-Dalla serie “Homo Vulgaris” –
La giornata nei campi era trascorsa limpida e serena.
La sera era giunta pacata col suo intenso rossore estivo all’orizzonte, portando quel lieve venticello tanto invocato nelle ore calde del meriggio. Nonostante la polvere, la fatica ed il sudore appiccicato oramai secco sulla pelle, era stata una giornata vera, intensa, spettacolare per i colori e per i suoi inconfondibili odori terreni.
Quel giorno si era provveduto, in contemporanea ad altre piccole faccende, all’accatastamento del grano in quelle note forme geometriche che tanto hanno ispirato l’arte pittorica. Certo era stato alquanto complesso e faticoso, ma a fine giornata il senso di generale soddisfazione era evidente sul volto di tutti e ciò annullava un po’ della fatica. La visione di quegli innumerevoli campi, ora ordinati uniformemente, donava serenità anche al ruvido viso di Emilio.
Emilio vi era nato in quella cascina e le spensierate corse dell’infanzia insieme alle coetanee dei campi vicini non erano bastate a spingerlo poi in paese, alla ricerca della sua metà, una volta giunto il suo momento. Era un tipo introverso, taciturno, troppo attaccato a quella terra e a tutto ciò che quotidianamente gli dava da sempre. Spesso lo si notava a parlare con le sue amate mucche o i suoi cavalli, nonché curare maniacalmente qualche vigna, più che cercare contatti con la gente.
Al tramonto la famiglia si avviò come sempre verso la cascina. Anche questo era un motivo di festa per il fido Grillo, (nome dato per il fatto che riusciva a fare notevoli salti verticali nell’erba.) Alcuni, tra cui Emilio, si avviarono verso il casolare a testa bassa, come se il sole fosse stato un poco avaro nei loro confronti.
Entrati in casa, il grosso cerchio in legno a mò di lampadario emanava dall’alto una luce tenue, troppo fioca per quell’ampia cucina che faceva anche da rimessa, dando una senso di gialla tristezza a quegli occhi che avevano trascorso tutta la giornata all’aperto nei campi. Le strane ombre allungate, dei tanti arnesi ed utensili sparsi sui vari mobili in giro, apparivano come alcune figure nei quadri di Dalì, surreali e già appartenenti al mondo onirico.
Il bestiame era stato riposto con cura nelle stalle ed ora, con i loro nitriti e muggiti, apprezzava rumorosamente il cibo. Emilio era il quadro della gratificazione, essendo lui l’addetto al bestiame.
Dopo essersi sbrigativamente lavato con svariate tinozze di acqua calda, in un angolo recondito del rudere che fungeva da bagno, ed apprezzato la minestra di farro cucinata da mamma Lucia, seguita da ottimi formaggi e salumi da loro stessi prodotti, aiutando questi nella discesa verso lo stomaco con ottimo vino dei loro pregiati vigneti, ogni membro della famiglia, dopo una breve conversazione sul da farsi per il giorno dopo, si era rifugiato in qualche angolo dell’ampia cascina. Emilio, come sempre, aveva preso posizione sul largo davanzale della finestra. Questi era talmente profondo che vi si poteva sedere comodamente appoggiando le spalle al muro di lato, facendolo sentire a proprio agio oltre che permettergli di avere un’ottima visuale sull’interminabile distesa dei campi che gli si dispiegava di fronte.
Spesso nelle serate estive Emilio amava contemplare, dai battenti spalancati, il buio che là fuori copriva tutto col suo velato manto notturno, cercando di cogliere qua e là qualche movimento, qualche verso, qualche spettacolare fase lunare o qualche particolare stella. Sul davanzale trovava posto anche il suo boccale di vino intriso con fette di squisite pesche gialle. I sensi ora, rilassati dalla fatica e dalla quiete della casa, facevano percepire ad Emilio il monotono e lento fruscio delle pale in legno del vecchio ventilatore come un sussurro di ninna nanna, un esplicito invito al sonno.
Emilio si alzò e spense il ventilatore. Riposizionandosi velocemente sul davanzale un po’ seccato come se avesse interrotto la visione di una parte cruciale di un film. Appena risintonizzatosi con l’ambiente esterno fu attratto dall’ascendente e costante verso di migliaia di grilli residenti intorno alla cascina e, per permettere questi di svolgere il loro compito senza timore ed interferenza alcuna, spense anche la luce. Questi piccoli esseri canterini, praticamente invisibili al buio, hanno il dono, con il loro suono minimale, di trasportare qualsiasi essere umano lo volesse, in una magica dimensione esente da stress, paragonabile ad un coro di voci bianche ma fatto solo di due note che le migliori voci corali al mondo non saprebbero riprodurre. E’ la grande sinfonia del cri-CRI.
