Sperando di godermi una stupenda mattinata sugli scogli di Mergellina, accompagnando la tintarella con qualche chiacchiera con le interessantissime zoccole del luogo (mi riferisco ai roditori), ero in attesa del bus alla fermata del corso Garibaldi. Sfoggiavo orgogliosamente una canottiera unta, un pantalaccio liso e una logora borsa a tracolla: le pie suore della vicina mensa dei poveri avevano più volte compassionevolmente provato a convincermi a pranzare da loro.
I pullman che passavano erano tutti affollatissimi, tanto da costringere gli autisti ad ospitare i passeggeri anche sul tettuccio. Così fui costretto a rinunciare a salire su ben cinque pullman, i quali erano così gremiti che gli autisti cedevano il posto alle persone più anziane. Vessato dal sole, mi addormentai appoggiato ad un cassonetto stracolmo. All’improvviso fui destato dalle sguaiate grida scaturite da un banale litigio, di cui era protagonista fragoroso Cirruzzo Manaveloce, detto Lupin, che epitetava, tra il consenso generale, ladri un gruppo di turisti giapponesi, accusandoli di sottrargli il lavoro e di attentare al suo portafogli. Gli stranieri, non comprendendo le sue parole, continuavano a sorridergli e a scattare foto.
In quel frastuono una signora, strattonandomi per la borsa, mi chiese: -giuvinò, vi pozzo chiedere un piacere?-; mi indicò un bambino molto piccolo, abbellito amorevolmente da orecchini e tatuaggi, aggrappato alla sua gamba, -il criaturo è curioso e vuole vedere un po’ nella vostra borsa cosa c’è. Ja, ciò facit ‘sto regalo a criatura?- Balbettai una replica, ma la signora, a sostegno del valore istruttivo dell’esplorazione, mi citò Montessori, Jean Piaget, Abbott e Rosseau, insomma i mostri sacri della pedagogia a cui non seppi dire di no. Appagato dal bene che stavo procurando alla crescita del bambino, monitoravo però la sua ispezione, ma fui severamente redarguito dalla signora: -giuvinò, ma se voi lo guardate quella la criatura si emoziona, si intimidisce e mi diventa autista-. Tentai di replicare, ma un’anziana signora, che sedeva comodamente e occupava con le borse della spesa gli altri posti, irruppe violentemente nella discussione: -disgraziato, prendersela con questo angioletto! Disgraziato, ma che cor  tieni?- Un anziano signore scattò dalla sedia per sostenere la signora: -ma che omm sì? La signora una cosa sola ti ha chiesto e manco gliela fai?-. I presenti, concitati, inveirono dure offese contro la mia persona; così, convinto di essere un mostro, permisi al bambino di visionare indisturbato il contenuto della borsa. Intanto la  mia attenzione fu catturata da un ingombrante bazar, allestito sul marciapiede di fronte da una comunità rom, in cui erano esposti oggetti sudici, ma dal marcato sapore multietnico: un cesso reperito in qualche cassonetto di Forcella, cd hard con attori africani e manga porno di provenienza giapponese, erano alcuni tra i tanti oggetti acquistabili. Il mercatino pareva molto apprezzato dai cittadini, che osservavano attentamente la merce e contrattavano astutamente sul prezzo. Mi volsi e mi accorsi che la signora con bambino non c’era più. Chiesi delucidazioni agli anziani coniugi con cui avevo piacevolmente conversato poco prima.
-Giuvinò, j mo sono arrivata- rispose la signora. –Ma come, la signora di prima… quella col bambino…- tentai di spiegarle gesticolando, ma fui aggredito dal marito
-nun sapimm nient, noi mo siamo arrivati, hai capito?-. Deglutii e mostrai di aver capito. Mi accorsi che nella borsa mancava il portafogli. Allarmato, rivoltai risolutamente la borsa, illuso che potesse essersi impigliato in qualche tasca interna.
Disilluso, risolsi che rivolgersi ad un commissariato fosse la cosa migliore.

