Sara procedeva spedita, le piaceva molto quella corsa mattutina nei boschi, con i colori dell’autunno.
Il Canada, chi ci avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe trovata lì, così lontana dalla sua cittadina del Molise …. Oppure no, era quello che voleva, per cui aveva studiato e si era impegnata così tanto, lei, la classica bella ragazza di provincia, magari destinata ad un “matrimonio giusto” con qualche giovanotto figlio di una famiglia facoltosa …
Ma la prospettiva non l’aveva mai allettata più di tanto: la biologia era il suo grande amore, un interesse nato al liceo e coltivato grazie alla bravura della Recchi, l’anziana prof di scienze che aveva saputo trasmettere alla sua allieva preferita anche la passione per lo studio e la ricerca oltre al suo sapere.
Arrivò a casa, una bella villetta messale a disposizione dall’Organizzazione: si infilò veloce sotto la doccia, colazione e via, alle 9 c’era la riunione del Team Calibrazione, il suo.
Anche la macchina era dell’Organizzazione: una macchina europea (le avevano usato questa cortesia) con la quale poteva raggiungere il compound dell’Organizzazione in un quarto d’ora di stradine poco frequentate.
Anche i suoi colleghi vivevano nelle vicinanze: l’Organizzazione aveva reperito alloggi per tutti a non più di 20 minuti di macchina, abitazioni singole o in piccole palazzine, immerse nel verde e ben arredate, non ci si poteva lamentare, pensò Sara mentre – superati i check point di controllo – parcheggiava nel seminterrato.
Prese l’ascensore fino al quinto piano, nuovo riconoscimento con badge ed impronta e, finalmente, raggiunse la sala riunioni dove c’erano già un po’ di colleghi, in gran parte giovani ricercatori come lei specializzati in varie discipline: biologia, sociologia, media e comunicazioni, statistica.
Alla riunione erano invitati i membri di un altro gruppo, il Team Velocità: erano loro, in realtà, che avevano il controllo dell’intero Progetto, in base alle loro rilevazioni tutti i team dovevano poi modulare le proprie attività, adeguandosi all’andamento dell’Evento Principale, che poi era il motivo per cui tutti loro si trovavano in quel luogo.
Complessivamente erano mobilitati circa 400 ricercatori provenienti da vari paesi del mondo, scelti in base alle loro pubblicazioni sulle riviste scientifiche più prestigiose nelle materie utili per il Progetto.
Nel Team Velocità c’era anche Alberto: milanese, era un brillante docente di ingegneria ambientale con una grande passione per i climi estremi che lo aveva portato a viaggi avventurosi e un po’ rischiosi sia al Circolo Polare Artico che nel Sahara.
Si, Alberto era decisamente fascinoso, con quell’aria mista tra il professorale ed il casual progressista e Sara non era indifferente alle occhiate che le lanciava mentre illustrava sullo schermo gli ultimi dati.
Purtroppo le informazioni non erano buone, dopo aver conseguito risultati incoraggianti durante la prima fase, la seconda fase stava andando piuttosto male e la velocità dell’Evento Principale aveva ripreso a crescere.
Sara sapeva bene cosa significava: sarebbe toccato al suo Team Calibrazione preparare la strategia di recupero ma le alternative non erano molte, anzi, per dirla tutta, non ce n’erano proprio e questo la faceva star male, le metteva una tristezza profonda.
Sara sapeva che ciò che stava facendo, ciò che stavano facendo tutti loro lì, nella struttura principale del Progetto ed i loro colleghi nelle altre strutture sparse in vari paesi, era di importanza vitale per il mondo, per il futuro dell’umanità ma non riusciva a rassegnarsi al fatto che tante persone dovessero soffrire, perdere la vita per salvare quella di tutti gli altri.
Terminata la riunione Alberto le si avvicinò: aveva notato il velo di tristezza sul volto di quella bellissima ragazza e voleva in qualche modo incoraggiarla.
“So a cosa stai pensando Sara” le fece comprensivo “… ma non possiamo fare altrimenti: lo sai bene, o intervenivamo adesso oppure la situazione sarebbe diventata irreversibile e non ci sarebbe più stato un futuro, perlomeno per il tipo di mondo che conosciamo”.
“Si, lo so bene. Non ti preoccupare poi mi passa, è che non mi ci abituo all’idea di dover fare le calibrazioni, è come se avessi davanti agli occhi le conseguenze sulle persone, in tutto il mondo”
La decisione era stata presa nel 2019, dopo l’annuncio degli Stati Uniti di uscire dall’Accordo di Parigi, un passaggio ritenuto fondamentale per dare concretezza al Protocollo di Kyoto. I politici americani avevano tentato di far cadere il Presidente prima che prendesse quella decisione così dirompente ma non ci erano riusciti, quindi il controllo era passato nelle mani degli scienziati per dare esecuzione al Progetto.
I principali governi del mondo erano stati chiari: contenere in maniera drastica le emissioni di CO2 dimezzando la velocità dell’economia, del benessere, della crescita dei paesi in via di sviluppo e dei PIGS, imporre drastici sacrifici ai paesi più sviluppati era un esercizio politicamente improponibile.
Dal punto di vista economico significava riportare indietro le lancette di oltre 50 anni con un impatto pesantissimo su alcuni miliardi di individui, soprattutto nei paesi più avanzati o in forte crescita rinunciando a viaggi, automobili, modelli di consumo e di benessere.
Se anche non si fossero curati delle conseguenze elettorali (e non tutti erano disposti a trascurare questo “dettaglio”) i governi indicavano unanimemente previsioni di vaste rivolte sociali non controllabili con il ricorso alle normali repressioni di polizia, il rischio dell’instaurarsi di regimi dittatoriali e, la cosa più temuta, l’insorgere di guerre per il “diritto ad inquinare” nel tentativo di scaricare sugli altri popoli l’onere di contribuire al controllo del surriscaldamento globale.
Sara tornò alla sua postazione, sapeva bene cosa sarebbe accaduto ora ….
La calibrazione consisteva nell’aumentare la pressione psicologica sulle persone per accentuare la propensione a ridurre i consumi direttamente responsabili della produzione di CO2, in primis i trasporti.
Dal suo PC prese contatto con il Team Intervento 4, in Europa e diede disposizione per il rilascio della mutazione 2.5 del virus: nel giro di un mese sarebbe stata scoperta ed avrebbe rialzato il livello di preoccupazione in tutto il mondo, riportando gli interventi di lockdown alla situazione ideale di inizio estate quando la produzione di CO2 era crollata e sulla Cina meridionale era scomparsa la mostruosa e gigantesca nube di smog che grava da decenni sulla terra e sul mare.
Del resto, non avevano trovato altra via d’uscita: il Team Soluzione che coordinava i centri di ricerca sulla fusione nucleare stimava ancora 5 anni di lavoro per una produzione di energia stabile da quella fonte ma in 5 anni il livello di scioglimento dei ghiacci avrebbe provocato l’inondazione delle città, delle terre coltivate e causato danni incalcolabili ed irreversibili.
Un virus che costringesse il mondo intero a restare chiuso in casa, a non usare l’aereo, la macchina, che rallentasse l’economia globale era l’unica idea percorribile: i virus non vengono eletti, non scatenano guerre, solo paura e rassegnazione.
“Si, è l’unica via” pensò Sara mentre inviava le istruzioni.
Letto come racconto è intrigante, ma letto come possibile verità ci apre gli occhi su un panorama umano che è, da sempre, davanti a noi.
Quale delle due letture sarà quella vera?