E’ così vivido il ricordo, così vivido e son passati oltre due anni.
La foto di una giornata!
Direte voi….. “la foto di un momento?”
No, proprio la foto di un giorno, un meraviglioso giorno di primavera!
Quando l’emozione è vera, è forte, supera l’inverosimile, supera i confini della realtà, della tangibilità.
Il cielo non era sereno, qualche nuvola passeggiava qua e là nell’azzurro e sfacciatamente nascondeva i raggi del sole alla terra, ma l’aria era fresca e una leggera brezza solleticava le verdi e giovani fronde dei pochi alberi di città.
Mi ero alzata presto, più presto del solito, prima ancora del suono della sveglia, prima nemica della mattina, che è lì attenta ed inderogabile ti ricorda che il tuo turno è cominciato.
Era festa il 25 Aprile (la liberazione), ed io mi sentivo proprio così in festa e libera………. libera di provare un’emozione che avevo dimenticata, da tanto, troppo tempo. L’eccitazione!
Quella luce nello sguardo.
Un emerito sconosciuto due giorni prima, mi aveva guardata così, con quella luce negli occhi che, ancora, dopo più di quarantotto ore echeggiava nella testa, mi inebriava ed ubriacava tutta la mia persona con sensazioni di bambina, una bambina di 45 anni. Un’elettricità minava la casa, ma forse nessuno della famiglia ne captava la forza, quell’energia apparteneva solo a me e alla voglia di rivederlo.
Io, proprio Io….. poche esperienze vissute e tante paure da vincere, con le ansie e le insicurezze di chi non si è sentita “servita” nel gioco della femminilità e della seduzione, quella mattina ero pronta a vivere. Erano appena passate le dieci, e
la sua voce calda ed intimidita mi giungeva dalla cornetta del telefono all’orecchio sussurrando un “ciao”.
Si va al mare ad Ostia, appuntamento a mezzogiorno in Piazzale Appio Metro A.
Non starò qui a raccontare le cose fatte quel giorno insieme, come quando da bambini a scuola si svolge il tema su come si è passata la domenica, no non è questo che voglio trasmettere, ma nero su bianco quello che ho sentito, che ho provato dentro in quelle ore una dopo l’altra, quel venticinque aprile di due anni fa.
E attraverso le parole rivivere le emozioni e le sensazioni che rendono diverso un giorno dall’altro.
Un maglione rosso e un paio di jeans, un sorriso disarmante e la stretta della mano.
Una vecchia Clio grigia metallizzata e la strada percorsa sotto un cielo nuvoloso, prati verdi, pini marittimi e in fila l’uno dopo l’altro una miriade di oleandri.
All’orizzonte una spianata azzurra: il mare. Non ricordo di cosa parlammo in quei momenti, ricordo invece la mia confusione: la mia timidezza, il mio imbarazzo, la vezzosità, il pudore, il desiderio di piacergli, la paura di deluderlo, tutto altalenava tra la pancia e la gola e mi accompagnava in quel viaggio verso il mare e nel mio nuovo approccio con un rapporto umano. Ripercorro ora con la memoria il lungomare romano, la strada stranamente deserta, l’auto mangiare chilometro dopo chilometro l’asfalto, incorniciato da una splendida e ricca macchia mediterranea appena risvegliata dal tepore della primavera, in lontananza il rumore del mare, un richiamo di vita e di immenso.
E mi rituffo lì, lì su quella spiaggia a due passi dalla battigia, con il vento in faccia che ti aiuta a sentire che è vero, che è tutto vero.
Ricordo i suoi passi accanto ai miei, la sua voce, la timidezza, la tenerezza nel suo sguardo.
Soli e sconosciuti, soli ed impauriti, soli col desiderio di non essere più soli, questo ricordo, questo ho sentito.
Non due adulti smaliziati e consapevoli, due bambini desiderosi ma guardinghi.
Due bambini innocenti alla ricerca.
Un piccolo ristorante famigliare, tovaglie di carta con scacchi rossi e bianchi, due spaghetti con le vongole, due fritture miste, vino bianco e l’imbarazzo più grande… il conto. Anche questo ricordo.
Una pausa per la sigaretta fuori dal locale seduti di fronte al mare e un mio attimo di panico nel vederlo perso e distante dietro un paio di occhiali neri da sole.
E ancora parole e parole, sguardi timidi e fugaci e l’attesa e la paura, la paura e l’attesa che qualcosa succeda.
Ricordo il rispetto, la delicatezza e un tacita richiesta di consenso accompagnare il suo braccio sulla mia spalla e il mio sorriso, la mia voglia e il mio assenso di risposta.
Ricordo nel parcheggio, un attimo prima di riprendere la strada del ritorno, lì nella mia giacca a vento rosa con cappuccio di pelliccia e le mani in tasca, la sua figura allontanarsi di qualche passo, avvicinarsi ad una duna bionda e vellutata, cogliere qualcosa e avvicinarsi a me, quel qualcosa era per me, un fiore….. un bel fiore sconosciuto. Ricordo l’emozione nel riceverlo e non ci sono parole per descriverla.
Ricordo il suo timido accenno a passare la serata a casa sua, il mio dissenso per il timore di affrontarla ed il desiderio che sentivo di assaporare in solitudine ogni attimo di quella splendida giornata.
Lo scritto che su questo foglio, compagno e complice dei miei ricordi, qui riporto, è stato intitolato “Il Secondo Appuntamento (25 Aprile 2005)”, ma ci potrebbero essere altri mille racconti da intitolare, perché da allora ogni giorno vissuto con Francesco per me è una foto indelebile nella memoria, è un gioiello nell’anima, un regalo prezioso, un bagaglio, un bagaglio pesante che contiene tutte le emozioni umane e le esperienze di gioia e di dolore che la vita ci riserva, ma tra tutte, uno è il sentimento che le lega e le fa sopravvivere….. un immenso amore!
Bellissimo e sognante Elisa.
Ciao.
Sandra
un fiore….. un bel fiore sconosciuto.
Grazie di aver condiviso le emozioni di un giorno di certo tra i più belli della tua vita. Come hai scritto non una normale cronaca ma un flusso di sensazioni.
Quando gli adulti non sono più grandi, non sono smaliziati, non sono esperti di tutto e abituati a tutto allora sono abbastanza maturi da vivere davvero la vita, come facciamo solo da bambini.
Un abbraccio.
cara Elisa,
che bel racconto!
carico di emozione, di umanità, di pudore.
hai saputo fermare il preludio e l’ origine di un avvenimento grande per te e per la tua vita.
brava
ciao.
anna
Grazie per avermi mostrato la tua piú bella foto, come si dice in questi casi? Sei venuta proprio bene!
Ciao
Tilly
Grazie a tutte!
Elisa
Ke bello questo racconto… molto interessante!!! 6 molto brava!!!