Patty è tornata, più incosciente di prima.
Ha chiuso con i batteristi sudati delle tre di notte; finito di cauterizzare ogni singola sinapsi legata alla trasmissione della sua strana solitudine.
Ha mollato anche l’ultimo solista, nella discarica musicale di qualche cesso fuori pista.
Sono passati nastri e lustri, ma Lei è ancora un organulo reattivo e tribolante, sempre in groppa ad una capsula fissile in pericolosa rotta di collisione.
La sua fine è oramai iscritta.
Manovra, elabora, organizza, per governare quella protuberanza sfollata, in un gioco d’ormoni che vuole invocare e predestinare il tumulto imminente.
La nuda verità per la quale ci si finisce per incontrare, mirare e lanciare negli angoli più disperati della terra.
Veicolo il suo stesso corpo, che la fa procedere, impavida, verso ignota e scandalosa destinazione.
Nei ditali arricciati di carta igienica del suo diario, in un sabato sera di tecnologie simulate e di chimere, una spia rossa nel monitor si è accesa.
Così è arrivato Lui, indomito e illustrato, in una patacca di mongolica faccina.
Profanandole il verbo e strizzando l’occhiolino.
Ha una figura molto giovane, ma se Patty decide che l’anagrafica è solo un numero, 13 anni di differenza biologica non sanciscono certo elaborati preliminari da eseguire comodamente a sedere.
Lui ama raccontasi in lungo e in largo, nei difetti e nelle smanie capitali.
Le sue fissazioni principali sono i film.
Il preferito è Fight Club.
(Prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club).
Infatti, quando qualcuno ha minacciato di denunciare la sua depravazione, riporta di avergli sferrato un pugno nello stomaco.
Lo guarda dappertutto.
In dvd, cassette, cd, ufficio, casa, poligono di tiro, spogliatoio della palestra.
Lo conosce a memoria e si crede il protagonista, tanto è paranoico, contorto, alchemico e bombato.
(Seconda regola del Fight Club: non dovete parlare mai del Fight Club).
Ne consegue l’intestina sofferenza di un nuovo vizio: ipnotico, sonnambulo, profetico.
Nickname: Brad.
“Voglio strapparti il cazzo!” sciabola Patty in una notte insonne, sventrata dai trastulli più belli.
Gli grida mille oscenità sul bollitore a fuoco diretto, davanti ad un’infiammazione focale in elevata e suprema risoluzione.
Così in dibattimento si sono conosciuti ed hanno iniziato una meravigliosa relazione.
Nella perizia di disturbi climaterici in scadenze, la connessione persiste e persevera impudente.
“Incontriamoci domani.”
Boccheggia Lui dall’altra parte del catalizzatore.
“Ti porterò in un luogo esclusivo ed autorevole”.
In un corto circuito apparente s’insinua in Lei la certezza che sarà servita stracotta: Soft & Hard War insieme.
Lui programma Lei, in dissolvenza.
Forse, vuole solo scopare.
Realtà fittizia o illusoria, la bomba ad orologeria sgrana il conto famosissimo nella corona di perline cerate al polso.
Patty ha la certezza pressoché reale di come la pugna sia necessaria e urgente.
Tuttavia è senza timore, che decide di far parte della schiera di muse militanti, con la consapevolezza che nessun usbergo le sarà d’aiuto per reprimere la carica del suo ardimentoso sistema.
Si bisbiglia di Lui che è un anarchico, un fascista, un pò cosacco e brigatista.
Ma non è vero, Lei lo sa bene.
Il suo cervello straordinario, cuce insieme tutti i pezzi virili che lo rendono assolutamente unico.
Da lottatore plasmato nel fango.
E’ consapevole di essere una calamita.
Ha sedotto la sua ragazza, ha deviato i suoi amici, ha rivoluzionato i congegni del suo complesso.
Solo oscillando in un movimento ditirambico, nel repertorio offensivo di uno strategico combinamento.
Per certo alla fine corromperà anche Lei, ingombrandole i buchi delle serrature con gli occhi e le dita da romantico sventato.
Ma non sarà facile, lo scontro.
(Terza regola del Fight Club: se qualcuno si accascia, è spompato, grida basta. Fine del combattimento).
Sulla distanza di un elastico rientrato, il giorno dopo Lui arriva con un Maggiolone cabrio color pistacchio.
Patty si accomoda, preparandosi all’assalto.
Dentro, ha l’odore di giungla, d’erba e d’arachidi.
I sedili sono ergonomici e si modellano al corpo.
Quando si appoggia allo schienale, vede galleggiare di là del tettuccio scoperchiato, aureole bianche di patetici ammonimenti.
Non ha mai dimenticato di non avere diritto nè dominio su questo giovane ribelle, ma l’uncino delle mail di ritorno l’è rimasto nella carne; una grande covata di passione virulenta da rintuzzare in un ring incandescente.
Lui le sorride dal sedile allato, in un flash di denti bianchissimi.
Ha posato il capo sul poggiatesta, come si fa sul ceppo del boia.
Patty inghiottisce; non ha la falce, questa volta.
Solo indumenti leggeri e gli accessori convenzionali da profanazione.
