Durante gli anni cinquanta, nel piccolo paese di Itri, un borgo in provincia di Latina, che in un passato ancor più remoto, fino ai primi anni trenta, aveva fatto parte del territorio “Terra di Lavoro” di Caserta, viveva un tale Vito Ponzio che aveva un esercizio di riparazione e vendita di biciclette. Costui, un simpatico e furbesco popolano, sulla cinquantina, magro ed allampanato, era conosciuto per la sua fama di gran burlone.

Quando aveva bisogno di giovanissimi aiutanti/collaboratori per la sua attività, o soprattutto voleva soltanto divertirsi, li reclutava nel suo locale e prima di assumerli ne “misurava” l’intelligenza con un metodo particolare generato dalla sua inventiva. Vito Ponzio ogni volta prometteva di assumere lo sprovveduto ragazzino di turno e di dargli una buona paghetta se questi avesse superato un piccolo esame.

L’uomo preparava nel suo locale un grande bacile di metallo semipieno d’acqua e un bastone di scopa e diceva all’aspirante aiutante che ogni gomma di bicicletta, prima di montarla o cambiarla, bisognava immergerla nell’acqua “indurita” con un bastone. Soltanto così il pneumatico sarebbe stato molto funzionale. Perciò si doveva far ruotare con forza il bastone nel recipiente e aspettare che si compisse l’opera. “‘Ntosta l’acqua ‘int’’o vacile!” (“Fai diventare dura l’acqua nel bacile!”) diceva il biciclettaio, in tono perentorio, ma “incoraggiante”, al bambino che doveva superare la prova.

Nonostante gli sforzi del “malcapitato” ovviamente il liquido restava tale e Vito Ponzio congedava lo sconsolato “infante” dicendo: “Vaglio’, t’aggia ‘mparè e t’aggia perd!”  (“Ragazzo, ti devo insegnare e poi ti devo perdere!”)

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