Erano rimasti in tre, sulla strada longa longa di Girgenti. In tre come padre figlio e spirito santo, che poi sto spirito santo non si sa perché ha sempre avuto l’umore ballerino, a chi tanto a chi niente.
Comunque, i tre erano rimasti soli, erano i soli ad abitare chilometri di spiagge dorate, pianure verdi, colline di gesso e tufo.
Ogni loro passo era accompagnato dagli odori di piante selvatiche come l’artemisia, il finocchio selvatico, la mentuccia, e da colori vivaci o per meglio dire vivi, verde, giallo, bianco, azzurro.
Ogni tanto mentre suggerivano all’asino di muoversi con piccole ed innocue minacce, parlavano tra loro pianificando la cena facendo ipotesi sul piatto principale, il contorno o il metodo di cottura.
Sotto il sole caldo di giugno, si passavano il vino, parlando della prossima vendemmia di agosto e ridendo degli scherzi fatti l’anno prima quando erano in tanti nei campi a raccogliere l’uva, quando erano vivi anche gli altri, quando erano stupidi tutti insieme, giovani e ingenui, ma genuini.
La tristezza velava i sorrisi, ed invece di guardarsi tra loro osservavano l’infinito, come se avessero paura di vedere nel viso dell’altro il terrore che mascherava il proprio.
Perché tutti e tre ricordavano benissimo il vento che trascinò via gli altri, avevano ancora bene impresso nella mente i loro amici portati dal vento ad un altezza tale da far perdere loro la conoscenza, per poi subito dopo lasciarli cadere.
Bellissimo racconto
Dolce e malinconico senza toni pessimisti, bello veramente.
Che bella l’artemisia, come il nome del gatto dei miei vicini ^_^