La vita è una corsa.
Spesso ad ostacoli.
Correre fa bene, dona salute. Rasserena, consolida, costituisce.
È come avere una casa, poderosa e rassicurante. E girarle attorno. Ogni volta una svolta, una rapida conferma.
Il cronometro regola battiti e frequenze: passi vorticosi, voragini divorate, nella fretta snervante di tagliare il traguardo.
E non basta pestare la terra, c’è anche la ruota! Un vortice senza posa né tregua: gira, incrementa e rallenta, in uno sforzo trainante.
Argenta, la mia bici. Davvero nobile e preziosa. Il nome ne rifletteva le qualità. Leggiadra eppur decisa, un… rullino compressore!
Ma un giorno tornò deforme, capovolta. I monelli l’avevan deturpata, per danneggiare il suo pilota. Un oltraggio mirato, anzi studiato. Lei non poteva difendersi, né tanto meno chi avrebbe dovuto farlo, spazzato via dalle folate improvvise di un atroce maestrale.
Eppure anche in quelle condizioni correvo; Argenta poggiata in spalla, grumi rossastri sul setto rientrato, il viso ammaccato. Ma correvo, tenendola forte, ancorata sul dorso.
Il tempo intanto passava e papà non riusciva più a domarmi i capelli. Riottosi, affioravano dai pori, come quando l’età largheggia in tutto, dalla prestanza fisica a quella cerebrale, pilifera e vivifica in uno.
Fu così che lo trovai.
Tagliava i capelli con una maestria innata: lavori da un’ora, il tempo un optional e sempre tanta, tanta fila. Io un semplice ragazzo, affidato alle sue sapienti cesoie.
Un giorno mi fece: «Ma a te piace correre?».
E io gli risposi: «Come no? Da cadetto sono stato vicecampione regionale dei 300: resistenza alla velocità…».
E lui: «Eh… resistenza è un conto, velocità un altro. Tu che preferisci?». E dai suoi occhi baluginava un che di inespresso, ma fondato sulla passionalità estrema.
Non riuscii a resistere: «La velocità è meravigliosa, ma la resistenza appaga di più; e per più tempo».
Avevo centrato il bersaglio: nulla ci avrebbe idealmente diviso, eravamo scortati dalla currendi lubido.
E cominciammo.
Ricordo benissimo quelle gocce di sudore che sprizzavano dalla sua fronte, fatalmente povera delle altrui cispose meraviglie, che durante il giorno gestiva con successo e maestria… Ma le gocce no, quelle volavano incessanti, baldanzose e sfavillanti, testimoni di un’energia profusa a iosa.
Io lo seguivo in silenzio. Poche parole ci accompagnavano, quel che contava era respirare, non sospirare; e concederci alla cadenza costante di una passione incessante.
Una volta mi lasciò di stucco. Eravamo in cinque, impegnati in una lunga, interminabile corrida. Uno degli impavidi, capelli neri, lunghi e mossi, non tanto alto, ma indomito e compatto, proclamò: «Andate, andate pure, io farò una breve sosta presso quel cespuglio; sapete, da stamani il mio stomaco è un po’ ballerino…».
E noi ci guardammo sgomenti, anzi smarriti. Pochi minuti dopo ci aveva già ripreso, liber(at)o e felice!
E lui, illuminato: «Quanto dura oggi? Non finisce mai!». E poi: «Come si chiama quel campione del Napoli? Ecco, stiamo facendo una cosa lunga tanto quanto il suo nome…».
Del resto le dentali non sono un’opinione: sorde o sonore fa quasi lo stesso. Anche quella volta per me fu così. Ci trovavamo di fronte a qualcosa di sovrumano, esagerato: chilometri o palleggi che fossero, non era diverso. Si trattava di numeri innumeri. E il frutto era uno solo: l’appagamento visivo e sensoriale.
Estasiato, lo ammiravo. Mi colpivano la sua costanza, la forza di volontà, il desiderio e la certezza di raggiungere la meta.
Devo a lui il mio amore per la corsa. Andavamo insieme fino al fiume, e lui lasciava la macchina sempre in quel punto, mai in un altro. Le chiavi gli davano fastidio e le metteva sopra la gomma posteriore, sicuro di sé, della sua avvedutezza.
Partivamo, zelanti, ci inerpicavamo: che belli quei tornanti… e quel chiostro meraviglioso, che ci attendeva nel pieno della curva, donandoci la sicurezza della veglia celeste.
Carissimo, erano tanti, tanti anni che non solo non correvamo più, ma che non riuscivamo neppure a vederci. La vita è feroce, divide, anche quando tutto è condiviso: la passione, la mentalità, il modo stesso di affrontare la realtà.
