O mano mia veemente,
carezzami la mente.
O fulmine o boato,
colpisci il mio peccato.
O vento birichino,
solleva il mio destino,
Che il sale ormai straniero,
non nutra il mio pensiero.
Nel suolo e nel mio viso,
rinascono le viole.
In fondo al mio sorriso,
c’e un attimo di sole.
In tutta la mia storia,
ho visto una giornata,
risplendere di gloria,
sorridere accasciata.
Tra il pianto e la pazienza,
c’e un seme di illusione,
c’e un atto di presenza
e un grido di passione.
In fondo al mio gridare
“non essere marrano”,
ti ho visto ritornare
a prendermi la mano.
O dolce mio signore
puoi rendermi il mio amore,
O piccole fatine
sondate le mie stime
O grande Dio del pianto
proteggimi d’accanto:
ancora un sentimento,
e fuggirò nel vento.
Seppur di significato alto e poetico, il ritmo, i tempi e la cadenza imposta allo scritto ci ricorda troppo le poesie a memoria dei nostri piccoli a Pasqua e a Natale, del compleanno e durante l’anno.
Con simpatia…
Concordo con Laerte. E’ una simpatica filastrocca.