Non ho mai avuto quel particolare feeling con la carne intesa come fetta di circa 20-25 centimetri quadrati tagliata abbastanza spessa con o senza laterale di osso e nota a tutti sotto il nome di bistecca. Polpette, salcicce, hamburger, spiedini, carni bianche e così via è quotidianità, ma con questa parte di manzo, la lombata con il tipico taglio a TI, vi è sempre stato un po’ di conflitto e non nascondo neanche un po’ di diffidenza. Forse ha inciso il fatto che quando sono nato, nei primi anni sessanta, da famiglia povera e numerosa, non mi sono state date le giuste e ripetute occasioni di apprezzarla, di poterla valorizzare in pieno, forse ma… chissà. Fatto sta che io la bistecca ai ferri, alla brace, alla fiorentina, la mangio mal volentieri e non più di una o due volte al mese.
Faccio l’impiegato, sono separato e la situazione economica è critica, ma siccome sono un signore, spesso offro anche il caffè in ufficio dove non mancano mai colleghi scrocconi, approfittatori o semplicemente più poveri di me. Oltre allo stipendio mi danno, con il nuovo orario concordato con i sindacati, un ticket giornaliero pari ad euro 5,05 da spendere ai supermercati! Da qui l’idea di comprarmi tre fette (due chili e mezzo) di bistecca fiorentina all’ipermercato. Abito da solo in affitto al quinto ed ultimo piano di un condominio nel centro di un paesino in provincia di Napoli di sole sessantacinquemila multi colorate e frenetiche anime. Dapprima ricordo, agli inizi degli anni ottanta, esisteva solamente una piccola simpatica comunità di ragazzi scuri di pelle che venivano mandati dalle loro facoltose famiglie Senegalesi a studiare alla prestigiosa facoltà della Federico II di Napoli a cui in più d’una occasione, io e i miei amici, dimostrammo la nostra sana idea di razzismo, socializzando con loro sulla musica e sulle canne. Poi, man mano, sono arrivati altri gruppi, altri Popoli, altre Etnie ed altre Culture. Ora, nel corso degli anni, tra Rumeni, Albanesi, Bulgari, Tunisini, Marocchini, Polacchi, Ucraini, Vietnamiti e Cinesi ad ogni angolo di piazza, mancano solo i membri di alcune tribù recentemente scoperte tra Il Brasile e la Bolivia che di sicuro presto arriveranno e che di sicuro avranno tante cose anch’essi da insegnarci. La Nazionale di calcio è uscita dagli Europei, è fine Giugno e fa proprio caldo; le serate sono le più lunghe dell’anno. Sono in crisi personale con la mia nuova compagna ed ho deciso stasera, tramite dolce e comodo sms, di tentare di farla franca: -leggero mal di testa, saltiamo?- Ha funzionato! Mia figlia è uscita, dopo l’esame di Stato, con i suoi amici e non devo accompagnarla, le carbonelle ci sono, il vino in frigo non manca mai e per giunta oggi ho scaricato i Traffic, i New Order e i Siouxie and the Banshees che non ascoltavo dal 1981 durante la memorabile, spensierata vacanza con amici sull’isola di Antiparos nel mare Egeo. Quale serata sarebbe migliore per prepararmi e gustarmi in pieno, finalmente, la mia sacrosanta bistecca fiorentina alla brace in santa pace?
Decido di attrezzarmi sul terrazzo tanto è di tutti, proprietari e condomini che pagano l’affitto e poi non ci va mai nessuno. Conosco bene quello spazio perché ogni volta che tira forte vento devo poi aggiustare l’angolazione dell’antenna TV via cavo. I palazzi adiacenti sono più bassi e solo pochi potranno notarmi quassù. Della gente poi ho anche imparato ad infischiarmene. La cella superiore del mio frigo è sempre per metà piena di ghiaccio. Rende piacevole in pochi minuti qualsiasi bibita io immetti ed il servizio è quasi gratis! Sono le ventuno e preparo tutto con calma, per giunta domani è sabato e non si lavora! Tolgo dalla cella frigo la bistecca più grande da quasi un chilo e vi infilo altre due Ceres. Salgo il tavolino pieghevole, sedia e carbonelle. Poi, man mano che scorrono i memorabili brani di “When the eagle flies” trasporto: barbecue, alcool, posate, rotolone, sigarette e la radio-cd portatile da 80 watt con ultrabass ma tenuta a volume moderato. Le conosco bene le regole della privacy, del rispetto altrui e del vivere civile io. Salgo e scendo ripetutamente, sorseggio, canticchio, sudo ma sono rilassato; è bella la libertà.
Sicuramente neanche quest’anno andrò in vacanza e mi conviene approfittare della serata favorevole per scaricare un po’ di tensioni varie. Riscendo in cucina e preparo la sbattuta di basilico, aglio tagliato fine ed olio extravergine da pennellare sulla mitica. Ho la sensazione che mi hanno fregato di nuovo con le carbonelle dandomi quelle dure che schioccano e che per accenderle servirebbe un lanciafiamme, ma che una volta andate ti garantisci la brace per tutta la notte. Noto le due sorelle in pantaloncino, del sesto piano del palazzo di fronte, in un andirivieni continuo lungo il balcone tra stupide risatine tenendo lo sguardo in alto. Leggono oroscopi nelle stelle? Mah, chi se ne frega! Il pane di grano misto è fresco e casereccio, il Manduria ha raggiunto la temperatura ideale, l’insalata di pomodori, olive, tonno, cipolline bianche, origano e basilico è da leccarsi le dita. Per giunta ho portato in terrazzo la maionese ed il ketchup che non si sa mai. Una birra da 33 cl finisce presto di queste serate anche perché non avrebbe senso berla tiepida in una calda serata di Giugno quindi, per gustarla fresca, bisogna finirla prima che si accaldi e con queste temperature bisogna essere veloci. Fumo con un angolo della bocca e canticchio sui brani con l’altro, entrambe le mani sono alle prese con il fuoco. Non manca nel frattempo qualche sinuoso movimento del bacino. Di tanto in tanto mi piego, mi abbasso, mi contorco lateralmente in totale armonia con la musica, oramai sono sciolto. Un piatto di plastica in una mano funge da ritmo e da ventaglio impazzito sulla griglia. Queste maledette carbonelle non ne vogliono sapere. Altro alcool, carta, ventaglio veloce, ancora più veloce. Oramai il tramonto è stato completato e le prime scintille si levano dalla fornace come miriadi di stelle cadenti impazzite. Una, cento, mille, tantissime stelline di fuoco schizzano dalla brace in tutte le direzioni; è andata! E’ uno spettacolo pirotecnico meraviglioso in questa calma, calda e scura serata. Seguo le scie incandescenti spegnersi nel buio. Oramai tutti cenano e di sicuro nessuno bada a me, scatto di volume verso destra alla radio-cd; e vai! Il tavolo l’ho sistemato abbastanza lontano dalla fornace, voglio mangiare con il venticello non con il calore del fuoco vicino. Tutta la superficie del terrazzo ora è di mia esclusiva proprietà. Altro che pied-à-terre, questo è pied-in-ciel. Un grande party solo per me, da troppi anni l’aspettavo e al Mondo d’oggi solo in pochi possono permetterselo. Appoggio la bistecca sui ferri incandescenti della griglia che fedelmente rilascia, oltre agli urli soffocati della bestia, fumi e profumi in tutto il quartiere. Spalmata di sbattuta superficie anteriore, un minuto, la giro, rispalmata di aromi, l’odore è letteralmente irresistibile, il grasso sciolto cola sulle carbonelle che non si spegneranno più. Mi ricordo che non deve cuocere tanto, infilo con le tre punte metalliche della forchetta la preda e la adagio delicatamente sul largo piatto piano. Spruzzatina di pepe, sorsetto di vino per preparare il palato: si cena! La musica, ora, irrompe con effetti surround su tutta la superficie del terrazzo come un concerto dal vivo senza ch’io abbia ritoccato il volume.
E’ incredibile come due o tre birrette ed un sorso di Manduria possano farti sentire così naturalmente in simbiosi con le forze del Cosmo, farti apprezzare così dettagliatamente la musica e farti sentire finalmente a posto con te stesso. Uno sguardo verso l’alto alle costellazioni presenti, sembra ci siano tutte e tutte in frenetico movimento rotatorio, la natura è uno spettacolo incomparabile. Un pezzetto di carne ancora fumante viaggia verso la bocca, assaporo, maciullo, sorseggio. I tratti del mio volto cambiano gradualmente la rilassata espressione in una smorfia. Puahhh, che schifo! Uffà! Non so perché ma come sempre, al primo addentamento a questo tipo di carne, ho sempre l’impressione che i muscoli striati della bestia in bocca, compressi e maciullati dai denti, emettano un sapore sgradevole, un misto di sangue salato e disgustosa poltiglia. Chiedo scusa a me stesso e alla bestia. Anche stavolta, purtroppo, riempirà di gioia solo lo stomaco di uno dei tanti cani randagi del vicinato. Mi consolo con un mio nuovo aforisma: “l’immensa gioia della bistecca alla fiorentina non sta nel mangiarla, ma nel cuocerla al punto giusto.” Metto da parte il piatto piano con la bistecca e tiro delicatamente a me la bianca zuppiera di pomodori e company. Finalmente si mangia! Sorsetto, insalata, musica, pane, insalata, vino, sigaretta; stelle.
