Seduta sul letto non riuscivo a realizzare cosa avrei potuto scrivere perchè si capisse quello che si agitava dentro di me. Probabilmente ero io stessa prigioniera di un pensiero vorticoso e ridondante, senza suono. Più di una volta mi ero riproposta di tirare fuori una bella storia (quelle che sognavo erano dei veri capolavori; peccato che alla luce del sole si disperdessero come coriandoli al vento!).
Così mi mettevo sdraiata, comoda sui cuscini, le gambe accavallate e aspettavo l’ispirazione come un bandito aspetta la sua vittima nascosto dietro un cespuglio di rose selvatiche.
Era come voler saltare addosso al mio pensiero ma, accidenti!, era sempre più veloce di me!
Lo sentivo arrivare, leggero e veloce fino a percepirne il respiro; ma non appena cercavo di agguantarlo diventava un fulmine e in un momento era già lontano, lasciandosi dietro solo una gran nuvola di polvere che non mi faceva vedere più nulla.
Così io, bandito Joe, restavo ferma ad aspettare che l’aria tornasse limpida, ancora dietro il mio cespuglio, mentre Pensiero era già lontano.
Forse sbagliavo tutto, proprio tutto. Non dovevo stare lì ad aspettae come un ladro. Pensiero sarebbe corso da me, se solo avessi smesso di cercarlo. Il deserto intorno si imperlava del mio sudore salato e il sole alto bruciava la terra spoglia. La roccia dietro cui ora mi ero abbarbicata ora era diventata bollente e non potevo toccarla. Non mi restava che seguire la sua ombra, mentre si spostava da occidente a oriente, allungandosi in forme appuntite. Una specie di danza lenta, senza musica. Pensiero si era fermato poco distante, mi osservava divertito. Sapeva che non riuscivo a vederlo bene, nell’afa del giorno era avvolto da vapori ascendenziali. Ora distinguevo un cavallo sotto di lui, imbrigliato e lucido che ogni tanto batteva lo zoccolo sul terreno duro a scandire il tempo che passava, mentre la mia ombra ruotava senza sosta. Sapevo che Pensiero sorrideva sotto le falde del suo cappello nero; guardarsi da lontano era un modo di parlare.
Ben presto arrivò il tramonto e la mia ombra si allargò a tutto lo spazio intorno. Pensiero era sempre lì, ma ricominciavo a non distinguerne i contorni. Adesso mi sembrava non sorridesse più, si limitava a guardarmi. Mi spostai in avanti di qualche passo, forse lo avrei raggiunto confidando nell’oscurità che si avvicinava. Se ne stava lì fermo e credevo dormisse. Lo scricchiolio di un legnetto sotto il mio piede lo fece trasalire all’improvviso. Il cavallo si imbizzarrì, nitrì rompendo l’aria. A Pensiero cadde il cappello, Cavallo lo calpestò e poi prese a correre verso di me. Era proprio bello, grande e spaventoso! Io ebbi un fremito e la voglia di scappare, ma rimasi incollata al suolo, mentre Pensiero e Cavallo mi sfrecciavano accanto, facendo volare il mio foulard oltre la siepe. Quando l’aria tornò ferma lo raccolsi; impigliato tra le frange c’era una crina nera. Sorrisi e andai ad aspettare; domani Pensiero sarebbe tornato.
Ottima la fantasia, molto buona l’innovazione, accettabile la poesia e più che degno e poetico l’intento. Che dirti: brava!
Grazie Laerte.