Giovane architetto sui trent’anni o poco più, alto, magro, castano e occhi nocciola, spiritoso, allegro, pieno di entusiasmo, giovane uomo da qualche mese libero come l’aria, questi é Martin Jackson, figlio di un’italiana ed un medico inglese.
Lo studio dove lavora, in società con altri giovani colleghi, é attualmente la sua grande soddisfazione, da quando il suo rapporto con Jessica si é interrotto, dopo lunghe ragnatele intrecciate dalla folle gelosia di lei nei suoi confronti. Jessica é molto bella, ma é una di quelle donne rese insopportabili dalla continua gelosia sia nei confronti del suo uomo ma anche verso le amiche; sul lavoro, un soffiare sul collo continuo sospettoso e noioso. Alla fine il rapporto si é logorato al tal punto che Martin ha deciso che al massimo poteva essere una bella cornice da attaccare con un chiodo al muro e guardarla ogni tanto per decidere quale quadro metterci dentro.
Quella mattina faceva colazione al solito bar difronte allo studio e quando la donna entrò, per poco il cappuccino andò ad innaffiare la camicia perfettamente stirata dalla lavanderia. Era una donna evidentemente più grande di lui, sulla quarantina, alta, magra, dai capelli corvini raccolti dietro la nuca, gli occhi più neri che avesse mai visto, praticamente un tappeto di velluto nero, e la pelle bellissima color avorio. Si sedette sullo sgabello, accavallò le lunghe gambe scoprendo il ginocchio magrissimo e tondo ed ordinò un bicchiere di latte freddo.
Martin notò che le sue mani affusolate erano nude, nessun anello e nessun gioiello al collo, solo l’orologio d’oro al polso sinistro. Quel bicchiere di latte era un bel contrasto con la sua pelle color avorio naturale. Per i colori Martin aveva la fissa, osservava tutti gli accostamenti sempre e in tutti. Bene, era perfetta.
Appena sorseggiato il suo latte, la donna sorrise al barista, pagò alla cassa e se andò. Lui attraversò la vetrata la guardò allontanarsi e con sua sorpresa vide che entrava proprio nel portone dove era locato il suo studio. Il cappuccino ormai era una brodaglia fredda, si affrettò a pagare e via di corsa, si apprestò a raggiungere il portone. Entrò in studio, ma ci trovò solo uno dei suoi due colleghi, intento sul lavoro che lo salutò senza alzare lo sguardo dal tavolo da disegno.
Martin – Luca, é entrato nessuno? –
Luca – Tu ci vedi qualcuno qui dentro? –
Martin – No, é che ho visto una donna bellissima… e… –
Luca – Martin, ci risiamo, tu vedi sempre donne bellissime ovunque, ma trovane una vera, magari meno bella, che ti faccia felice e mettiti tranquillo.-
Martin rimase in silenzio, accusò il colpo e pensò che forse era meglio mettersi al lavoro. Ma la sua testa lavorava in un’altra direzione e si mise a pensare alle persone che abitavano in quello stabile.
C’erano per lo più abitazioni di famiglie ed uno studio di medici. Forse poteva essere andata da un medico per una visita. Non conosceva nessuno, salutava tutti gentilmente, ma non sapeva bene neanche i loro cognomi; forse era il caso di occuparsi della questione e fare un po’ di indagini, proprio come era nello stile di Jessica, a cui niente sfuggiva.
Nel frattempo fra un lavoro ed un altro, un cappuccino ed un caffè, Martin osservava tutto, la strada, le scale, il bar, l’aria, i profumi; forse stava diventando un’ossessione. Poi, esattamente una settimana dopo, quasi si scontrarono per entrare nel portone. Martin sempre distratto, lei di fretta e così furono costretti a farsi le dovute scuse.
Martin – Mi scusi Signora, ma lei abita qui? Sono l’architetto del piano di sopra e non l’avevo mai notata…
Signora – No, sono l’insegnante del giovane del terzo piano.
Martin appurò immediatamente il nome della bella signora che da vicino era forse meno giovane di quello che poteva sembrare, si chiamava Giulia ed insegnava inglese allo zuccone ventenne del terzo piano.
Riuscì, senza fretta, a corteggiarla in maniera elegante; la scusa era molto banale, era figlio di un inglese e conosceva la lingua alla perfezione e Giulia adorava la sua materia, era piacevole parlare con lei sorseggiando latte freddo e cappuccino.
Poi passarono alle cene a base di pesce, alle grigliate di carne e alla colazione nelle camere d’albergo al mattino, con lo sfondo marino.
Giulia aveva dieci anni esatti più di Martin, era divorziata e senza nessun figlio, adorava Martin in inglese e in italiano e di nuovo Martin, nonostante tutta la perfezione di Giulia, il suo buo gusto, la sua tolleranza, il suo camminare in punta di piedi senza chiedere niente, iniziava a sentire il fiato sul collo.
Era nuovamente agitato, non sapeva come fare a rompere questa relazione così educata, così passionale, così monotona.
Poi, iniziò a nascere nella sua testa un ragionevole dubbio: forse non era fatto per amare una sola donna, forse ne doveva amare tante. Un solo rapporto e sempre quello lo limitava e prima o poi lo annoiava e fu così che anche la bella Signora Giulia fu messa da parte e tante altre arrivarono e se ne andarono, ma Martin non rimase mai a lungo solo.
– Buon giorno, Architetto, come va stamani?-
– Non troppo bene Signora Natalina, purtroppo, la gamba mi fa sempre più male, meno male che c’é l’ascensore, altrimenti non so proprio come farei a salire queste scale, a proposito, si é interessata per me, per la nuova domestica? Non so come mai, sono sfortunato, nessuna rimane a lungo da me, eppure pago puntualmente…, cerchi ti interessarsi per favore, perché da solo in casa non posso fare a meno di un aiuto.-
Lo farò senz’altro, Achitetto, come sempre, forse é Lei che è troppo esigente….
L’Architetto Martin, non rispose, era pure diventato sordo, faceva pena vederlo trascinare quella gamba dolorante che non gli dava tregua. … E pensare che era stato un uomo brillante, pieno di donne e adesso, vecchio, con tutti i suoi soldi, non riusciva a tenere in casa a lungo neanche una cameriera.
…Ah, la vita!…
un bel racconto, ben scritto che stigmatizza la continua insoddisfazione dell’essere umano che concentrato solo su se stesso non sa andare oltre il proprio egoismo e alla fine si ritrova ancora più solo.
un uomo gretto il nostro eroe che può essere un grande nel lavoro, ma un poveraccio affettivamente.
i sentimenti e l’affettività vanno coltivati.
brava
anna
….Ah, la vita!…..
bel racconto, povero architetto, ma non poteva aspettarsi altro.
Grazia