E’ indescrivibile la sensazione di come un palazzo di cinque piani e terrazzo possa, dopo aver inizialmente ondulato in modo quasi impercettibile, salpare e prendere gradualmente il largo in un crescendo di chitarre e voci. Sento di lasciare lentamente il mio quartiere alle spalle. Non mi giro neanche a guardarlo d’altronde non ho nessuno da salutare, riammiro la via Lattea. Non conosco la rotta, ma Sirio è particolarmente grande e luminosa stasera. Si solcano onde! Si viaggia! Sento chiaramente dentro il mio corpo i forti brividi della partenza senza meta. Di sicuro è una vacanza, un’avventura e non c’é nessuno a bordo che possa contraddirmi. L’intera imbarcazione ospita esclusivamente il sottoscritto, capitano e mozzo al contempo. In fondo stasera devo ammettere che non avevo molta fame, è molto più piacevole bere, fumare ed ascoltare questa bellissima musica mentre viaggio con entrambe le mani saldamente attaccate alla ringhiera della prua. Espello scie di fumo a mo’ di ammiraglio e incredulo assimilo adrenalina di ottima qualità che mi fa sbarrare leggermente gli occhi su quest’immenso sconosciuto Oceano. Ora si che si respira! Il mio corpo, fieramente ritto, è accarezzato da un fresca brezza che ritaglia perfettamente la sagoma. Quest’alito d’alto mare inebria le mie membra, specie al contatto col petto villoso, ora denudato. Ammiro soddisfatto questo mare piatto e profondo, di un nero indescrivibile stasera e questo cielo di uno stupendo blu elettrico con tutti i carri e le stelle del Mondo.
Ho un’ultima cosa da fare: riscendere in coperta, recuperare le ceres per evitare che scoppino nella cella frigo e portare su, oltre le due bionde doppio malto, la mia nera bandana da pirata, il mio fido sacco a pelo verde militare (senza cappuccio) amico di tanti spensierati viaggi ed il mio coltello a scatto con manico di osso, non si sa mai pei mari. I venti sospingono costantemente a poppa, senza scossoni. Sceglierò, per la notte, l’angolo sotto l’albero maestro a forma d’antenna TV. Noto le stelle ed il creato aumentare la velocità di roteazione, sarà un segno di un qualche potente Dio. Scaccio tutti i pensieri dalla mente e gli echi di stupide risate di ragazze in pantaloncino dalle orecchie. Oramai sono lontano e… non posso più tornare indietro.
Ammetto di aver iniziato a leggere incuriosita dal titolo, ma di non essere stata rapita subito dalla prima parte del racconto. Tuttavia, man mano che andavo avanti, mi sono sentita quasi “contagiata” dal turbinio di pensieri e sensazioni del protagonista e da quel senso di libertà, di adrenalinico viaggio in una notte stellata, capace di portarti in una dimensione quasi atemporale.
Bravo Laerte.
Un caro saluto.
Grazie Katia, un caro saluto a te…
Ciao Sal,
non ho commentato i tuoi ultimi scritti. Percepivo in te delle qualitá che ora non trovo. Anche senza firma, avrei riconosciuto le tue creature dalle sfumature, che sono solo tue. Sembra quasi che tu abbia perso quel mordente che adoravo nei tuoi lavori, che cosa é successo?
Con affetto
Tilly
Ciao Tilly mi dispiace averti deluso, ma conoscendomi dovresti sapere che sono poliedrico. Mi stanco di pensare e scrivere sempre di cose sdolcinate dette, ridette e stradette. Cerco di cambiare addentrandomi in lidi alternativi. Con affetto Sal…
Laerte bel racconto, sei riuscito a coinvolgermi al 100%, peccato per la fiorentina, sarà per la prossima volta. Complimenti. Ciao da Vittorio Veneto.