Mi piace immaginarla rilassata, tranquilla.
Svegliata da poco, prende il caffè. Si stiracchia, scacciando via gli ultimi aloni di sogni piacevoli.
Guarda un po’ di tv: qualche notizia al telegiornale, l’oroscopo (e sorride, forse perchè non ci crede, forse perchè la previsione per il suo segno è ottima).
Poi va in bagno e fa la doccia.
Il suo corpo è un intrico di sentieri per le goccie d’acqua e per i miei sguardi. Le sue mani prendono la spugna ed il bagnoschiuma, e li mischiano, prendendosi tutto il tempo che ci vuole. La lancetta dei minuti è piacevolmente dimenticata.
Non canta perchè ha vergogna. Crede d’essere stonata. Però sussurra le parole di canzoni (forse ha acceso addirittura la radio).
Quando finisce, chiude il rubinetto, ed esce dalla doccia, tutto intorno è vapore acqueo. Lei esce dalla nube, con l’acappatoio ed una asciugamani in testa.
Dà quache strofinata ai capelli per asciugarli. Poi si guarda allo specchio.
Lava i denti strofinandoli con ritmo e, cosa più che curiosa, ora canta. O per lo meno ci prova. Sorride pensandoci.
Va nella sua stanza e decide cosa indossare: una camicia bianca con il colletto largo, un maglione rosso, jeans attillati e converse rosse(?).
Poi torna in bagno.
E tutto senza frenesia.
Asciuga i capelli dandogli volume. Capelli che di loro sono ricci e castani. Li guarda. Non le piacciono, no. Troppo gonfi. Vada per la piastra.
E così li fa lisci. Li modella con la spuma.
E poi c’è il trucco. Ma prima ancora una telefonata.
Torna in stanza, prende il cellulare. Si sdraia sul letto ancora accaldata dall’acqua della doccia bollente.
Il suo corpo è disteso per la sua interezza, e nessun muscolo è contratto.
Aspetta con gli occhi chiusi che la voce dall’altra parte risponda.
Tutto è fatto. Ha comunicato ciò che doveva.
Resta ancora per un po’ sul letto. Con gli occhi chiusi, godendosi quella tranquillità.
Si rialza e torna al bagno.
Lo specchio l’accoglie acqua e sapone. Ha deciso: stamane solo un lieve velo di matita. Magari forse un po’ di rossetto.
Prima però, indossa le lenti a contatto.
La matita nera colora i cotorni degli occhi, rendendoli oltremodo grandi, lunghi: mandorle accese dall’intelligenza e dalla sensibilità.
Qualche ritocco ad una sbavatura, necessaria per farmi rendere conto che lei è umana.
Ora ha proprio finito.
E’ pronta.
Bella: ha reso appetibile al mondo ciò che ha. E non è poco. Anzi…
Prende il cappotto. Un soprabito grigio e avvitato, lungo fino alla coscia, e dalla fantasia geometrica che non saprei definire.
Ha il bavero largo come il collo della camicia, e sembra praticamente perfetto su di lei.
Le spalle piccole da donna, la vita stretta, i fianchi tondi, il collo fine. Una figura esile che mi piace paragonare ad un’onda, o forse alle ombre cinesi.
Prende la borsetta e ci ficca dentro di tutto, per ultime le chiavi di casa.
E’ sulle scale.
Scende lentamente i gradini, e intanto aggiusta un ciuffo di capelli che sente fuori posto.
Arriva al portone, lo apre, mi cerca con lo sguardo, mi vede.
 
Mi piace immaginarmi seduto sulla panchina di fronte casa sua. Il respiro che mi si codensa davanti la bocca come fumo a causa del freddo.
Nella tasca ho un sacchetto di lecca lecca.
Lei arriva mi dà un bacio.
Io mi alzo e prendo due lecca lecca. Uno per lei ed uno per me. L’abbraccio.
 
Mi piace immaginarci mentre andiamo verso il centro tenendoci per mano, succhiando i lecca lecca, cercando di camminare allo stesso passo, ridendo, fermandoci a guardare qualsiasi cosa che non sia l’orologio.
 
Sarebbe una bella giornata…(?)

 

6 pensiero su “Ad una donna che non c’è…”
  1. il testo ha un andamento lento, senz’altro voluto, che lo rende sognante, ma non abbastanza. Questo spiare la toilette mattutina è un po’ pignolo, ma accattivante. Comunque troppo prolungato.
    Farei più attenzione alle sviste che rovinano l’insieme (acappatoio, una asciugamani).

  2. ringrazio per la lettura e per il commento costruttivo… lo so che commetto parecchi errori di battitura, ma non sono dovuti all’ignoranza, direi più alla fretta e alle condizioni in cui verso, a volte, quando scrivo. grazie gloria

  3. a me questo racconto è piaciuto e mi ha colpito la possibilità dei diversi piani di lettura del racconto.
    – la figura della donna e la descrizione precisa dei suoi comportamenti fa presupporre che lo scrittore la conosca a fondo;
    – l’attesa dell’ io narrante suggerisce che potrebbe essere il suo innamorato oppure, e perchè no?, il figlio, visto che vi è affetto e semplicità proprio in quei lecca-lecca che sanno d’infanzia senza tempo.
    – e infine quell’accenno al tempo tiranno e quell’affermazione-domanda: sarebbe una bella giornata.
    secondo me l’autore che per sua stessa ammissione “quando scrive versa in complicate situazioni”, avvolge in un misterioso racconto tutto il suo affetto per quella donna che non c’è,
    e che lui spera sempre che possa un giorno esserci.
    con affetto.
    anna

  4. amici miei, la donna che non c’era, ora c’è!
    sono felicissimo e innamoratissimo… abbracci e baci per tutti… alla prossima, il vostro manu…

  5. ciao emanuele… veramente bello il racconto… ed ora? siete insieme?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *