Mi piace parlare,
parlare con te,
con te che m’ascolti,
m’ascolti e sorridi.
Ti guardo negli occhi,
negli occhi un po’ stanchi,
ti vedo, ti chiedo, ti credo,
non cado ma resto lì dietro,
deluso e contento,
rifletto sgomento.
Mi chiami e ritorno;
se più non è giorno,
non resto da solo,
ma corro, m’involo,
ruotandoti intorno.
Rivango il passato,
collego il tramonto
all’orizzonte intasato.
Ripicca confusa,
valanga d’assalto,
sapore di smalto
colora i tuoi graffi.
Brilli d’estate
sui lidi e le onde,
la veste di sera
svolazza con garbo,
rispetta il rumore,
stordisce il clangore.
Sfavilli d’inverno
sui rami e le fronde,
spumeggi mai stanca:
ti fai tutta bianca,
riveli il sorriso,
corolla sul viso.
Eccoti davanti,
attoniti i passanti:
nero lo scialle,
atro tegmento,
fiero lo sguardo,
tenue e maliardo,
un’aria d’attesa,
rondine indifesa…
“La poesia inizia con un “tu” confidenziale, ma la persona a cui è diretto si rivela quanto mai sfuggente ed enigmatica. È capace di ascoltare “l’altro” e di sorridere, ma I suoi occhi sono stanchi, non del tutto partecipi. Seguono una serie di verbi incalzanti: “l’altro” richiede la sua attenzione, non crolla di fronte ad un diniego, ma rimane comunque vicino. Questa vicinanza lo rende contento anche se deluso. L’ossimoro deluso/contento è superato dallo sgomento che affligge il pensiero. Tuttavia è sufficiente un richiamo per involarsi, ruotando intorno al “tu”, divenuto perno della propria esistenza.
Pure riaffiora il passato con le ripicche, le accese dispute, i doloranti graffi sull’anima. Ma ecco, come per magia, il “tu” si trasforma in una presenza arcana, che brilla d’estate, ma sfavilla anche d’inverno. Non c’è più stanchezza, ma un chiaro sorriso nella “corolla del viso”.
Continua però il gioco dei contrasti: il suo nero scialle può incutere timore, il suo sguardo è fiero, ma anche “tenue e maliardo”. Come comprendere la contraddittoria essenza del misterioso “tu”? Si svelerà? No, l’ultima metamorfosi è quella di una piccola “rondine indifesa”, pronta a volare via.
Alla versificazione iniziale semplice e piana si sostituisce via via una complessità strutturale che nei frequenti ossimori, nelle metafore, nel ritmo serrato rivela l’abile padronanza del linguaggio poetico posseduta dall’autore.”
Tra le ipnotiche volute di “Sei tu” si delineano, dipinti attraverso uno sguardo intimamente personale eppure universalizzati con maestria, i profili essenziali di tutte le relazioni sentimentali – relazione che sarebbe facile interpretare in questo caso come un amore romantico, se non si mantenesse costante sul filo di un’elegante e allusiva ambiguità, a rendere superfluo ogni tentativo di vana definizione. Qualsiasi sia il filo che lega le due figure che animano il componimento, è evidente come l’enigmatica dedicataria sia posta – in uno spazio tanto fisico quanto meta-fisico – sempre un po’ oltre chi le canta questi versi. È un sapiente meccanismo di rovesciamento quello che porta ad accorgersi, leggendo, dell’impercettibile inversione di ruoli tra soggetto logico e grammaticale: la misteriosa protagonista è sempre oggetto, la prima persona proposta appartiene al suo infaticabile e commosso ammiratore, eppure è proprio lei, la musa, ad essere il centro di tutto. Non solo chi le parla continua a seguirla, mai a camminarle accanto (“resto lì dietro”/“eccoti davanti”), e anzi arriva a ruotarle intorno ergendola a punto centrale del proprio universo: la sublimazione del soggetto assoluto è, peraltro, suggerita da un titolo che parla per sé – appunto, “Sei tu”. C’è un che di ineffabile (ben riassunto anche dallo sforzo intrinseco al frequente uso della reduplicatio nei primi versi) nello spirito di questa creatura che assurge quasi a donna-angelo, una Beatrice che guida, sorride con saggia benevolenza, è accogliente ma fiera e, soprattutto, brilla. Che sia estate o inverno, la sua luce splende mai diminuita. Il suo potere salvifico è, comunque, ridimensionato da un carattere perfettamente terreno, evocato dal ricordo, pur marginale, delle tensioni e dei dissidi che nascono in tutte le relazioni. È sul finale che si consuma la modernità del rapporto fotografato in “Sei tu”: il riferimento alla “rondine indifesa” e la reticenza conclusiva riportano la donna cantata a una dimensione di meravigliosa, umana fragilità. Quella che sembrava una dipendenza a senso unico assume i contorni più definiti di una inter-dipendenza, ma sana e consapevole. Lui ha bisogno di lei, tanto quanto lei ha bisogno di lui.