Sicilia.
Paese dalle mille contraddizioni, paese dalle mille ricchezze.
Paese di colori, di profumi, paese di agrumi e distese di gelsomini, di lande deserte e abbandonate, di ricchi monasteri, paese di confusione e di paura.
Paese bastardo e puro, terra circondata dall’azzurro del mare e culla dell’Etna, gigante di fuoco.
Sicilia, ti ho conosciuta in un mese d’inverno, quando il freddo ti attanaglia il corpo, e il sole concede pochi raggi e di breve durata, quando la notte scende in fretta sulla terra e ti coglie il buio troppo presto.
Ti ho conosciuta, spogliata dalle vesti di ospite vacanziera, con il mare intatto e le spiagge deserte, con le strade, i vicoli e le piazze libere da intrusi e da masse di stranieri, abitate invece dai tuoi veri figli, nati e vissuti in te, i siciliani.
Ti ho conosciuta attraverso gli occhi, il gusto, il tatto e l’entusiasmo di un tuo figlio, che dopo tanti anni di lontananza è tornato a respirarti, Francesco.
Con lui ti ho percorsa chilometro dopo chilometro, mi sono intrufolata in ogni tuo angolo, ingozzandomi, senza alcun ritegno di ogni dettaglio, di ogni particolare e tu mi hai regalato un meraviglioso spicchio di vita che ancora oggi possiedo dentro.
Mi sono riempita le orecchie del suono della tua lingua, un dialetto difficile da capire, incomprensibile direi, ma in fondo così musicale e così intenso.
Mi sono cibata dei tuoi piatti, cibi ricchi di spezie, arabeschi, barocchi come le tue chiese, di cannoli, cassate e di frutta martorana e ubriacata del succo delle tue vigne, coccolate sotto un sole caldo e cocente, maturate su una terra fatta di sudore e di dolore.
E in quel viaggio così colorato, c’è un episodio speciale che ricordo con intenso piacere ed immensa commozione, un episodio durato pochi minuti ma magico ed irripetibile.
Tornavamo da Capo Passero, luogo remoto, la tua estrema punta meridionale, per me il confine del mondo e nel confine del mondo in quel preciso momento ho vissuto la vita.
Percorrevamo una stradina che costeggiava il mare, di ritorno da una giornata di vagabondaggio, con il sole che scendeva lentamente verso la sua tana per un meritato riposo e lasciava dietro sé sfumature rosa-arancio nell’immensità di un cielo scolorito di azzurro.
A sinistra dalla parte di Francesco alla guida, in lontananza si intravedevano piccole e grandi colline blu, a destra più vicino al mio sguardo il mare lievemente increspato alla riva in attesa di addormentarsi nel buio della notte.
Tra scogli affioranti, improvvisamente un’ombra “Frena!” grido sottovoce a Francesco
“Guarda… cos’è?” Non riuscivo a capire, a mettere a fuoco.
E insieme nel silenzio più assoluto, ci si è fermato il tempo, per tornare indietro in un passato lontano, per immergersi in una realtà a noi sconosciuta. Una caccia primitiva, primordiale.
L’uomo e il mare.
L’uomo a confronto con la natura e con se stesso.
Vestito d’ombra, chino sulle gambe, quasi un tutt’uno con la spiaggia annerita dal colore dell’imbrunire, un pescatore teneva tra le mani una rete e nel silenzio, spiava, guardava tra le acque la sua preda, mimetizzandosi sempre più, con passi felpati e movimenti lenti, in agguato, in attesa, in attesa del momento giusto.
Abbiamo seguito per qualche minuto quella danza leggera, silenziosa ed abbiamo, entrambi, respirato l’antico, l’essenziale.
E’ come se in quel momento fossimo saliti sulla macchina del tempo e tornati indietro di mille anni, in una realtà primitiva, dove il confronto tra l’uomo e la natura avveniva ad armi pari.
Cara Sicilia,
il tuo fascino è anche questo, quello di regalare ancora oggi, una parte del passato che non abbiamo vissuto e che non tornerà mai più.

 

10 commenti su “Sicilia”
  1. Ciao, tutto ok per i colori ed i profumi, ma la definizione “terra bastarda” sembra sia fuori luogo. Saluti…

  2. Cara Elisa, io sono una siciliana, e ti ringrazio per questa bella descrizione, 2 anni fa’ sono andata in vacanza a portopalo di capo passero.
    Se ti ricapita, vienimi a trovare…..
    Con simpatia…. Grazia

  3. Per Laerte:
    scusa per la polemica (di solito non lo sono) e scusa se ho toccato la tua suscettibilità, ma ogni parola può assumere sfumature diverse e diversi significati (anche se non da vocabolario)….si tratta di sensibilità e di entrare dentro a ciò che si legge.
    Rileggi se vuoi ciò che ho scritto…….amo la Sicilia, le sue bellezze, i suoi profumi i suoi colori, amo la persona che è nata su quella terra, una terra che è stata preda di tanti popoli diversi e che ha nel sangue dei suoi abitanti un cocktail di culture diverse.
    Ognuno vede quel che vuol vedere….la mia non era certo un’offesa, non sono per “la razza ariana”…potevi concedermi la licenza
    Con simpatia Elisa

  4. Ciao, di solito le cose che amo non le chiamo “Bastarde”, licenza concessa. Saluti…

  5. Laerte non sono affatto d’accordo con te, se sai cosa significa davvero bastardo e se ami la crudezza delle parole, perchè ami la verità, ameresti anche questa parola della poesia scritta.
    Brava Elisa, bellissima poesia, non solo sulla Sicilia, ma anche sulla storia.
    amo queste frasi: respirare l’antico l’essenziale, e “dove il confronto tra uomo e natura avveniva ad armi pari” …hai colto nel segno!

  6. Sono contenta che tu Silvia mi abbia apprezzata… c’è tanto sentimento in queste righe e tanto di me….
    Grazie
    Ciao Elisa

  7. Scrittura bella, semplice e potente, quanto può essere bello semplice e potente quel pescatore in riva al mare…
    Parte del passato, è vero, si può trovare in Sicilia, e ti consiglio di vedere quanto Pantelleria, vera punta meridionale estrema dell’Occidente, possa figurarti quel mondo atavico, di cui sì poco ci si ricorda.
    Ciao e Grazie!

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