 

7 pensiero su “Tarantelle Napoletane”
  1. Veramente spassosa, per chi poi conosce il posto e quella gente è praticamente la fotografia di ciò che quotidianamente avviene, specie in Estate. Si nota un’abile penna ed un’ottima terminologia. Ma perchè scambiare chiacchere con le “zoccole” roditori? Perchè il pratogonista si è conciato da pezzente pur avendo un appetibile portafogli? Non avrebbe reso meglio se fosse stato un Napoletano medio, pulito e ben vestito? Perchè dare sempre il peggio di noi, i panni sporchi si sa…
    Con simpatia

  2. se Laerte non ti avesse lasciato il commento che ti ha lasciato, non mi sarei permessa di dirti la mia e cioè che sarebbe forse il caso che i napoletani non indulgessero più su certi aspetti della napoletanità che avviliscono chi in un’altra Italia vive e crede che simili episodi appartengono al passato e possano non avvenire più.
    scrivi bene, ma per piacere, scrivi d’altro.
    il tuo non è uno scritto-denuncia, non vedo una presa di distanza, fa solo arrabbiare chi a Napoli non vive e vorrebbe avere del Sud un’altra prospettiva.
    anche perchè, grazie a Dio, non tutto il Sud è così come lo descrivi.
    scusami.
    anna

  3. A Anna e Laerte.. avete ragione, ma bisogna ammettere la necessità di essere realisti ogni tanto, a Napoli c’è tanta brava gente, ma purtroppo ce n’è anche tanta che poi così brava non è. A me è capitato di andarci qualche tempo fa, e sono tornato con un paio di occhiali in meno, cosa che nella mia città o in altre circostanti non è mai successa e probabilmente mai succederà. Capisco che sia brutto parlare di Napoli sempre in questi termini, ma purtroppo non sono miti, non sono leggende, è una realtà e in quanto tale va discussa, affrontata. Complimenti all’autore, una lettura davvero molto piacevole.

  4. per Eumolpo:
    esiste anche la damnatio memoriae.
    se i malvagi e il loro entourage fossero condannati a non essere ricordati e ad essere cancellati dalla memoria collettiva, se le cattiverie e le ribalderie, nonchè il bullismo e tutto ciò che è fuori dalle righe venissero puniti severamente e non raccontati con divertimento e larvata ammirazione, cambierebbe l’ottica di giudizio e forse anche quella di comportamento e quasi di fiancheggiamento.
    è inutile strombazzare ai quattro venti la propria indignazione per tutte le mafie e poi celebrare il furto e l’imbroglio con candore sorridente.
    mi rendo conto che il mio giudizio è molto duro, ma il “simmo e Napule, paisà” (i napoletani mi perdoneranno la grafia incerta) ha fatto il suo tempo e non ha più alcuna scusante.
    se l’Autore di questo racconto, che non manca di capacità narrativa, si impegnasse in prima persona per parlare della sua città e dei suoi concittadini in modo didascalico e positivo, contribuirebbe con il suo granellino di terra alla costruzione di un grande giardino.
    essere artisti, scrittori, pensatori è anche questo.
    e mi scuso sempre per questo mio modo inflessibile di vedere la cosa.
    anna

  5. Innanzitutto ringrazio tutti per i commenti.
    Quello umoristico è il mio genere: mi diverto molto a rendere grottesca la realtà che mi circonda.
    Non è per parlare male di Napoli, ma furono due giorni proprio brutti quelli in cui scrissi il racconto.
    Mi rubarono il portafogli. Andai a fare la denuncia in un commissariato distante un chilometro, perchè quelli più vicini erano chiusi. Il giorno successivo, allo sportello comunale, dopo aver subito una lunghissima fila in cui i furbi erano tanti, l’impiegato si è rifiutato di farmi la carta di identità perchè la denuncia non era in regola. Sono tornato al commissariato altre due volte, facendo l’avanti-indietro per chilometri. Poi, tornato a casa, dovetti affannarmi a contattare i vigili perchè una macchina aveva parcheggiato nel posto riservato a mio nonno, invalido. I vigili non hanno provveduto affatto neanche a far giungere una vigile per la multa. Tornato a casa, come normale, avrei voluto fare una doccia, ma l’acqua mancava per un grave guasto accidentale alla conduttura centrale, causa lavori.
    Sì, Napoli ha tanti tesori, lo so perchè con il comitato studentesco nella mia scuola mi impegno nella valorizzazione delle ricchezze di Napoli, ma vi assicuro che l’istituzione napoletana fa proprio schifo.

  6. E bravo Conte: i napoletani sono spesso dei gran signori.
    Continua a scrivere così e di queste cose.
    L’indignazione non cura e non basta. Meglio come fai tu: prendere le distanze dalle cose con l’ironia. Non è esaltare i difetti , ma affrontare la realtà con altre armi. Tra l’altro è una illustre tradizione letteraria partenopea: da De Filippo a
    Carosone.

  7. Non è che al nord non succedono queste cose, a me hanno rubato la giacca dentro la macchina in tre minuti, il tempo che risalivo in casa, quindi vi dico che sono terrona e me ne vanto, perchè come si disegna Napoli e il sud in generale mi fa proprio rabbia, la delinquenza c’è anche altrove, non solo a Napoli.
    Saluti da una terrona doc

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