Fuori nevicava e i fiocchi cadevano soffici sul cortile interno dell’Università. La lezione procedeva noiosa, ma Giorgio aveva il cuore, la mente e l’anima altrove.
Da qualche mese viveva a metà, sua sorella Alice era partita per Londra, sua madre soffriva d’Alzheimer e suo padre era il grande assente della famiglia. Partiva per lunghi viaggi d’affari e riusciva a tornare a casa una volta al mese. Giorgio passava le giornate a cercare un senso alla sua situazione assurda. Non era colpa sua, forse non completamente. A volte voleva essere pura energia, trascendere il corpo, la quotidianità fatta di stronzate e raggiungere il punto di massima quiete ed equilibrio. Desiderava avere la mente ovunque, l’anima in viaggio e non fermarsi mai, non arrivare mai da nessuna parte.
Il telefono interruppe le sue riflessioni altamente filosofiche.  “Un’altra offerta della Wind, col cazzo che rispondo” e riagganciò senza curarsi delle parole dell’interlocutore all’altro capo del telefono.  Arrivò la sera e lui si mise a dormire.

Un altro giorno incominciò, con una gradevole sorpresa. Alice decise di rendergli visita e di passare un po’ di tempo con lui. Giorgio pensò che fosse una visita di circostanza, che non avrebbero parlato di nulla. Invece quel giorno imparò la lezione più importante della sua vita.
“Giorgio come procede? Ultimamente ti vedo sempre assente, come se fossi altrove”.
“Non ce la faccio più Alice. Sento che questa vita non mi appartiene. Vorrei essere altrove, nessun posto è casa mia”.
“Non posso credere a quello che stai dicendo fratellino. Quando chiudi gli occhi, quando fai tacere la mente dove vorresti essere e soprattutto con chi?”.
Giorgio fece finta di non capire, poi per onestà intellettuale rispose alla domanda della sorella.
“Vorrei essere con mamma, vorrei essere con mio padre. Vorrei che lui non fosse così elusivo. Avrei bisogno di presenze confortanti che scaccino il vuoto che porto dentro”.
“Allora una casa ce l’hai, pur se ti fa soffrire. Il tuo cuore ce l’ha una casa”.
“Una casa che mi fa tanto piangere e da cui vorrei fuggire Alice”.
“Però non l’hai ancora fatto. Senti lo so che ci tieni a mamma e non sopporti l’idea che la sua malattia le faccia dimenticare di tutto, ma il cuore ricorda sempre, perfino ciò che la mente dimentica.”
“Il cuore è ovunque Alice, così come la mente, ma noi siamo relegati a un luogo specifico, che ci piaccia o no”.
“La mente Giorgino può aiutarci a creare qualcosa e a portarlo nel mondo reale. Però ci vuole volontà e costanza”.
“Cose che io non ho ora”
“Non si può essere sempre forti. Dai ora vado, stai su o ti picchio eh”.
“Sto su tranquilla a presto e grazie per la visita”.

Il giorno dopo Giorgio portò sua madre al lago sotto casa. Lei aveva lo sguardo distratto, ma un sorriso le si accese sul volto. Tutto era come immobile, come se quell’attimo fosse eterno. Due cigni, con i loro movimenti e traiettorie imprevedibili, disegnavano strane figure sulla superficie del lago.
“Che bello mamma, ti piace?”
“Molto, è molto bello qui”.
“Non vorresti essere altrove, magari al caldo?”
“Io sono già ovunque, mi basta chiudere gli occhi”.
“E cosa vedi quando li chiudi?”.
La madre fece una pausa, che sembrò infinita e poi rispose.
“Vedo te ed Alice giocare e far finta di picchiarvi. Abbi cura di lei quando non ci sarò più”
“Ogni tanto, quando ti scordi le cose, è come se non ci fossi più e io sto male”.
“Stai male perché non hai imparato a raggiungermi nei miei momenti di non presenza. Forse dovremmo parlare più con le emozioni e non con la voce”.
“Le emozioni sono soggettive, mamma”.
“Ma nessuno conosce un figlio meglio di una madre. Non preoccuparti, ti insegnerò a raggiungermi e non ti lascerò mai”.
Il sole calava, e sembrava meno freddo. Una lacrima scese sul volto di Giorgio, ma aveva imparato a essere ovunque. E sua madre sarebbe stata sempre con lui.

2 pensiero su “La mente ovunque”
  1. Sì, siamo ovunque con la fantasia, poi c’è chi è ovunque pur non appartenendo a questa terra; se impariamo ad assaporare l’aria troviamo anche chi ci appartiene nel cuore da sempre.
    Sandra

  2. “T’insegnerò a raggiungermi…”
    Che bel racconto, triste ma intriso di forza d’animo. Grazie per averlo condiviso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *