Il Guerra, non ho mai saputo che provenienza aveva questo soprannome, era un uomo tarchiato e completamente calvo che gestiva un pezzetto di terra sull’Arno, proprio vicino al Ponte Giovanni Da Verrazzano che allora non esisteva, vicino alla Conceria demolita in seguito, proprio dove adesso c’è l’elegante Circolo Canottieri. Poiché l’apertura dello spazio avveniva solo nella bella stagione, l’uomo, dall’età indefinita, vestiva in pantaloni corti e canottiera, lasciando agli occhi la visibilità di un corpo avvizzito dal sole, ma muscoloso per gli sforzi fisici causati dagli spostamenti con le barche e dai tanti; tatuaggi di colore blu scuro evidenti sulle braccia, torace e gambe come una sua seconda pelle.
A quei tempi non erano visibili come adesso persone con così tanti tatuaggi, io per la verità avevo visto solo lui e immaginavo nella mia fantasia che lontani pirati lo avessero catturato e fatto prigioniero.
Praticamente un uomo avanti nel tempo: oggi, uomini così, tatuati, lampadati e palestrati sono molto comuni.
Aveva creato una piccola spiaggia mettendoci delle panche, due altalene e una tettoia in legno per l’ombra. All’epoca si pagava l’entrata, se la memoria non mi inganna, 20 lire, e potevamo starci fino alla chiusura.
Erano gli anni 1963- 1964 circa, io ero una bambina brava e giudiziosa, tanto che mia madre mi affidava sempre mio fratello, più piccolo di me di 5 anni. Sempre in compagnia di mia cugina Daniela di tre anni maggiore a me e sua sorella Donatella, detta, la Titta, più piccola di mio fratello di un anno.
Era proibito scendere sull’Arno, per cui non c’erano pericoli, a meno che non si cadesse dall’altalena…
Il luogo era fresco, ombroso, sicuro e divertente. C’erano mamme che cucivano, bambini che giocavano col secchiello, la fila sull’altalena e si faceva merenda al fresco sotto la loggettina guardando il fiume e le barche che scivolavano lente.
A me il Guerra faceva un po’ paura perché in quei tempi era difficile vedere gente così tatuata,quei segni blu scuri agli occhi di una bambina come me apparivano diabolici e non ho mai saputo il motivo per cui erano sparsi in tutto il corpo ormai bruciato dal sole e forse anche invecchiato presto.
Ho ricordi di storie raccontate da mia cugina, di canzoni di quei tempi, di schiacciata all’olio che chissà perché rammento di un sapore diverso da quella attuale, ho immagini di piedi sempre sporchi e sabbiosi, di vestitini colorati ben stirati, di risate allegre e la sera… sempre la speranza di poter tornare il giorno dopo.
E così, in una giornata di sole di un Dicembre ghiaccio ho rivisto il volto del Guerra, ora senza aver paura ma, piuttosto affascinata da quella testa calva con le sue forti braccia che spostavano barche in quell’Arno in cui chi sapeva nuotare si divertiva a fare il bagno.
Il Guerra certamente non avrebbe mai immaginato che un giorno lontanissimo, in altro secolo, una di quelle bambine fra la sabbia avrebbe raccontato di Lui, scorbutico lupo solitario, oggi, sicuramente a traghettare in prati blu.
Che bel racconto! Suggestive e realistiche le immagini del pomeriggio sull’Arno. Ho il tuo permesso di memorizzarlo in locale? Ogni tanto mi piacerebbe rileggerlo offline
X Giorgio
Grazie del passaggio di lettura e del commento.
Certo, ne sarò onorata!
Sandra
Ok