Milano, lunedì.
Dodici minuti per attraversare Sarpi-Chinatown, giustamente intitolata a un veneziano.
Ma no, cambiamo strada.
Diana alle otto e 12 devia per il Monumentale, più scorrevole forse. Almeno nel rettilineo riesce a farsi il contorno labbra, rosa, di un euro al mercatino di Fauché del sabato, di quando non è tornata a Rimini.
Peccato, lo iodio avrebbe sturato Leo, milanese, cinque anni, ormai pronto per pedalare verso la Santissima Trinità, materna dalla forte componente asiatica dove della Cina gli spiegano poco.
Gira il retrovisore di una scatoletta di macchina, i primi fili d’argento da mamma sono così interessanti, quasi un peccato che vadano colorati per la morale d’ufficio.
Alla stazione Garibaldi i quattro serpentoni di automobili finalmente si distribuiscono più razionalmente e la Smartina con il cuore di rossetto sul muso s’intrufola fra le più ingolfate utilitarie, che vengono dai quartieri della cintura. Bene allacciata dal Sempione.
In San Gregorio c’è la fila davanti all’Esatri. Il presunto bollo del motorino del 2001 sarà stato pagato? Tanto il motorino è stato rubato dagli zingari di Bollate, dicevano due multe del giorno dopo, che non avevano il casco ed erano in due, secondo i vigilantes.
Chissà se non paghiamo, imporranno il blocco del mezzo?
Password: leonardo.
Antivirus, interfaccia, F12 e con un gesto salvi le news.
Una ogni dieci minuti, il minimo di questi tempi di giornali sul web. Ogni notizia nasce e muore appena lanciata. Non c’è tempo per pensarla, solo di scriverla. Cerca anche di metterci del tuo, sennò è come fare i buchi nelle cinture dei magazzini all’ingrosso dei cinesi, appunto.
Serialità, replica del modello, dicono. Semplicemente spreco?
Giornalisti a tempo, come i contratti che hanno dato la flessibilità agli editori, un lavoretto a Diana, senza apparente obbligo di frequenza. La settimana è fatta di cinque anche per quelli a progetto, sia bene inteso. Se manchi un giorno la mole cade a pioggia sui compagni di desk, e non è giusto. Intanto Leo si spara otto ore d’asilo per te che ne fai sei di un part time non bene contrattualizzato.
Ore 16, già in ritardo e via Tunisia è ferma. Il pomeriggio va in discesa e per fortuna c’è luce fino a dopo le sei, ancora una chance d’incontrare l’amichetto tiratardi al parco. Ecco il cancello verde. Ieri del nido, col citofono che la prima volta di “sono la mamma di…” ha tremato.
Oggi si entra con una fiumana di tate ecuadoriane, nonne portentose, papà rarissimi, Diane volanti e fuori tempo massimo quasi sempre. I bambini del doposcuola aspettano seduti ai tavoli dopo la merenda. E uno ad uno si sciroppano la presa della mamma altrui. Ma quando è il mio turno? “Eccola! Vedi? E’ la mia mamma, perché è tutta bianca, non è la tua” – dicevi appena ieri. Cappottini e berretti tutti in fila, profumo di pane e banana, come nella prima cartella di quell’ottobre 1975. E’ fatta anche oggi.
Ecco l’ora tutta per me direbbe la Woolf.
Basta mettere insieme le frazioni di 12 minuti tra l’andata ed il ritorno più un colpo di spazzola, i dieci minuti di una notizia che ne valeva la pena, e fa trentaquattro. Il resto dei ventisei è tutta per vederti nuotare di gioia insieme agli altri paperi del corso dell’Emanuela, alla piscina comunale Da Procida. Il cui Giovanni morì a ottantotto anni nel mille200, un record dice Wikipedia. Animò i Vespri Siciliani che scoppiarono il lunedì di Pasqua perché un soldato francese volle frugare sotto la gonna di una nobile. Finalmente è lunedì, manca anche poco a Pasqua, e Diana domani si mette una sottana.
Cara Paola, abitualmente leggo poesia, i racconti raramente mi attraggono.. dò un’occhiata e poche righe dopo, lascio perdere. Se vi trovo qualcosa di stimolante o sono in buona forma mentale (non ho 90 anni ma 43, è solo che digerisco i fulmini, non i tuoni), finisco di leggerli. Libri? non se ne parla. Amo ritmi e linguaggio ‘irreperibili’ e quando capito negli ipermercati, anche lì una sbirciatina, per comprendere perchè quel libro o l’altro divengono dei best-seller. La maggior parte non mi convincono, subito, ad una prima occhiata. Credo esista anche per la lettura, il ‘colpo di fulmine’, o almeno qualcosa che gli somiglia molto. Vi sono eccezioni, ma sono rare. La tua ‘penna’ possiede qualcosa di non comune. Non è facile seguirti ma affascini, costringi quasi il lettore a leggere la riga seguente. E ciò è magnetismo, lo stesso che rende grandi pochi attori, ad esempio. Produci qualcosa che esula dai comuni dettami e che incolla alle parole, al ritmo, di un’originalità eccellente. E l’impressione che si ha è che non lo cerchi consciamente, ma per natura. Sviluppare un racconto, un qualcosa che possieda la stessa forza ed imprinting narrativi, riuscendo a tenerlo compatto per 150-200 pagine, appare ai miei occhi impossibile, sovrumano. Ma credo che per te sia possibile. Provaci, è il solo consiglio che riesco a darti.
Un saluto, Paolo.
Paola, grazie. Riesci a rendere lieve anche ciò che non lo è… Hai un’energia narrativa fuori dal comune, ma lo so, sei speciale, e questa è un’ulteriore riprova!
Meriti molto, molto di più di quanto non sia successo fino ad adesso. Un abbraccio
C.