E venni a sapere che avevi reso l’anima alla passione. Ciò a cui ti eri dedicato ti aveva reclamato, consacrandoti alle sue erte per l’eternità.
Gli anni erano passati, noi purtroppo ci eravamo perduti.
Io intanto percorrevo la mia strada.
Incontrandovi un altro runner… Nato per questa attività, il suo corpo procedeva all’unisono con la mente.
Magro, stempiato, indefesso: correva e parlava, senza sosta; mai avrebbe potuto rinunciarvi.
La Villa, questa meraviglia. Ne conosceva ogni singolo anfratto, me li spiegava, decantandomene le qualità.
Nato e cresciuto lì accanto, ne aveva aspirato il profumo fin dall’infanzia. Nulla è più affascinante che assaporare il gusto dell’innata voluttà.
Mi educò ad apprezzare il piacere del dettaglio, del particolare. In quella cornice incantevole, tra rami, radici, funghi e cespugli, scovava minuzie uniche, incredibili.
Come quella volta, che penetrammo nel boschetto e mi svelò un cippo miliare, confessandomi che era lì, nascosto ad arte, perché nessuno lo scovasse, insidiandolo. Attestava il punto più alto della Capitale, segreto, nascosto, inattingibile. Un simbolo lapidario.
Un giorno, invece, notammo un volpino, che ci fissava, attento e incuriosito. Il loro sguardo si intrecciò, gli occhi della gazzella dialogavano con quelli della timida creatura ferina.
E così le portò del cibo. Lasciò a terra quell’inattesa ghiottoneria, che fu subito raccolta e portata via. Noi lì, estasiati di fronte all’incanto innocente della natura.
Correvamo su e giù per la Villa. Il percorso era unico, nitido, predefinito. Da allora non ne ho mai più tracciato un altro, come quando si procede ad occhi chiusi, obbedienti per filo e per segno agli input mnemonici.
Divenni anch’io un Ramarro. Lui lo era da tempo, mai avrebbe considerato un’ipotesi alternativa. Correre è una passione. Riempie la vita, ma non quella del bacino…
Quel Verde… che meraviglia! In gara fa sentire ricchi, altro che poveri! È botanico, vegetale, clorofilliano. Del resto proprio accanto al Verde, «dov’ei le trasmutò a lume spento», c’è chi vede anche la luce, cosa chiedere di più?
Ma questo rapido ex-cursus va concluso con il giusto corredo…
Tante cose si corrono, in primis i rischi.
Corrado e Corrida, paronomasia vincente!
La corsia è preferenziale, il corsivo italico, il corriere (in)espresso.
La corrente di un torrente infradicia, quella elettrica fulmina: acqua e fuoco, opposti ma integrati, anime gemelle in fatale antitesi.
Correre è vita vissuta, morsa, strappata, con fatica industriosa.
Polmoni vanesi, respiri affannosi, benzina preziosa. Ritmi indiavolati, ma anche arrivi agognati. Si stempera l’acredine, la fatica si attutisce, in un beneficio trasognato.
Ho scritto di corsa, anzi di getto: che bello v(scr)ivere d’un fiato!
Correre… la vita è una corsa, lenta e leggera come un battito d’ali nella giovinezza, velocissima e frenetica con il passar degli anni… correre verso un traguardo o semplicemente verso un sogno chiamato libertà… ero poco più di un ragazzo quando, quasi per gioco, cominciai a correre… a volte in compagnia, ma quasi sempre da solo… una sfida con me stesso? No, semplicemente per la gioia di volare, correre nelle bellezze di Roma, città derisa, disprezzata, decaduta ma sempre bellissima ed amata con tutti i suoi difetti… correre a Roma sentendosi coccolato da Lei… correre al mare perdendomi nella sua azzurrità… correre tra i boschi alpini… correre ovunque, correre sempre… terminare il percorso tra stanchezza e sudore pensando a quello successivo… correre e ripercorrere la mia vita rivedendo chi ho perduto, correre e desiderare l’abbraccio di mia moglie e il sorriso di mia figlia… correre e pregare ringraziando Dio per la mia vita… correre… sempre… poi d’improvviso lo stop… l’ospedale, e chissà forse non più…
Con una cura a me non consueta riposi le scarpette da running nel cassetto… lo aprivo ogni tanto… chissà un giorno… due anni senza correre e poi l’ok… tirai fuori scarpe e tuta, riposte sì, ma mai abbandonate… e ripresi il mio cammino. La vita è una corsa… amiamola difendiamola, onoriamola.