A volte sembrava che aumentassero di tono come per spiegarsi meglio o semplicemente per attirare l’attenzione di qualcuno, chissà.
Emilio sorseggiava dal suo boccale come un automa, innumerevoli pensieri attraversavano troppo velocemente la sua mente ed era difficile farli rallentare o metterne a fuoco qualcuno in particolare. In questo stato semi ipnotico, indotto dai grilli, ed un poco dal vino, già diverse volte gli si erano rivelate alcune verità sui grossi quesiti della vita. Emilio amava la natura tutta ed era molto attratto anche dal vitale blu del cielo e dall’intenso luccichìo delle stelle, ma quest’ultime risultavano sempre troppo piccole o troppo lontane in rapporto al tempo trascorso nell’ammirarle. Così, dopo il consueto sguardo alla luna rivolto ad intervalli regolari, l’attenzione ritornava al buio dei campi, al canto dei grilli. Quel corale cantato da tutti quegli esseri viventi contemporaneamente, uguale a se stesso, ripetuto all’infinito nella sera, procurava in Emilio uno stato interiore di vera “illuminazione”. Tutto ciò liberava la sua mente da cose futili, predisponendo la sua coscienza al riemergere delle verità che in ogni uomo attendono solo di essere ascoltate. Quello stato rappresentava l’essenza di ogni religione. Quello era Zen con la zeta maiuscola, era Budda con le sue profonde conoscenze, erano i segreti del Tao, dell’Induismo, dell’Islamismo, era l’ultimo gradino dello Yoga.
Insomma quello era il punto che gli Orientali, i monaci Tibetani e tanti uomini saggi per millenni hanno ostinatamente cercato di spiegarci .
Emilio ora, dopo l’ennesimo sorso, coglieva quel canto come un vero inno alla natura. Lo sentiva, lo capiva, lo condivideva e tutto ciò lo eccitava. Certo ancora non era giunto a decifrarne il messaggio per intero, ma se fosse stato un grillo avrebbe fatto la stessissima cosa.
Sporadicamente in quel canto vi si intrometteva il verso di un cuculo o di un qualche infernale rapace dei paraggi. All’inizio, la pennuta interposizione, risultava stonata e fuori luogo come un colpo di gong durante un coro celestiale, ma ad ascoltarla bene aveva una sua ragion d’essere. Una esatta collocazione nella timbrica dell’insieme che così si arricchiva ancor più di segni e di messaggi. Tutto ciò era casuale? Era voluto? E da chi? E perché? Emilio non ebbe il tempo per una fredda riflessione, per uno stupido ragionamento umano che fu letteralmente estasiato da uno sciame di lucciole che nel buio attraversarono la spazio davanti ai suoi occhi, proprio davanti alla finestra, lasciandolo a bocca semiaperta. Altro non potevano essere che tutte le risposte inviategli dalla natura.
“Postilla di un grillo” (da leggere con calma)
Siamo piccoli e la nostra vita è molto breve, ma in quei pochi giorni riusciamo a fare tutto ciò che dobbiamo fare.
La quasi totalità delle cose che facciamo è dettata dall’istinto, dalla genetica della nostra specie.
Siamo tutti uguali con due grossi occhi sul capo, due antennine e due zampe posteriori a righello piegate a scomparsa, pronte allo scatto per sfuggire ad eventuali attacchi di predatori o per spostarci velocemente tra l’erba.
In verità sappiamo anche volare e ne siamo ben dotati, ma lo facciamo solo di rado; non so perché.
Quello che invece sappiamo è di sentire fortemente e di provare immenso piacere nell’unirci ai nostri simili nel cantare tutti insieme l’immensa melodia del cri-cri.
un bel racconto che porta a meditare sull’uomo, sulla natura e sui suoi ritmi.
suggestiva l’idea che anche i grilli pensino ed espongano con grazia e logica i loro pensieri.
Bravo. racconto particolare.
Sandra
Mi siedo e leggo: Laerte…. in quel momento sono sicura, che bello o brutto, vicino o lontanissimo da me, il tuo racconto mi colpirá. Forse sei bravo? Un bacio.
Tilly
E’ veramente bellissimo e ora me lo rileggo…
“gialla tristezza”, quando riuscirò io in due parole a dire tanto…?
G
Vi ringrazio tutte, essere letti ed apprezzati da persone che scrivono è una bella gratificazione. Grazie Sandra e Anna, grazie e bacio a Tilly, un grazie particolare a Germana che dimostra profondità di lettura non comune. Kisssal…