Gli piaceva sedersi su quella pietra al sole. Veniva lì in auto, quando aveva tempo, anche solo un’ora. Portava con sé un libro, ora che il cane era morto. Sapeva però che sarebbe stato lì ad osservare il mare, semplicemente. Poi si sarebbe addormentato per un po’, cullato dalla nenia delle onde e dal tepore del sole. Fu così anche quella volta: il mare era calmo e pigro, pareva un animale assonnato. Quando si svegliò, sulla spiaggia c’era più gente. Per lo più coppie, più o meno giovani. Pensò a Giulia, e a quella volta che era venuto lì con lei.

Un uomo fotografava la moglie che con la mano toccava il lembo del mare. Ci volle un po’ prima che l’onda arrivò a lambirle le dita. Lei rideva in modo stupido, il marito aspettava paziente.

Lui pensò che la cosa fosse piuttosto idiota, e si chiese cosa spingesse la gente a fare fotografie. Non amava farsi fotografare, e del resto non aveva foto con Giulia. Aveva solo foto di Giulia, da sola. Sorrideva all’obbiettivo, e aveva occhi irrequieti.

Un’altra coppia passò sottobraccio; non parlavano, e guardavano il mare con aria assente.

Giulia amava tirare i sassi piatti e farli saltare sulla superficie del mare. Esultava quando ci riusciva bene, e lui l’abbracciava.

Un pescatore tirò fuori tutto il suo materiale da una borsa e gettò l’esca in acqua; lui ebbe voglia di avvicinarglisi e parlarci un po’. Poi rinunciò, pensando che non sarebbe servito a niente.

Giulia amava il caldo, il mare, e tutto quello che era l’estate. Lui no. Forse era questo, pensò.

Aveva usato il libro come cuscino, la giacca come materasso, e sulla roccia intiepidita dal sole dormire era piacevole. La guardò un’ultima volta, prima di andare. Poi guardò il mare, e poi l’orizzonte senza navi. Un bambino passò chino sulla spiaggia, cercava conchiglie. Ma la spiaggia dopo l’estate restituisce solo i residui dei bagnanti, lattine arrugginite, tubetti di protezioni solari spremuti, tappi di bibite, fazzoletti di carta usati. Talvolta, qualche foglio di rivista estiva restava impigliato sotto i sassi, e il sole e la pioggia non riuscivano a divorarlo. Era così che l’estate resisteva al freddo autunnale, e serbava la sua impronta. Guardò tutto ciò con occhi senza desideri, poi si incamminò verso l’auto. Dentro la macchina era caldo e la polvere si diffondeva in pulviscolo.

Su un poggio, turisti scattavano foto, e si mettevano in posa sorridenti.

 

4 pensiero su “Fotografie”
  1. Ciao, mi é piaciuto. Si respira un’aria malinconica e allo stesso tempo la voglia di vivere e l’osservazione verso la vita, la gente, la natura.
    L’essere umano é un combattente, guardare con occhi senza desideri non significa che l’anima si é rassegnata. Mi piace leggerci tutto questo.
    Sandra

  2. Mi è piaciuta! Non chiede niente, è vera e reale. Vi è profondità d’animo e la frase: “Guardò tutto ciò con occhi senza desideri” è molto bella. Complimenti…

  3. Che bel racconto, mi è piaciuto molto. Bravo, complimenti. Ciao da Betta

  4. hai scritto un bel racconto che mi ha fatto venire in mente un’altra solitudine, quella riprodotta dalla sequenza di Lelouch in “Un uomo, una donna” che fissava l’uomo col cane che camminavano sulla riva del mare,
    perchè davanti all’immensità del mare ci si sente soli e compresi e allora la solitudine è sopportabile.
    bravo.
    a.

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