L’automobile parte veloce.
Eccola di nuovo al fronte!
Il piano sta funzionando alla perfezione, ogni mossa è deliziosamente prevedibile.
Il suo cuore inizia a ticchettare.
Ne conta i colpi, furtivamente, nella scadenza ossessiva di un apparato sensorio oramai in traiettoria d’esplosione.
E’ lui il meccanismo che deve superare.
Rimane catturata dai suoi globi da foresta pluviale amazzone, riflessi in effige nel lunotto anteriore.
L’accelerazione del battito continua, riverberata all’infinito nella camera di scoppio, che diventa istantaneamente, l’esatta potenza del suo contento.
Ad una Soldatessa contraffatta e stagionata, come quella che dimora abitualmente nel suo serto, si addice il tailleur super raffinato, guarnito di un filo di perle e tacco 11, da trampolino di rilancio.
La macchina continua a correre e Lei insiste con lo sguardo velocissimo a sbastire l’altro, il punto di vista rivoltoso che le siede accanto.
(Quarta regola del Fight Club: si combatte solo due per volta).
Avrà sicuramente ereditato un progetto erotico, perché la barba non è rasata da almeno 36 ore.
Come in preparazione specifica da soft-air, il ventricolo oracolare scandisce l’incedere dei minuti, con quella rigorosa precisione da repertorio tecnologico, che prelude la gran detonazione.
Finalmente sono arrivati.
La macchina s’arresta.
Lui scende al balzo e le apre la maniglia dello sportello.
I piedi calzati da stivali massicci da Vietnam avanzano per terra.
Allunga il collo fuori dall’abitacolo e protende il mento verso il cielo.
Deve essere sempre un po’ diverso dagli altri: più imponente, più ansioso, piu’ minaccioso.
Porta spesso il suo corpo fuori della tana, a zonzo negli scantinati foderati di vilpelle, lasciandosi dietro l’odore friabile delle competizioni e l’olezzo gasato delle bollicine di Ceres.
(Quinta regola del Fight Club: un combattimento alla volta).
Quando fanno il loro ingresso al Peace Club, le luci sono già abbassate.
Buio pesto.
Lui ha i capelli scompigliati e le braccia mobili illustrate.
Lei lo segue al passo, con la chioma sparata in alto da allarme estintore e la borsetta grande tracolla, d’emergenza psicoanalitica.
L’interno è decisamente desolato, solo alcune lampadine alogene blu che conferiscono un’atmosfera extraterrestre.
Tutti, tranne Patty, sono fasciati di poca insana pelle e con svariati piercing agganciati addosso.
Grossi ciclopi appollaiati sui drupi di cartapesta, li osservano cogitabondi da lontano.
Si scorge a malapena sulla pista una massa allucinata in movimento.
I due gagliardi avanzano sulla passerella, emanando vampe da luna di miele.
Devono odorare del più impagabile dei profumi, perché qualcuno furtivamente li avvicina.
“E’ una tua amica?”
Un mostro deforme da Calibrano si rivolge a Lui sforacchiato in faccia da almeno 5 ferretti.
E’ praticamente scalzo, con un pantalone sgualcito addosso.
(Sesta regola del Fight Club: niente camicia, niente scarpe).
Deve aver fiutato l’effluvio stupefacente di uno tsunami da dopo/sesso, furioso ed eccitante.
“Togliti dai coglioni. E’ la mia donna” lo liquida l’epigono Brad.
Lei non si diverte affatto.
Primo round.
Il suo cuore infarta mentre Lui la trascina sulla pista, strizzandosela come un limone spremuto.
La nenia sincopata è da incantatatore di serpenti e stordisce nell’arena.
Patty si abbandona nei bicipiti infiorettati, nel ritmo punk allucinatorio che agisce da impacco sui lividi paranoici del cuore.
Lo stringe stretto per tutti i 95 chili di follia, in un progetto accentratore, clandestino e sotterraneo.
Strozzata tra le pieghe morbide delle spalle, sente il cappio coronarico pulsare, come un verme redivivo e intrappolato.
Lui la comprime con mano fraudolenta, nella modalità ambigua che si conviene all’eversore.
“Andiamo” Le dice trascinandola per la mano.
Il suo piano insolente è scattato.
La toilette è deserta.
“Ci risiamo” pensa Patty.
10 anni dopo.
Una mano si materializza tra le sue gambe.
E’ incredibile quanto sia possente e pesante.
Le intrappola la fica.
(Settima regola del Fight Club: i combattimenti durano tutto il tempo necessario).
Forse è solo Lei che si è ristretta, rinverginata.
E’ come se la pelle si stia inturgidendo di nettare.
La blocca con le gambe penzoloni sul bordo del lavandino e il busto incastrato contro la specchiera e i rubinetti.
“Ti amo”. Dichiara Lui, mentre un siluro entra nella colonsfera.
“Distruggimi”. Geme Lei, in procinto di una rianimazione universale.
Sì, Patty è di nuovo in guerra e ci resterà per sempre.
In ogni schianto, Lei si rigenera.
( Ottava regola del Fight Club: se è la vostra prima sera al Fight Club, dovete combattere!).