare subito alla villa per evitare di perderle. Poi aggiunse:

Osvaldo: -avete conosciuto quel ragazzino, Poverino è rimasto sconvolto dalla morte improvvisa del padre, e sua madre è seriamente preoccupata.

Vincenzino: -lo abbiamo conosciuto, ha una casa enorme ma un tantino triste un po’ come lo è lui, adesso andiamo a portare un po’ di divertimento li dentro, magari ci segue!

Il gruppetto arrivò alla villa con l’enorme mazzo di chiavi, tutti i ragazzi erano eccitati e Samuele, alla vista di sei ragazzi della sua età in casa sua, diventò ancora più scontroso e silenzioso. Vincenzo, lo coinvolse subito: -Samuele, ti disturbiamo? Ti sembra un’intrusione? Guarda, se oggi non hai voglia di averci per casa, ce ne andiamo e torniamo un altro giorno.-

Samuele: -no, no, anzi, vi dico subito che la chiave per la porta verde, è da cercare fra le più piccole.-

Samuele, non aveva nessuna voglia di stare con i ragazzi, ma istintivamente aveva risposto così, perché in un certo senso ne era attratto. Era preso dalla loro euforia, dalle loro risate e dalla loro allegria. E poi, gli piaceva essere trasportato da quest’onda nuova, calda, che sapeva di vita.

Tutti a provare le chiavi piccole. Flora, se ne stava in disparte, finché, ricordandosi della torta nel forno, corse velocissima nella sua bella cucina.

-Trovata! Urlò Vincenzo, sta girando, è quella giusta!-

Quello che apparve dietro la piccola porta, assomigliava molto al Paradiso.

Uno spazio enorme battuto da terra rossa, con enorme rete. Campo da tennis! Un altro spazio con erba e due porte per il gioco del pallone, ed in fondo, meraviglia delle meraviglie, ancora da terminare, la piscina. Vuota ovviamente, ma già con la struttura, il trampolino e tutta già piastrellata. Praticamente un’oasi nascosta tra il verde, nella parte opposta del cancello d’entrata della villa, da dove erano entrati i ragazzi. Un vialetto portava poi in fondo a questa isola verde, e da lì doveva essere ancora costruita l’apertura a questo Paradiso. Il padre di Samuele non aveva fatto in tempo a costruirlo e ci lavorava passando dalla porta sita nel terrazzo del suo studio.

Flora, naturalmente era a conoscenza di tutto questo e lo aveva tenuto segreto, adesso era il momento di parlare:

Flora: -ragazzi, mio marito, aveva costruito tanto per Campalvi, ma non aveva pensato a voi ragazzi e così, pensando di fare un regalo a suo figlio aveva ideato tutto questo, perché lui lo potesse dividere con gli amici che non aveva e che sperava ci fossero stati. Non tutti i ragazzi hanno la fortuna di avere fratelli con cui litigare da mattina a sera, e a qualcuno, capita di perdere i genitori, ma non per questo si deve sentire solo e triste; certo il dolore è difficile condividerlo con chi non lo vive da vicino, ma se uno ha intorno amici veri, questi faranno di tutto per aiutarti.-

Vincenzo, pensò a suo fratello, che a volte lo avrebbe strangolato volentieri, anche gli altri ebbero pensieri simili, ma poi, tutti guardarono Samuele e lui diventò rosso-viola, era chiaramente in difficoltà.

Vincenzo, intraprendente, ruppe il ghiaccio, guardò la signora Flora e disse: -non le nascondo che tutti noi siamo interessati a questo luogo incantevole, a portarci i nostri giochi, e siamo pure disposti a dare una mano per un eventuale aiuto a finire i lavori, ma vogliamo prima di ogni altra cosa essere accettati da Samuele, se lui considera tutto ciò un’invasione, oppure non è pronto a fare la nostra conoscenza, possiamo aspettare tutto il tempo che vuole, però deve sapere che anche alcuni dei ragazzi che sono qui, hanno avuto qualche perdita grave, e che purtroppo, non è il solo a portare il fardello de dolore, e deve anche sapere che può sempre contare su una mamma buona e brava come lei, signora Flora, e dei ragazzi come noi, magari più scalmanati, sudati e polverosi di lui, ma sinceri.-

 

Ci volle un po’ di tempo prima che mio figlio si abituasse a questo chiasso; ci furono giornate con la casa piena di ragazzi, e grande pesticcio sui pavimenti, ma ero contenta perché vedevo Samuele cambiare e ridere.

 

Oggi è un bambino allegro e con tanti amici, quello del cuore è Vincenzo, ma da poco circola per casa anche una biondina…

La pazienza, la perseveranza, il buon umore e l’affetto di amici veri sono ingredienti validi per fare una buona torta da chiudere nella dispensa ed aprire, con la chiave giusta, per offrirla agli amici più cari.

 

7 pensiero su “La chiave giusta per entrare”
  1. il tema di ricominciare una vita normale dopo un lutto è molto difficile da trattare quando il protagonista è un adulto, ma lo è molto di più quando riguarda un bambino.
    direi che affrontarlo è coraggioso e meritorio.

  2. Quando il mio papá morí ero una bambina, mi chiusi a riccio. La mia mamma era disperata mi ci sono voluti anni per superare, é un dolore cosí grande solo chi é parte del “club” puó capire. Oggi sono, non tanto bimba, ma allegra e con tanti amici che hanno trovato la chiave giusta. Grazie per il tuo racconto, ti abbraccio. Tilly

  3. Una bella storia, raccontata molto bene e con un lieto fine che incoraggia a tirarsi su e andare avanti.

  4. il tema del lutto, è una cosa molto seria, speriamo d’averla affrontata e descritta con il massimo riguardo!
    …la chiave giusta.. è IL BUON SENSO… ed è questo che riesce a creare empatia tra i due piccoli protagonisti…
    i bambini.. hanno una sensibilità diversa dagli adulti.. non hanno dei veri e propri filtri, possono attraverso la spontaneità e la semplicità, trovare i modi e soprattutto le parole giuste per entrare nel cuore di chi vogliono…!!

    michele

  5. Siete stati bravi anche questa volta, e con un argomento non facile.
    Bravi….Grazia

  6. Bravi, complimenti alla vostra creatività ed alla vostra immaginazione, oltre che alla vostra bravura di scrittori.

  7. questi complimenti… mi rendono davvero orgoglioso e credo di parlare anche per SANDRA! ..sarà un piacere continuare!
    GRAZIE A TUTTI

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